Otto volte candidato agli Oscar, Marlon Brando è passato alla storia del cinema anche per aver rifiutato la seconda prestigiosa statuetta in segno di protesta contro le ingiustizie dell’industria hollywoodiana nei confronti dei nativi americani.
Era il 27 marzo 1973 e Brando fu premiato come miglior attore protagonista per l’interpretazione de Il Padrino di Francis Ford Coppola. Al suo posto però, salì sul palco degli Academy una giovane donna indiana, Sacheen Littlefeather, con un foglio in mano, recante le dichiarazioni dell’attore.
“Marlon Brando mi ha chiesto di dirvi, in un discorso che non posso condividere con voi adesso per mancanza di tempo ma che sarò felice di condividere con la stampa in seguito, che molto a malincuore non intende accettare questo premio molto generoso, e la ragione di questo è il maltrattamento degli indiani d’America nell’industria cinematografica… scusatemi… in televisione e anche nel caso dei recenti avvenimenti a Wounded Knee. A questo punto vi prego di perdonare la mia intrusione e che i nostri cuori e la nostra comprensione possano incontrarsi in futuro con amore e generosità.”
Dopo quattro nomination finite con un nulla di fatto, Shirley MacLaine vince l’agognato Oscar come miglior attrice protagonista grazie a Voglia di tenerezza.
“Sto per piangere, perché questo show è durato quasi quanto la mia carriera. Mi sono chiesta per ventisei anni come mi sarei sentita se avessi mai vinto un Oscar. Grazie infinite per aver fatto finire l’attesa“. Sicura di sé, spigliata e ironica, la MacLaine ha parole di elogio per il suo regista e per i suoi co-protagonisti Jack Nicholson (“Ho sempre voluto lavorare con Jack… e averlo avuto a letto con me è stata una tale gioia da mezza età”) e Debra Winger (“Ho voluto lavorare con il suo talento turbolento: si è così immedesimata nella parte che per quattro mesi ho creduto di aver due figlie”) e lasciandosi andare a una chiusura decisamente refrattaria alla modestia: “Dio benedice quel potenziale che ognuno di noi ha nel rendere possibile qualsiasi cosa, se pensiamo di meritarcela. Io merito questo premio. Grazie”.
Nella classifica dei discorsi più belli di sempre non poteva mancare quello pronunciato da Tom Hanks, vincitore nel 1995 del Premio Oscar per la sua commovente interpretazione in Forrest Gump.
“La donna con cui condivido la vita mi insegna e mi dimostra ogni giorno cos’è l’amore“. E l’inquadratura si sposta dal volto dell’attore a quello dell’emozionatissima Rita Wilson, moglie e compagna di una vita.
Un po’ ingiustamente il discorso di Gwyneth Paltrow è diventato sinonimo di lacrime: in realtà l’attrice gestì magistralmente il primo minuto e quaranta, scherzando persino sulla reputazione degli agenti. Ma nel momento in cui iniziò ricordare ogni singolo membro della sua famiglia, specialmente la madre Blythe Danner, la bella attrice non riuscì ad arginare il fiume di lacrime e, peggio ancora, i consequenziali singhiozzi striduli. Ringraziamenti sconnessi, lacrime e parole a caso lo hanno trasformato nel discorso più piagnucoloso di Hollywood.
Grazie a Dio c’era il vestito rosa di Ralph Lauren indossato da Gwyneth Paltrow proprio in occasione della 71ª edizione della cerimonia che l’ha trasformata in una delle icone della moda nella storia del red carpet. Lo stile dell’attrice fu paragonato a quello di Grace Kelly e ancora oggi rientra nella Top ten dei migliori look degli Oscar.
Dopo due nomination senza premi, Julia Roberts conquista l’Oscar come miglior attrice protagonista per Erin Brockovich – Forte come la verità nel 2001.
Di solito la parola d’ordine è brevità: il discorso deve rispettare i tempi della diretta e non può essere più lungo di 50 secondi. Beh, Julia Roberts si prese ben 4 minuti!
