La notizia è arrivata con un tweet: Fabiola Gianotti è stata riconfermata direttrice generale del Cern di Ginevra, uno dei più importanti laboratori di fisica al mondo, fino al 2025. È la prima volta che qualcuno ottiene una riconferma del ruolo, che non era prevista dallo statuto dell’istituto: è perciò un grande attestato di stima verso la scienziata italiana. In Donne come noi, il libro che la redazione di Donna Moderna ha scritto per festeggiare i suoi primi trent’anni, avevamo raccontato la sua storia. La ripropriamo qui con i nostri migliori auguri di buon lavoro!
La bambina dai capelli corvini, dai tanti sorrisi e dalle mille domande sul perché delle cose cresce in un mondo felice:
«Dal papà geologo ho ereditato l’amore per la natura e il rigore scientifico, dalla mamma laureata in Lettere e pianista la passione per la musica e per il bello. E bellezza e armonia sono aspetti che ritroviamo nelle leggi della fisica», dice Fabiola. Da piccola gioca con le bambole ma anche a calcio con gli amici e sogna di diventare un’étoile della Scala o del Bolshoi. Chissà se, guardando il cielo, immagina che un giorno lassù, ben oltre le nuvole, un asteroide porterà il suo nome (le è stato dedicato il 214819 Gianotti). Da adulta diventa davvero una star, tanto da finire su copertine prestigiose (come quella di Time, che nel 2012 la colloca tra le cinque personalità dell’anno) e ottenere riconoscimenti planetari (la rivista Forbes nel 2013 la nomina tra le cento donne più influenti del mondo). La celebrità non la conquista danzando su un palco ma quando, il 4 luglio 2012, dal CERN, il più grande laboratorio di fisica del mondo, in veste di coordinatrice e portavoce di uno dei due esperimenti che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs, annuncia lo straordinario traguardo raggiunto. «Il bosone di Higgs è fondamentale per la nostra stessa esistenza», spiega entusiasmandosi «È legato al meccanismo che permette alle particelle elementari di avere una massa. Se elettroni e quark, costituenti fondamentali dell’atomo, non avessero massa, gli atomi non starebbero assieme, la materia non sarebbe quella che conosciamo e non esisteremmo neppure noi». Al Cern Fabiola approda nel 1994 pensando di starci due anni, ma è solo l’inizio di un lungo idillio: «Mi sento come una bambina in un negozio di dolci». Del Cern diventa direttore generale nel 2016, prima donna a ricoprire questa carica. «A volte mi sembra di essere il sindaco di una città di quasi diciassettemila abitanti: tanti sono gli studiosi che lavorano qui. Provengono da tutto il mondo, persino da Paesi in guerra tra loro. Questo è un luogo di eccellenza nella ricerca scientifica, di innovazione tecnologica e anche di collaborazione internazionale all’insegna della pace.» Il suo pensiero affettuoso si posa sui giovani ricercatori ricordando il suo arrivo a Ginevra forte di una borsa di studio. Lei studentessa modello lo è sempre stata: ottimi voti al liceo classico delle Orsoline di Milano, città dove la famiglia si trasferisce da Roma quando ha sette anni. «Risolvere i problemi di matematica per me era divertente come un gioco. Mentre le versioni di greco e di latino mi hanno permesso di acquistare rigore, logica e precisione», aggiunge ricordando gli anni del liceo. Anni di studio, certo, ma anche di sport (ancora oggi si rilassa grazie a jogging, nuoto e camminate in montagna). E poi nella sua vita c’è la musica, un amore che corona diplomandosi in pianoforte al conservatorio. Adora Bach e Schubert. Dopo l’esame di maturità, si trova al bivio tra Filosofia e Fisica. Si laurea nel 1984 in Fisica subatomica alla Statale di Milano e spiega così le ragioni della sua scelta: «La filosofia affascina per i quesiti che pone, ma la fisica cerca e spesso trova risposte alle domande». Per lei ci sono modelli speciali, come Marie Curie, che incontra in un libro; la biografia della scienziata premio Nobel per la Fisica e la Chimica la sprona a non fermarsi ai pregiudizi che tengono troppe donne lontane dalla scienza. E poi Albert Einstein: violinista lui, pianista lei, vivono a decenni di distanza ma si ritrovano entrambi uniti dalla passione per le note della musica e per quelle dell’universo. E, ancora, ci sono i ragazzi di via Panisperna, le eccellenze della fisica italiana degli anni Trenta, il Nobel Carlo Rubbia e molti altri. Tante menti eccelse sono di ispirazione e sprone, però Fabiola ci tiene a sfrondare la figura dello scienziato dai cliché che la circondano: «È una persona con pregi e difetti come tutti, ma deve avere una mente aperta, curiosità, intuizione e fantasia. Lo scienziato non è chiuso in una torre d’avorio, vive nel mondo». Lei nel mondo ci vive eccome, gestendo un ente che ha un budget da quasi 1 miliardo di euro l’anno. «A me piace dirlo in un altro modo», precisa con la sua voce argentina e lo spirito costruttivo da divulgatrice «Costa come un cappuccino a testa per ogni europeo all’anno». Alla domanda se la fisica possa dimostrare o no l’esistenza di Dio, con la sua determinazione garbata, sgombera il campo da equivoci: «Scienza e religione sono ambiti separati, anche se non antitetici. Si può essere fisici e avere fede oppure no». Come vede il suo futuro una donna che dice radiosa: «Tra materia oscura ed energia oscura c’è un 95 per cento di universo di cui non sappiamo nulla. Per me è una buona notizia, vuol dire che c’è ancora tanto lavoro da fare»? Risposta: «Il mio desiderio è quello di essere in laboratorio a fare esperimenti e contribuire nel mio piccolo a risolvere parte del mistero». Sì, perché Fabiola, scienziata famosissima e pluripremiata, resta quella bambina che si diverte a usare le mani per modellare il pongo, fa mille domande e prova gioia, gioia pura, ogni volta che scopre qualcosa di nuovo: «Mi ritengo fortunata, perché ogni sera torno a casa e posso comunque dire: anche oggi ho imparato qualcosa di nuovo».