Se dovessi dare una definizione di scrittura creativa, dovrei sicuramente considerare il potenziale creativo di ogni scrittore. L’immaginazione, l’esperienza personale, la capacità di raccontare e di sapersi immedesimare giocherebbero un ruolo fondamentale. Questo concorso l’ha ampiamente dimostrato e grazie al titolo “Quella notte indimenticabile” ho vissuto centinaia di brevi storie, ho sorriso, mi sono emozionata e ho partecipato a decine di avventure facendomi moltissime domande.
Ecco, questa è la scrittura creativa. Afferrare un lettore e non dargli più scampo. Immergerlo nella nostra storia perché abbia voglia di leggerla fino all’ultima riga. La selezione, lo ammetto, è stata durissima. Molti sono stati i racconti che sono arrivati in redazione e davvero tanti mi sono piaciuti e mi hanno coinvolta. Qualunque sia l’esito di questa avventura, però, mi preme fare a tutti i partecipanti i miei più sentiti complimenti perché mettersi in gioco, esprimere le proprie emozioni e dare vita a una storia in uno spazio di battute limitato non è cosa da poco. Quindi, bravi tutti!
1°
Stelle comete e gatti neri
di Sandra Morara
In questa storia, qualcuno ci mise l’idea, qualcuno la fantasia, e qualcuno i colori.
Il bianco e il nero.
Il latte e il caffè.
La panna e il cioccolato.
Lei: la piccola stella cometa fatta con il fil di ferro e le conchiglie raccolte sulla spiaggia dopo la tempesta, quella che nessuno si degna di uno sguardo, perché fuori tempo – e hai voglia te, in pieno agosto, di agghindarla con le lucine intermittenti sulle cinque punte e la coda per invogliare i passanti.
Lui: il vecchio gatto nero, magro e spelacchiato che mica sta messo bene.
Lische puzzolenti appassite dal solleone, miseri rimasugli sfuggiti ai gabbiani in volo o – magari fosse – qualche sardina fuori misura piovuta dal pertugio compassionevole di un fondo di cassetta del pescatore, ma – e come non capirlo – pure lo struscio ruffiano sugli stinchi di chi passa.
A suo rischio e pericolo eh, che si va su Marte e sulla Luna, ma la cretineria superstiziosa se ne guarda bene e rimane qui, e sono calci, corna bicorna e pussa via! Mica carezze come pioggia a primavera, che lava e disseta i bisogni del cuore e fa germogliare i semi impossibili, quelli che dormono dentro le crepe dei muri e le ferite della terra.
Due anime perse dentro i misteri e le maledizioni della vita.
E verrà mai il nostro giorno?
Il nostro momento?
Quello che finalmente qualcuno si accorgerà di noi nonostante il fuori tempo e il colore della notte, e ci amerà per quello che siamo e non per come siamo.
Mai perdersi d’animo, che a volte basta cambiare un punto, spostare una virgola… E magari ci metti pure una magia che scombuglia le cose e le aspettative.
Tipo lei, Margherita.
Che il fine settimana se ne sta accovacciata come un merlo sulla spalla di un papà spaiato che non c’è mai e si sente in colpa, e compra i biglietti di tutte le giostre del lunapark, e ti porta allo zoo anche se tuona l’ira di dio o il sole scotta, e ti porta al circo e chiede il bis per allungare i tempi e i distacchi, oppure ti porta ai mercatini di mezzanotte – tipo adesso che crolli dal sonno.
Ma poi li vedi.
Lei, la piccola stella cometa fuori tempo fatta con il fil di ferro e le conchiglie raccolte dopo la tempesta. Quella che l’itinerante tiene nascosta tra le pieghe delle cose impossibili, tanto nessuno la vuole.
E lui, il gatto nero, vecchio, magro e spelacchiato che prima si struscia negli stinchi di papà, e poi ti guarda.
Gli occhi sgranati – che non hai più sonno.
Lo stupore sulla bocca tondo tondo come quando disegni la O con un bicchiere.
Prima un sorriso e una carezza, poi il nastrino d’argento – che sciogli le tue treccine e glielo metti al collo a spezzare il brutto incantesimo.
E non è più solo nero come fosse sempre mezzanotte, e non è più calci, pussa via e superstizione, ma – quanto sei carino e ti porto a casa con me.
