Prima scena: David Bowie in camerino. Si sta vestendo, lo stanno truccando e pettinando. Ok, cosa c’è di strano? È che siamo nel 1973 e lui sta entrando nella mitica tuta di vinile nero disegnata apposta da Kansas Yamamoto. Il make up è esageratissimo, quello che verrà chiamato glam. E i capelli? In tanti copieranno il taglio a cresta e il colore rosso (studiati da Suzy Fussey).
Tutto normale oggi, forse. Ma per allora una rivoluzione. E, a esser sinceri, ancora adesso, dopo cinquant’anni, lo show è uno shock. Stiamo parlando di “Ziggy Sturdust & The Spiders From Mars”, l’ultimo concerto di David Bowie nei panni del suo personaggio più famoso.
L’ultima notte di Ziggy Stardust
È il 3 luglio 1973, appunto, e la rockstar sale sul palco dell’Hammersmith Odeon di Londra e annuncia, davanti alla sua band e a 5.000 spettatori, che Ziggy è morto. Nessuno sa di questa decisione, nemmeno la moglie Angela che vediamo nel backstage iniziale del film entrare in T-shirt a righe a salutare (cacciata prontamente dal marito!). E neppure gli Spiders From Mars che lo hanno seguito nell’avventura “spaziale” durata un anno.
Noi non c’eravamo. E proprio per questo è imperdibile il film del concerto in sala dal 3 al 5 luglio (restaurato in digitale). Lo spettacolo è pazzesco, non è invecchiato di un secondo, lascia ancora a bocca aperta. La carica erotica (David Bowie racconta nella sua autobiografia che durante i concerti la gente perdeva ogni inibizione e faceva sesso così, liberamente, o si toglieva tutti i vestiti); la musica, soprattutto (i ragazzi dovrebbero metterla nella loro playlist e non dimenticarla più); i vestiti… Se siete appassionati di moda non potete prescindere da David Bowie.
David Bowie: ieri come oggi
Nella sua interpretazione di Ziggy, il ragazzo venuto dallo spazio, veste outfit disegnati apposta per l’occasione da Kansai Yamamoto. Il concerto inizia con l’ormai mitica tuta di vinile nero, quella enorme che sembra una palla. In un gesto Bowie resta praticamente in mutande. E poi ci sono il
micro kimono gotico di seta con Hali, stivaloni, il pagliaccetto, la tuta spaziale a righe.
Noi oggi siamo figli di quella roba lì, che ci piacciano o no i Måneskin o che si faccia i la coda davanti al negozio di H&M per accaparrarci almeno un pezzettino firmato Mugler.