«Bella è un personaggio che vale una carriera. Una donna radicalmente libera». Le parole che Emma Stone pronuncia con la sua inconfondibile voce calma e profonda, i grandi occhi verdi che ti guardano penetranti, emanano un entusiasmo sincero che raramente traspare quando una star di Hollywood racconta del suo ultimo ruolo. Una gioia che non nasce solo dal successo: nei panni della protagonista del nuovo film di Yorgos Lanthimos Povere creature!, ora al cinema, la 35enne attrice di Scottsdale, Arizona, ha vinto come migliore interprete femminile la Coppa Volpi all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il Golden Globe, il Critics’ Choice Award… E potrebbe conquistare il suo secondo Oscar dopo quello del 2017 per La La Land di Damien Chazelle.
Povere creature! è una storia di ribellione e libertà
No. È qualcosa di più profondo, che ha a che fare con l’essere donna. «Bella è una creatura nuova, mai vista. Per questo gli uomini la vogliono plasmare, pretendono che incarni i loro desideri. Ma, nella sua pura ingenuità, lei si ribella per vivere secondo le sue regole, per costruire il suo destino» racconta Emma Stone. Anche se ribellarsi non è facile. Bella è infatti una giovane donna della Londra vittoriana, morta nel tentativo di fuggire dal marito violento: viene riportata in vita dallo scienziato Godwin Baxter (Willem Dafoe) con un ardito esperimento, ma è come una bambina nel corpo di un’adulta. Baxter la vuole “crescere” a modo suo, però lei è desiderosa di conoscere il mondo e fugge insieme all’avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo). Salvo poi abbandonare anche lui in nome della propria libertà.
Intervista a Emma Stone
In tanti hanno detto che Povere creature! è una sorta di Frankenstein al femminile. È d’accordo? «Non molto. Questo film è una favola, certo, ma Bella è anche una metafora della possibilità di ricominciare tutto daccapo come donna, di scegliere come si vuole vivere. Libera dai condizionamenti della società patriarcale. Dei suoi tempi e dei nostri (nel 2018 Emma Stone è stata tra le attrici che hanno promosso il movimento Time’s Up per difendere le donne da molestie e discriminazioni dopo il caso Weinstein, ndr)».
All’inizio del film Bella è come una bambina… «E come una bambina impara a camminare, sputa il cibo che non le piace, non ha freni inibitori. È stato molto difficile calarmi nella sua fisicità infantile, quasi primitiva. Non mi era mai successo di interpretare una donna senza un passato che la condizionasse, senza i limiti imposti dalla società. È impossibile controllarla, anche se tutti sperano di addomesticarla. È stato estremamente liberatorio essere lei, perché non si vergogna di niente».
Nemmeno del suo corpo e del sesso. Al punto che una scena è stata modificata per la distribuzione del film nel Regno Unito. Le ha creato problemi mostrarsi nuda? «All’inizio della mia carriera ho sempre cercato di rispettare i desideri dei miei genitori, come loro hanno sempre sostenuto i miei sogni. Sapevo che mio padre non sarebbe stato contento se mi fossi spogliata davanti alla cinepresa, per questo esitavo quando mi chiedevano di mostrare troppa pelle. Ma in questo caso è diverso: il sesso non è mai puramente erotico o voyeuristico, anzi è funzionale a raccontare il percorso di crescita di Bella, la scoperta di sé, della vita, del mondo. Vorrei mettere a tacere le polemiche una volta per tutte: quelle scene sono necessarie, sarebbe stato ipocrita raccontare di una donna libera e padrona del suo destino omettendo la sua sessualità».
Povere creature! è tratto dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray del 1992, dove però la storia era raccontata dal punto di vista dello scienziato che ridà la vita a Bella. Lei e Lanthimos avete stravolto la prospettiva mettendo al centro lei. «Yorgos mi invitò a cena dopo che avevamo finito La Favorita (il loro primo film insieme, per cui Emma Stone ha ricevuto la sua terza candidatura all’Oscar, ndr) e cominciò a farmi domande vaghe, tipo: “Che programmi hai adesso?”. Senza sapere niente ho esclamato: “Qualsiasi cosa hai in testa, sono disponibile!”. Ho aspettato 2 anni perché mi mandasse la sceneggiatura e altrettanti per cominciare a lavorare. Un percorso lungo, ma ne è valsa la pena. E sono fiera di essere anche produttrice del film (nel 2020 ha fondato la compagnia di produzione Fruit Tree con suo marito Dave McCary, regista del programma tv Saturday Night Live, ndr): ho partecipato alla costruzione della storia e del mio personaggio in un modo in cui non sarei riuscita se mi fossi limitata a recitare».
Sa di essere la favorita agli Oscar, vero? «Vedremo… I riconoscimenti mi fanno sempre sentire molto onorata, ma ho imparato ad apprezzare anche i fallimenti. Da ragazzina ero molto ansiosa e recitare è stata una sorta di terapia, mi ha aiutato a incanalare l’energia. L’insicurezza mi ha accompagnato anche a 20 anni, all’inizio della carriera a Hollywood, un periodo difficile. Ma oggi, a 35, mi sento centrata, consapevole delle mie capacità. Non ho più paura di fallire agli occhi degli altri. Faccio un film che non piace a nessuno? Quello che conta è che sia importante per me».
Da sempre alterna pellicole d’autore, come Birdman o La La Land, a blockbuster come la trilogia di The Amazing Spider-Man o Crudelia. Cosa la convince a scegliere un ruolo? «Devono combinarsi tre cose: storia, personaggio e regista. Non ho sempre avuto la possibilità di scegliere: all’inizio senti di dover dire di sì a chiunque ti dia lavoro, è importantissimo essere considerato un “working actor”, il che vuol dire che ti mantieni con il cinema. Poi col tempo e l’esperienza impari a fare le tue scelte, motivate solo dalle tue ragioni. Come fa Bella».