Non bastasse, pure il palloncino rosso che vola in cielo la stellina – che lassù è sempre tempo, e finalmente, in quella notte indimenticabile, con l’intero universo, tutto di luce propria brillerà.
→ Il commento di Sara Rattaro: «È il racconto che mi ha affascinata di più per l’originalità e soprattutto perché anche a distanza di giorni continuavo a ripensarci. È davvero ben scritto e svela le potenzialità di una vera scrittrice. Sandra è riuscita a rendere vera narrativa qualcosa di personale. A Sandra vanno i miei complimenti. Spero che continuerà a scrivere».
2°
Così vicini così distanti
di Maura Fabbri
«Ti spiace se guido io? Ti vedo stanca e poco concentrata».
Ormai la settimana in Trentino ad agosto era diventato un impegno claustrofobico. Appena vide uno slargo Anna accostò e scese dall’auto per scambiarsi di posto col marito; sapeva di non potere più rimandare, doveva parlare. E quando si dice che il destino ci mette del suo, alla radio Elisa cantava: “Dove si è rotto il filo di sera che ci univa”.
«Già Andrea, dove si è rotto il filo che ci univa. Faccio io il primo passo: diciamoci che tra noi le cose non vanno, lo sappiamo da tempo. Condividiamo un appartamento e niente altro».
Andrea non aveva rimesso in moto; stava lì in silenzio e immobile, come se il minimo spostamento d’aria potesse cambiare la sorte del loro matrimonio.
«Vero» ammise lui liberandola. «Siamo una coppia sposata che si è persa, come si perdono tutti prima o poi in questo mondo liquido dove i sentimenti col tempo diventano viscidi. Le distanze non si aggiustino da sole, non accade quasi mai Anna».
Andrea si tolse gli occhiali, li appoggiò precari sul cruscotto e si passò la mano sul viso, come se volesse spolverare i pensieri. Quel gesto suscitò in Anna una tenerezza inaspettata; senza pensarci appoggiò la mano sull’altra di lui serrata al volante. Da mesi non si sfioravano.
«Solo ora mi rendo conto che mi manchi» si sorprese a dire Anna. «Mi sei sempre mancato. Non voglio buttare via tutto: trasferiamoci in un’altra città, cambia lavoro. Ricordi che mi dicevi da giovane? Ti sarebbe piaciuto aprire un agriturismo nella campagna senese. Facciamolo!».
Andrea appoggiò anche l’altra mano sul volante. Fissava la strada davanti a sé. Passarono secondi che parevano minuti. Silenzio. Poi si girò verso di lei.
«Hai ragione, era il mio sogno ma tu mi hai sempre riportato alla realtà, ai miei doveri. Dovere! Dovere!!! Ecco dove ci ha portato il nostro stare sempre sui binari e non deragliare mai».
«Vero» si trovò d’accordo con lui. «Ho sbagliato. Abbiamo sacrificato la nostra libertà e incoscienza per l’agiatezza. Ma siamo ancora in tempo se sei d’accordo».
Guardò il marito e l’assalì un sentimento come rimasto in attesa. Lo vedeva stanco ma non sconfitto, nello sguardo intravedeva ancora l’entusiasmo di quando da ragazzo preparava gli zaini con cui avevano girato l’Europa. Ripensò un istante a Moreno, alle emozioni provate sulla pista da ballo, ma erano già lontane e si sentì una cretina.
«La scorsa settimana ho incontrato un agente immobiliare» Andrea interruppe lo scorrere dei suoi pensieri. «Ho deciso di comprare quel famoso casale in Toscana e di aprire un’azienda agricola. Ho già presentato la domanda di licenziamento. Mi trasferisco, Anna. E Alessandra verrà con me».
Anna staccò la mano da quella del marito, che rimise in moto la macchina. Partirono senza dirsi più una parola.
→ Il commento di Sara Rattaro: «Questo racconto mi ha davvero spiazzata. L’ho trovato perfetto nella costruzione della trama e perfettamente dosato nello svelare le intenzioni e le emozioni dei protagonisti. Credibile e crudele al punto giusto il finale. Ottima la costruzione dei dialoghi. Anche qui, mi permetto, intravedo, un talento naturale».
