Per una volta a posare siamo noi, la redazione di Donna Moderna. E la cornice è lo spettacolare palazzo Mondadori, progettato dall’architetto Oscar Niemeyer
Il primo punto da affrontare è stato la scelta del fotografo. Un servizio di moda senza modelle (come è nella consuetudine di Donna Moderna) ma utilizzando donne e uomini della redazione non era semplice. Quindi ci voleva un fotografo di buon carattere, gentile ma deciso, capace di mediare, di persuadere, di mettere in posa e di portare comunque a casa una storia impeccabilmente realizzata. La redazione moda a sua volta aveva i suoi problemi: vestire una quarantina di persone, con gusti e caratteri precisi, con fisici variabili da un estremo all’altro. Paolo Verzone, fotografo torinese residente a Barcellona, poteva essere una scelta giusta: ritrattista raffinato, aveva già firmato il servizio moda del restyling, della nuova versione di Donna Moderna, due anni fa. Così Paolo è arrivato a Milano, ha chiesto di abitare in un piccolo albergo vicino alla Mondadori in modo da raggiungere a piedi la redazione, niente cinque stelle ma un pratico motel. Ha fatto sopralluoghi, scelto interni ed esterni, parlato con le persone e con gli stylist, insomma si è preparato. Poi è iniziato lo shooting.
Per prima il direttore, che ama la moda sul giornale ma non necessariamente per se stessa. Dopo il direttore noi. E per ogni piccolo gruppo Verzone ha scelto un luogo che raccontasse lo spazio nel quale lavoriamo, questo splendido edificio dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer, inaugurato nel 1975. Sono cominciate le riprese: 39 persone da fotografare che potevano scegliere, coadiuvate dai tre stylist, fra 150 abiti, 190 bijioux, truccati e pettinati da cinque professionisti, il tutto con la supervisione di Orsina Baroldi, temibile caporedattore moda. Una sarta aggiustava e correggeva, in molti stiravano, i truccatori truccavano e i parrucchieri pettinavano, gli stylist provavano e cambiavano gli abiti. A tutti piaceva comunque l’idea di dare il meglio di sé, di guardarsi allo specchio e negli occhi degli altri. E l’obiettivo comune, essere protagonisti di una storia di moda ma anche una storia di redazione, ha avuto un sorprendente effetto di collaborazione, di allegria contagiosa, di solidarietà e di complicità. Ci siamo divertiti, confessiamolo. Poi, una volta scelte e impaginate le fotografie, il photo editor è intervenuto solo due volte per cambiare la foto su istanza dei soggetti. Due su 39: un record assoluto.
Testo di Giovanna Calvenzi