Cuties, il cui titolo originale è Mignonnes, è un film diretto dalla regista franco-senegalese Maïmouna Doucouré e racconta la storia di un gruppo di undicenni in un quartiere difficile di Parigi. È un cosiddetto “coming of age movie”, un film di formazione e di crescita, ma è stato accusato di iper sessualizzare l’immagine delle giovanissime protagoniste, e quindi delle bambine più in generale, soprattutto a causa del trailer e dei poster che ritraevano le attrici in costumi succinti mentre ballavano al ritmo di alcune canzoni hip hop. Da quando è uscito su Netflix, ha perciò scatenato un dibattito molto acceso, al punto che su Twitter è partita una campagna con l’hashtag #cancelnetflix mentre una petizione su Change.org ne chiedeva la cancellazione dal catalogo, raccogliendo più di 600.000 firme. Nel frattempo, il titolo in borsa della popolare piattaforma di streaming perdeva qualcosa come 9 miliardi di dollari, pagando un danno d’immagine salatissimo. Eppure l’intento della regista era esattamente l’opposto.
Di cosa parla Cuties
Cuties segue la giovane Aminata, che tutti chiamano Amy, che vive con la madre e il fratellino in un sobborgo di Parigi. Amy è in attesa che il padre ritorni da un viaggio in Senegal, ma la gioia dell’attesa del suo ritorno, e dei regali che lui gli porterà, svanisce quando la ragazza capisce che il padre è tornato lì per prendere una seconda moglie, che d’ora in poi vivrà con loro. Amy vede la sofferenza di sua madre, che è contraria e addolorata da questa seconda unione, ma la accetta per rispetto della tradizione e delle gerarchie sociali. Così, a scuola, nota un gruppo di ragazzine che si fanno chiamare “Mignonnes”, che si sta preparando a una gara di danza locale. Decide di unirsi a loro per uno spirito di ribellione di cui non è ancora pienamente consapevole: nasce così un’amicizia fatta di balli sfrenati e capelli stirati con il ferro da stiro, coreografie provate di nascosto e molti momenti imbarazzanti, alla scoperta di se stessa, del suo corpo e del mondo.
Cuties non “sessualizza” mai le sue protagoniste, neanche quando si presentano alla gara di danza in completini succinti e si esibiscono in un balletto che mima le movenze sexy dei video hip hop, piuttosto ci mostra – senza giudicare – il contesto in cui le ragazze di oggi si muovono, le pressioni e i differenti input che arrivano loro dalla famiglia, dai social media, dalla musica e dalla tv, dalla cultura predominante. La camera di Doucouré non si sofferma mai sui loro acerbi corpi, ancora completamente infantili, nel tentativo di mostrarci la loro sensualità, ma invece racconta quel delicato momento della vita in cui ogni giovane donna inizia a vedere il proprio corpo che cambia, e con esso il modo in cui d’ora in poi si muoverà nel mondo. È una riflessione su cosa significa crescere in una grande città, cercando di conciliare culture differenti e di ritagliarsi, allo stesso tempo, una propria identità. Tra la rigida educazione familiare e i balli disinibiti di cui non comprende appieno il senso, alla fine Amy sceglierà se stessa.
Qual era il messaggio della regista
Come ha spiegato la stessa regista in un articolo uscito sul Washington Post, «Questo film è la mia storia. Per tutta la vita ho avuto a che fare con due culture: quella senegalese e quella francese. Di conseguenza, le persone mi chiedono spesso dell’oppressione delle donne nelle società più tradizionali. E io chiedo sempre: ma l’oggettivazione dei corpi delle donne nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti non è un altro tipo di oppressione? Quando le ragazze si sentono così giudicate in così giovane età, quanta libertà avranno davvero nella vita? Ed è per questo che ho creato Cuties: per avviare un dibattito sulla sessualizzazione dei bambini nella società odierna in modo che forse – forse – politici, artisti, genitori ed educatori potessero lavorare insieme per apportare un cambiamento a beneficio dei bambini delle generazioni future», ha concluso. E guardando Cuties quel messaggio arriva chiaro e forte, con tutta la sensibilità e la delicatezza dello sguardo cinematografico di Doucouré. Il film, infatti, non rende “glamour” una situazione spiacevole nascondendone le brutture e banalizzandole il significato, come ad esempio fa la serie tv Baby, che si ispira a una storia di prostituzione minorile tutt’altro che divertente ma non la approfondisce mai, piuttosto offre spunti di riflessione interessanti, a saperli cogliere. Troppo spesso le petizioni e i boicottaggi su internet non si prendono il tempo necessario a riflettere su argomenti spinosi, che è poi quello che Cuties voleva fare.