“Signore, sta facendo un ottimo lavoro, è veramente veloce con quella bacchetta, perché non si siede per un po’? Perché potrei non salire mai più su questo palco“: così esordisce l’attrice, rivolgendosi al direttore dell’orchestra, consapevole che il suo discorso andrà fuori tempo massimo.
Incredula e piena di gioia, la Roberts ringrazia chiunque abbia mai incontrato in vita sua, le quattro attrici con cui condivideva la nomination (Joan Allen, Juliette Binoche, Ellen Burstyn, Laura Linney) e naturalmente la vera Erin Brockovichche le ha permesso di vincere l’ambita statuetta.
Poi di colpo la risata liberatoria “Amo stare su questo palco! Amo il mondo! Sono così felice! Grazie!”.
Il discorso di Julia Roberts, con buona pace del direttore d’orchestra e delle tempistiche dell’Academy, è da tutti ricordato come il più lungo di tutti i tempi.
E come dimenticare la voce rotta dai singhiozzi e i respiri per riprendere fiato di Halle Berry, prima donna di colore a ricevere una statuetta?
“Questo lo dedico alle donne che mi sono state vicine e alle donne di colore senza nome e senza volto che ora hanno una possibilità, perché da stasera le porte sono aperte“, grida la Berry alzando la statuetta al cielo.
Era l’anno 2002 e con Monster’s Ball la straordinaria attrice nata a Cleveland ha incantato proprio tutti.
Sidney Poitier, che nel 2002 ha ricevuto l’Oscar alla carriera.
“Sono arrivato ad Hollywood all’età di 22 anni, in un’epoca molto diversa da oggi. Un tempo in cui le probabilità che io potessi essere qui, stasera, cinquantatré anni dopo, non sarebbero state a mio favore. Allora non era stata tracciata alcuna via per dove io sperassi di andare. Nessun percorso visibile che potessi seguire. Nessuna consuetudine a cui accordarmi. Eppure sono qui stasera al termine di un viaggio che, nel 1949, sarebbe stato considerato praticamente impossibile“.
La sua è una storia irta di ostacoli, pregiudizi, asperità, ma, nonostante tutto, Poitier è arrivato laddove nessuno avrebbe immaginato.
La motivazione per il conferimento dell’Oscar alla carriera sintetizza bene una vita costellata di successi di un uomo che non ha mai smesso di vestire i panni dell’outsider ad Hollywood, come lui stesso ama definirsi.
Con dignità, stile e intelligenza.
Discorso inusuale e meritevole di essere inserito nella classifica, quello di Ben Affleck, premiato nel 2013 per Argo.
“Può sembrare un discorso poco adatto a una serata di festa, ma a mio avviso ricordare che Hollywood non è solo felicità, e può anche far male, non guasta. … Non avrei mai pensato che sarei tornato qui. È grazie a tanti di voi che sono qui stasera, è grazie all’Academy, è grazie a tante persone meravigliose. …Non riuscivo a trovare lavoro. …Voglio ringraziare loro e quello che mi hanno insegnato, che si deve lavorare più duramente di quanto si pensa possibile. Non importa come sei caduto, l’importante è rialzarsi“.
Standing ovation per lui.
Patricia Arquette è la signora della notte degli Oscar 2015. Al Kodak Theater, dedica il premio a “Tutte le donne che hanno partorito, tutte le cittadine e le contribuenti di questa nazione: abbiamo combattuto per i diritti di tutti gli altri, adesso è ora di ottenere la parità di retribuzione una volta per tutte, e la parità di diritti per tutte le donne negli Stati Uniti“.
L’attrice, premiata come miglior non protagonista per l’interpretazione di Olivia Evans, coraggiosa madre single in Boyhood ha voluto ricordare al pubblico dell’Academy come “Le donne non hanno pari diritti negli Stati Uniti perché la Costituzione non è stata scritta pensando a loro“.