Si crea una strana magia quando parli con uno scrittore: all’improvviso non si è più soli. Attorno, nella nostra “stanza di conversazione”, un po’ alla volta compaiono volti, e poi figure intere, uomini e donne che popolano il mondo dei suoi romanzi. Con Sara Rattaro è sempre così. Lei racconta di donne che siamo noi, le nostre mamme, le nostre sorelle, le nostre amiche. Donne che spesso abbiamo di fianco e che affrontano la vita di petto, con gli slanci e i rovesci. Che passano attraverso sconfitte e successi, che incassano colpi e si rialzano. Donne combattenti che, dice lei, «sono in trincea: per la famiglia, la conquista lavorativa, la maternità, il compromesso con l’amore».
L’amore è sempre al centro
L’amore è sempre al centro, che tu abbia 20 o 50 anni, perché alla fine (lo dice anche Brunori Sas nella sua Canzone contro la paura) di cos’altro vuoi parlare? «La mia narrativa arriva dove la vita arrossisce» è la frase che Sara Rattaro ama ripetere e che compare, come un saluto, nell’esergo del suo nuovo romanzo: Una felicità semplice (Sperling & Kupfer). È la storia di una donna intorno ai 50 anni, Cristina, che, dopo essere rimasta coinvolta in una rapina in un supermercato, comincia a ripensare alla sua esistenza… E ciò la condurrà verso un’altra direzione. La sua, scopriamo, è una vita che “arrossisce” in diversi momenti, quelli del passato e quelli che verranno. E che la porta a rimettersi in gioco.
«Più diventiamo adulte, più è difficile metterci in gioco, riscoprire la leggerezza delle ragazze che siamo state. Temiamo di essere giudicate»
«Racconto la storia di una donna che ha amato tantissimo il marito, che purtroppo viene a mancare giovane dopo una malattia» mi dice Sara Rattaro. «Per lui, Cristina ha sacrificato tutto: la carriera era quella di lui, la visibilità era quella di lui. Andrea era un blasonato professore di Fisica all’università, una persona di grande spessore intellettuale. Lei era la moglie, felice di esserlo. Lo avrebbe seguito ovunque, avrebbe lottato contro la malattia fino allo stremo delle forze. E quando si ritrova vedova si rassegna all’idea di avere amato abbastanza». Sembrerebbe una donna che rimane in secondo piano, di quelle che si fanno scivolare addosso la vita senza lasciare segni né ricordi. Eppure…
Ma una donna che rinuncia a tutto per il suo uomo che modello è?
«Grazie alla rapina si rende conto di avere vissuto dei lunghissimi periodi senza vedere il mondo fuori» continua la scrittrice. Mentre la ascolto, mi viene da chiederle: ma una donna che rinuncia a tutto per il suo uomo che modello è? «Io volevo raccontare una donna normale. Una che vuole semplicemente fare la sua vita. Che tutto sommato non ha grandi talenti, tranne forse quello di saper creare una famiglia, saper essere confortevole, saper amare fortissimo l’uomo che ha scelto e che l’ha scelta.
Il suo è un modello di donna differente da quello che predomina oggi che vince la rincorsa alle eccellenze, l’esigenza di dover dimostrare che per ottenere gli stessi ruoli e gli stessi traguardi degli uomini dobbiamo essere 100 volte migliori. Un modello con cui noi ci scontriamo tutti i giorni. Cristina è la risposta: dateci la libertà di non essere un’eccellenza per poter essere considerate. Di non faticare come matte per essere felici. Anche questo modo di essere in fondo fa parte del femminismo moderno. Lei è una donna che non vuole sembrare diversa da quella che è. Questa è la sua forza».
«Dateci la libertà di non essere un’eccellenza per poter essere considerate. Di non faticare come matte per essere felici»
All’improvviso per Cristina, che aveva dedicato la vita e i ricordi totalmente ad Andrea, scatta la scintilla. Incontra un altro uomo, inaspettato e completamente diverso dal primo. Che la corteggia delicatamente, l’aiuta a rimettersi in gioco, a cambiare sguardo. «Ma non è solo la rinascita o la seconda occasione. È l’idea di ritrovare gusto nelle cose semplici, di ritornare a ridere» spiega Sara Rattaro. «Essere sole a 50-55 anni, in una situazione come la sua, di vedovanza (ma vale anche quando finisce un amore importante), e dover ripartire è difficile. Non è come farlo a 30. E non sei nemmeno ancora anziana, non hai i nipotini che ti riempiono il cuore e la giornata. Però credo che, per come sono oggi le 50enni, sia assolutamente plausibile pensare non solo a una nuova storia, ma a una vita insieme, a risposarsi, a mettere su famiglia».
