I musei di Vienna hanno aperto un account su OnlyFans, il social per contenuti a pagamento, prima il regno di pornostar e stripper improvvisati, poi baluardo della libertà per creator di contenuti per adulti. Significa che puoi vedere i nudi di Egon Schiele, che magari tenevi appesi in camera da adolescente e nemmeno tua madre aveva niente da ridire, abbonandoti qui per 3 dollari i primi 31 giorni e poi 4,99 al mese. Non c’è solo il famoso pittore della Secessione ma una serie di opere che hanno permesso all’ente del turismo di ideare l’ammiccante annuncio: “Ti piace vedere Vienna messa a nudo?”. Chi si abbona alla pagina può anche vincere una tessera per entrare nei musei della città o un biglietto per vedere dal vivo una delle opere pubblicate sul sito.
Perché i musei hanno scelto OnlyFans
La portavoce dell’ente del turismo viennese Helena Hartlauer ha spiegato in un’intervista al Guardian che si tratta di una protesta verso le linee guida che non permettono la pubblicazione di immagini di nudo su Instagram, Facebook e TikTok. Ma è anche un modo per pubblicizzare la ricchezza artistica della città che, dopo la pandemia deve darsi da fare per richiamare i turisti stranieri.
«Certo che potremmo promuoverci in altro modo» ha dichiarato Helena Hartlauer. «Ma queste opere d’arte sono cruciali e importanti per Vienna – quando pensi all’autoritratto di Schiele del 1910, è una delle opere d’arte più iconiche. Non utilizzarle su uno strumento di comunicazione forte come i social media, è ingiusto e frustrante. Ecco perché abbiamo pensato a OnlyFans: finalmente un modo per mostrare queste cose».
L’esigenza delle vecchie istituzioni di farsi conoscere con strumenti nuovi la conosciamo: da noi c’è stata la polemica sugli influencer che hanno promosso gli Uffizi, i musei Vaticani, l’Archeologico di Napoli, l’Egizio di Torino e tanti altri. E ce lo siamo già chiesto: se tutto il mondo guarda ormai solo le figure sui social, non è legittimo che soprattutto chi ha da mostrare figure di straordinaria bellezza e valore artistico, come appunto un museo, si faccia il proprio account?
Perché i social cancellano i nudi
Il vero problema qui però non è se l’arte debba stare sui social ma perché le immagini di nudo artistiche vengono censurate sui social. E da Vienna ci tengono a sottolineare che gli artisti se la passano molto peggio dei musei.
Quando un’opera famosa viene bannata fa rumore. Gusto per darti una rapida carrellata sulle censure che hanno esasperato i musei viennesi, quest’estate l’Albertina Museum ha avuto l’account bloccato su TikTok per aver mostrato opere di Nobuyoshi Araki, fotografo venerato per i nudi e i kinbaku (il bondage giapponese). Nel 2019 era toccato a un dipinto di Peter Paul Rubens, bannato da Instagram che vieta qualsiasi rappresentazione di nudità, anche quelle di “natura artistica o creativa”. Nel 2018 è stata la preistorica Venere di Willendorf conservata al Museo di Storia Naturale a essere rimossa da Facebook.
Le cancellazioni illustri fanno scalpore, scuotere la testa e persino un po’ ridere, ma come ha detto la Hartlauer al Guardian: «Chi decide cosa censurare? Instagram censura le immagini e a volte non lo sai nemmeno: è molto poco trasparente».
L’algoritmo non capisce e non cambia
Come accade quando a decidere sono gli algoritmi, “nessuno” decide cosa censurare. Già hai tempi del movimento Free The Nipple, nato ormai nel 2013 contro la pratica dei social di cancellare solo i capezzoli femminili e non quelli maschili, si era capito che qualcosa non quadrava, ma le piattaforme non si sono adeguate. Il porno dilaga nel mondo digitale e l’unico modo escogitato fin’ora per mantenere sui social una parvenza di rispettabilità è bannare i corpi nudi e basta. Se poi l’algoritmo è allenato da un pregiudizio sessista o sessuofobo, tanto peggio. Ma si potrebbe fare di meglio.
Tutto il mondo della comunicazione social è senza contesto, le notizie viaggiano fuori dai giornali, di foto e video spesso non conosciamo le fonti, gli account possono essere di persone reali oppure no. Al momento non è data la possibilità di un distinguo tra l’autoritratto nudo del genio dell’Espressionismo esposto in un museo e il selfie di un maniaco molestatore scattato in uno scantinato. L’intelligenza artificiale non è intelligente nel senso che la maggior parte delle persone che non fanno i programmatori informatici intende.
Le reazioni creative alla censura
C’è di buono che, come spesso accade, i divieti generano soluzioni creative e reazioni paradossali. La scelta dei Musei viennesi è tra queste. Ma le trovate sorprendenti sono sempre più frequenti e a ogni livello. Dai nude look di Schiaparelli con borchie d’oro ad altezza strategica indossati da Chiara Ferragni alla settimana della moda di Parigi, al poster del film “Madres Paralelas” di Almodovar, in uscita in Italia il 28 ottobre. Il cartellone mostra il disegno di un occhio che ha un capezzolo femminile al posto della pupilla, un’illustrazione più concettuale che erotica eppure ricondivisa centinaia di migliaia di volte come materiale scottante in un clima di generale riprovazione, del tipo: “ecco, tra un attimo questa immagine piena di significati verrà rimossa, diffondiamola finché si può”.
Per cosa ci scandalizziamo
A proposito di significati e di contesto, di sicuro l’iniziativa viennese ci pone una sfida: se non ci scandalizziamo davanti ai nudi di Modigliani e di Schiele ma anzi, li ammiriamo, ci scandalizzeremo però delle performance pornografiche che stanno sulla piattaforme che li ospita? Siamo in grado di fare a meno del contesto e capirci ancora qualcosa? Tra l’altro, Egon Schiele, con le sue ossessioni erotiche e la sua angoscia esistenziale, credeva nell’opera d’arte totale, quella che non sta chiusa nel museo ma vive nella quotidianità. E di stare su OnlyFans magari non gli sarebbe dispiaciuto.