Sulla carta d’identità, alla voce professione, si definirebbe “raccontastorie”. Certo, le storie sono di quelle che non fanno dormire la notte: delitti, serial killer, misteri. Ma sa raccontarle in maniera chiara, empatica, rispettosa. Perché hanno scioccato lei per prima. E perché ha un obiettivo che è quanto di più lontano dalla morbosità: «Denunciare, diffondere consapevolezza, soprattutto ricordare le vittime».
Il fenomeno Elisa True Crime in rete
Così Elisa True Crime – all’anagrafe Elisa De Marco, 33 anni, di Torino – è diventata un fenomeno della Rete, e non solo. L’omonimo canale YouTube, dove ripercorre i casi più controversi della cronaca nera, da Emanuela Orlandi a Ylenia Carrisi, viaggia verso 800.000 iscritti e 70 milioni di visualizzazioni.
Il podcast e il libro di Elisa True Crime
Il podcast per Radio Deejay è super ascoltato. L’antologia Brividi (Mondadori Electa), in cui indaga vicende di cui non si è ancora occupata in video (una su tutte: il “cold case” di Elisa Claps, scomparsa nel 1993 e ritrovata morta nel 2010), è stabilmente tra i libri più venduti. E ora Elisa è anche sul canale YouTube di Netflix, dove esplora le menti criminali protagoniste delle serie cult della piattaforma: da Wanna, su Wanna Marchi e il suo impero della truffa, a Dahmer, sul serial killer noto come il cannibale di Milwaukee.
Il nostro incontro con Elisa De Marco
Quando le chiedo di raccontare di sé, risponde con quella timidezza mista a stupore di chi è felice non perché ha successo ma perché fa ciò che ama. E subito vira il discorso sulla notizia del momento: la decisione del Vaticano di riaprire l’inchiesta su Emanuela Orlandi, la 15enne sparita nel nulla il 22 giugno 1983. Il tono è serio, il rispetto per il dolore altrui viene al primo posto. «Se la vita di Emanuela fosse un film, sarebbe un film assurdo. Il collegamento di cui si è sempre parlato tra il Vaticano e la banda della Magliana fa rabbrividire: sono parole che non dovrebbero nemmeno stare nella stessa frase. È evidente che la Chiesa sapesse molto di più e spero che si faccia chiarezza una volta per tutte: Pietro, il fratello di Emanuela, lo merita» dice in videochiamata su Zoom da Formentera, dove ora vive con il marito (e braccio destro) Edoardo.
Elisa e la passione per il crime
Ma perché ha deciso di occuparsi di crime? «La “colpa” è di mamma: quando ero piccola guardavo con lei Chi l’ha visto. Sono cresciuta a pane, Leosini e Lucarelli, attratta da ciò che scatta nella mente dei killer. Che è poi il motivo per cui siamo tutti “pazzi” per la nera: in un’epoca in cui scienza e progresso spiegano tutto, la follia di certi comportamenti umani rimane un mistero insondabile che attira come una calamita».
Gli inizi di Elisa durante il Covid
A 20 anni Elisa divora ogni sera i documentari americani, mentre di giorno lavora nel settore retail. Ma nel 2020 il destino mescola le carte. «Per seguire mio marito, mi sono trasferita prima a Hong Kong e poi a Shanghai. Lì è già difficile trovare un impiego per una questione di visti, in più si è aggiunto il Covid. Mi sono trovata con le giornate vuote, però mi sono alleggerita dalla pressione per cui se non guadagni non sei nessuno, e ho seguito il cuore». Una mattina di ottobre Elisa si siede per terra, fa partire la telecamera del cellulare e prova a ricostruire il caso di Chris Watts, che nel 2018 ha sterminato la famiglia in Colorado. Il cuore batte a mille e la voce trema. «Non avevo nemmeno un microfono. E non sono una criminologa. L’ho fatto per me stessa, per capire. Credo che la semplicità e la spontaneità siano la ragione per cui tanti mi seguono».
La semplicità è la chiave del successo di Elisa
Semplicità non fa rima con banalità. Dal 2020 Elisa pubblica un video alla settimana, da poche settimane ne realizza due. Dietro ognuno, una ricerca certosina su stampa, tv, web e, spesso, le confidenze delle famiglie delle vittime. «Per 3-4 giorni studio il materiale, poi per 24 ore scrivo il testo. Punto su un linguaggio curato ma non troppo forbito e tecnico: mi immedesimo in chi mi ascolta, cerco di essere precisa ma semplice, come se parlassi a mio marito. E ci metto sempre il cuore, soprattutto quando si crea un legame speciale con i parenti. Come con la mamma del carabiniere Fausto Dardanelli, trovato senza vita nella sua auto nel 2016: gli inquirenti hanno pensato al suicidio, ma lei è sempre stata convinta del contrario. Voglio continuare a parlarne per tenere alta l’attenzione e arrivare alla verità. Cerco anche di essere utile: nei video insisto spesso, per esempio, sui campanelli d’allarme dei rapporti tossici o sui rischi legati alle sette. Voglio creare consapevolezza e quando alcune ragazze mi ringraziano perché le ho aiutate a drizzare le antenne, sento di aver fatto un buon lavoro».
Il caso Yara Gambirasio
I pensieri tornano all’attualità. Anche il caso di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa nella bergamasca nel novembre del 2010 e poi ritrovata senza vita mesi dopo, ha riconquistato le prime pagine dei giornali, dopo che la pm di allora, Letizia Ruggeri, è stata indagata per depistaggio. «Sulla colpevolezza del muratore Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo, l’Italia si è sempre divisa in due. Quando ho realizzato il video ho provato a essere imparziale come sempre, ma mi è sembrata una matassa intricata, con il ruolo fondamentale del Dna dell’uomo e molti dettagli tecnici. A volte è davvero difficile scrivere la parola fine e pensare ai familiari che continuano a vivere “sospesi” mette tristezza».
Per staccare, di sera Elisa si butta sulla sit-com vintage Camera Café. Anche se, alla fine, cede al richiamo della nera: «Preferisco i documentari, come Vatican Girl sulla Orlandi». E il futuro? «Il 2022 è stato un anno così denso che ora serve un tempo per godersi le cose. Non so quanto durerà questo successo: mi sono già reinventata tante volte, se serve lo farò ancora».