Carlo, il nuovo lui di Cristina, è il suo dirimpettaio e di mestiere fa il prestigiatore. Le è sempre stato davanti, solo che lei non lo vedeva. «Con lui trova quella felicità semplice che dà il titolo al romanzo. Ed è a portata di mano, senza fare niente per cercarla. Non si iscrive a chat di incontri, non segue i consigli delle amiche… Apre gli occhi su qualcosa che è già lì».
L’idea di essere felici ci terrorizza
L’idea di essere felici però, scrive Sara Rattaro nel suo libro, ci terrorizza. «Perché la ricerca della felicità ce l’hanno sempre raccontata come qualcosa di molto faticoso. Come se per ottenerla dovessimo meritarla. E poi l’idea stessa comporta che questa felicità un giorno non ci sarà più, e questo fa paura. Come fa paura esporsi, mettersi in gioco quando si è raggiunta una certa tranquillità. Cristina non è stata una persona tradita. Anzi, ha un concetto positivo dell’amore, però ha un’età per cui riprendersi da certi dolori è più complesso perché hai meno energie e perché hai già investito molto nei rapporti. Più si cresce, più diventa impegnativo buttarsi, riscoprirsi sciocche, leggere, ridisegnare una parte di sé, della ragazza che siamo state».
Il cuore delle donne, le nostre fatiche, le fasi che accompagnano le diverse età della vita sono temi su cui Sara Rattaro insiste di romanzo in romanzo (questo è il 15esimo, compresi quelli per ragazzi). «Quando diventiamo adulte, mettiamo su famiglia, diventiamo madri, noi donne dimentichiamo la parte più lieve di quelle fidanzate che siamo state, scordiamo le ragazze che facevano schiocchezze, che erano spensierate. Anche il sesso acquista un valore diverso. Abbiamo paura di essere giudicate, di non sentirci adeguate. E cresce il senso di colpa nei confronti della nostra femminilità. Sono problemi e dilemmi che ci portiamo dietro tutte, chi più chi meno. Ostacoli verso la nostra felicità. Però vale la pena almeno di provare a spostarli».
Felicità significa trovare la propria strada
Carlo è uno che ha mollato un lavoro sicuro in banca. La moglie l’ha lasciato perché lo trovava noioso, sempre uguale a se stesso e poco divertente. «In realtà, come dice lui: “Io sono diventato quello che hanno voluto che diventassi. Perché se avessi detto a mio padre che volevo fare il prestigiatore non credo l’avrebbe accettato”». Anche Sofia, la figlia di Cristina, ha intrapreso gli studi di Fisica solo per accontentare i genitori. «Le loro storie sono emblematiche e ci spingono a farci una domanda: quand’è che riusciamo a trovare la nostra strada, indipendentemente da quello che vogliono gli altri per noi o pensiamo che gli altri vogliano per noi?».
In questo percorso è importante la consapevolezza, quella che arriva in Cristina durante la rapina. «Un evento traumatico, come potrebbe essere nella nostra vita di oggi la pandemia, è quello che ci pone davanti le famose domande: “Ma io sono la persona che volevo essere? Dei miei sogni ne ho realizzato almeno qualcuno?». Perché quando hai paura veramente, allora pensi alla vita. E forse puoi cambiarla. Come ha fatto Cristina, quando finalmente ha aperto gli occhi e ha visto la felicità.
Adesso in libreria
Sara Rattaro, 45 anni, pubblica il primo romanzo, Sulla sedia sbagliata, nel 2010 per Morellini editore. Nel 2015 vince il Premio Bancarella con Niente è come te (Garzanti). Una felicità semplice, appena uscito per Sperling & Kupfer, è il suo 15esimo romanzo. Racconta la storia di Cristina, 50enne rimasta vedova, che per un caso del destino, riformula la propria vita. Apre gli occhi su quello che prima non vedeva. Compreso un vicino che la corteggia. E che la aiuta a rimettersi in gioco.