3°
Se una notte uno sconosciuto
di Margherita Corradi
Seduta in terrazza, Giusi osservava il mare. Ormai il sole era tramontato e si era alzato un vento freddo che sapeva già di autunno. Sì, l’indomani avrebbe preparato la valigia e sarebbe ritornata a casa. Quel soffio insistente le portava troppi ricordi di momenti felici e tristi allo stesso tempo perché si potesse fermare più a lungo.
Quando sentì lo squillo del campanello di casa sobbalzò. Chi mai poteva essere a quell’ora? Da anni, troppi anni nessuno più la cercava se non per informazioni sull’affitto dell’alloggio, e in genere solo sul cellulare. E lei quella sera non aspettava nessuno.
«Buonasera Giusi, sono venuto per conto di Edda, la signora a cui ha affittato l’alloggio il mese scorso. Mi ha detto che ha dimenticato da lei una camicetta a cui teneva molto e…».
Un sorriso spuntò sulle sue labbra. «Venga pure avanti; Edda mi ha chiamata ieri e io l’ho trovata. Era finita dietro la lavatrice!».
L’uomo, sulla settantina, corporatura massiccia, capelli grigio argento si schernì: «Non vorrei disturbare, è quasi ora di cena e lei sicuramente sarà alle prese con i fornelli!».
Giusi scosse la testa e sospirò: «Sono anni che di sera non cucino, sa, sono sola e mi angoscia sedermi a tavola e non vedere mio marito di fronte a me».
«La capisco benissimo, perché anch’io ho vissuto una situazione simile, ma non mi sono lasciato abbattere… Beh, innanzitutto mi presento. Sono Donato, un amico di Edda e di suo marito. Grazie a loro, dopo la morte di mia moglie ho scoperto questo bel paese della Liguria».
Donato sembrava un fiume in piena. Continuava a parlare e intanto la fissava.
Di lui la colpì il modo consapevole di muoversi e lo sguardo di un azzurro così intenso che sembrava volerla scrutare nel profondo.
Dopo l’iniziale presentazione, Giusi prese la camicetta che già aveva messo da parte e gliela porse. Lui la prese, poi si passò le mani sui capelli: «Vista l’ora presumo che non abbia ancora cenato. Che ne direbbe di un buona pizza nel locale sul lungomare? È una vita che vorrei andarci, ma da solo, sa com’è …». Un calore improvviso la avvolse: era trascorso un secolo dall’ultima volta in cui si era recata in una pizzeria.
Gli gettò un’occhiata e poi: «Ma sì, grazie, visto che domani parto, tanto vale approfittarne».
Un lampo attraversò negli occhi di Donato. Fissò la camicetta, la posò su una sedia – la prenderò domani!
Lei annuì, si passò le dita tra i capelli: «In un attimo sono pronta».
La serata trascorse in un baleno tra chiacchiere e risate. Prima di riaccompagnarla a casa Donato le propose di fermarsi su una panchina del lungomare per un ultimo saluto. «Sei venuta in Liguria da sola?» sussurrò Donato. Lui si era avvicinato, poteva sentirne il suo profumo ed il calore della sua pelle.
«Sì, da sola». Silenzio e quegli occhi azzurri che le frugavano dentro.
«Nessun corteggiatore?».
«Ho settant’anni , non diciotto…» e gli sorrise, cercando di allentare la tensione che sentiva crescere dentro di sé.
Ma lui sembrava non notarla.
Poi, all’improvviso l’abbracciò, stringendola al petto. Giusi sentì il suo cuore battere forte accanto al suo e questo gli impedì di respingerlo e di divincolarsi. Poi Donato poggiò le labbra sul suo collo e sussurrò: «Mi dispiace, non volevo spaventarti, ma ho sentito una cosa strana nel cuore sin dal primo momento in cui ti ho vista. Non partire domani, ti prego!».
Quella notte Giusi tardò a prendere sonno. Aveva dimenticato quanto potesse essere bello venire abbracciata in quel modo da un uomo.
→ Il commento di Sara Rattaro: «Margherita mi ha coinvolta facendo leva sul mio lato umano più romantico. La sua storia è credibile e attuale. La costruzione del racconto è solida e priva di sbavature. Il finale ti strappa un sorriso e ti fa venire voglia di chiudere gli occhi e di immaginare tutto quello che non è ancora stato scritto. Anche a lei vanno i miei complimenti».
→ Corso di scrittura creativa in 6 lezioni
Ecco le 6 lezioni in cui Sara Rattaro ti spiega le tecniche narrative per raccontare la tua storia: