Il nuovo film di Gabriele Muccino, “A casa tutti bene”
Tutta colpa del mare grosso. I traghetti non partono. La famiglia riunita per festeggiare le nozze d’oro dei nonni rimane bloccata sull’isola. In A casa tutti bene, il nuovo film di Gabriele Muccino nelle sale il 14 febbraio, la famiglia di Stefania Sandrelli e Ivano Marescotti, ormai trasferiti a Ischia da molti anni, si mostra in tutte le sue contraddizioni. Tra furiosi litigi e impensabili riappacificazioni, prima di partire, i protagonisti saranno costretti a fare i conti con loro stessi.
Il racconto della scrittrice Gaia Manzini, autrice di “Ultima la luce” (Mondadori)
Mia madre ed io sedute davanti a uno specchio, in una sala d’aspetto. Parliamo del più e del meno, poi ecco che lei fa quel gesto con la mano: la porta tesa di lato come una foglia d’agave. Continuiamo a parlare e, dopo poco, faccio anch’io quel gesto, lo stesso. Probabilmente è da una vita che metto la mano a foglia d’agave, ma non me ne sono mai accorta. Noi così diverse, ora che io ho 43 anni e lei trenta di più, siamo uguali. Capirlo è stato come un ritorno. Quando sono andata a vedere il nuovo film di Gabriele Muccino, A casa tutti bene, ho trovato conferma di quanto sia importante ritornare al nostro luogo d’origine. E rispecchiarsi almeno un po’ nella famiglia da cui veniamo. Nel film, una famiglia numerosa si riunisce per le nozze d’oro dei nonni Alba (Stefania Sandrelli) e Pietro (Ivano Marescotti). Figli e nipoti sono anni che non si vedono, altrettanti che non si capiscono. Ma questa è l’occasione di ritornare sull’isola dove hanno passato i momenti più felici della loro vita. E, per qualcuno, di ritrovare se stesso.
Ecco, l’isola. Al di là di tutte le definizioni che si possono dare, per me la famiglia è un luogo
Con i suoi spazi, i suoi odori, i suoi sapori. La famiglia è uno spazio a più dimensioni che ci contiene sempre; che ci impedisce di essere una linea retta. Ogni cosa inizia proprio da lì, perché la famiglia è il luogo nel quale impariamo ad amare: amare bene o amare male, a seconda dei casi. Quello dell’amore è l’imprinting che ci segna di più: la relazione duratura di Alba e Pietro ha fatto del figlio Carlo (Pierfrancesco Favino) un vero romantico che non si arrende al fallimento dell’amore. Sembra un paradosso ma è proprio per questo che ha due famiglie. Anche lui, prima o poi, vorrebbe festeggiare le nozze d’oro con sua moglie. Già, ma quale delle due? All’inizio, da bambini, non vorremmo essere da nessun’altra parte che non sia l’“isola” della nostra famiglia. Da bambini vorremmo sposare il papà; essere come la sorella più grande. Non perdiamo mai d’occhio la mamma, che è sempre e comunque bellissima, la più bella di tutte. All’inizio c’è solo la nostra famiglia, il mondo là fuori non esiste.
Da ragazza tante volte ho sognato di scappare dall’“isola” della mia famiglia
Una volta ci ho anche provato, ma senza successo. Volevo andarmene, e non volevo. Stefano Accorsi nel film è Paolo, uno scrittore sempre in viaggio. È il fratello che più ha messo una distanza tra la propria vita e la sua famiglia. Eppure, a un certo punto proprio nei giorni raccontati nel film e trascorsi con la famiglia, si ritrova a dire una cosa inaspettata. Dice di essere stufo e di volere “una vita normale”, come quella dei suoi genitori. I rapporti con la famiglia d’origine cambiano senza sosta. Crescendo la amiamo, la odiamo, la colpevolizziamo, la rifiutiamo; e la torniamo ad amare. È un’ambiguità che per molto tempo ci sfugge dalle mani. Da grandi, gli incontri con i genitori sono sempre degli scontri tra la vecchia vita e una vita nuova, tutta nostra. Si prova la vertiginosa sensazione di appartenere a qualcuno che non ci appartiene più. A ogni incontro con nostra madre, anche da adulti, rimaniamo lì ad aspettare che ci dica anche solo una volta “ti voglio bene”, “sono orgogliosa di te”. Come Stefano Accorsi rimaniamo lì con il nostro amore imperfetto. E A casa tutti bene è proprio questo: una commedia dei sentimenti imperfetti che, tra litigi e riavvicinamenti, si trasformano in rabbia, gelosia, rivendicazione. In doloroso bisogno d’amore.
«C’è un momento della vita in cui capisci cos’hai sbagliato» dice nel film Stefania Sandrelli
La famiglia è un luogo che non si conosce mai abbastanza, dove ogni tanto va via la luce. E dove, alla fine, la luce ritorna. E allora c’è chi si accorge di essere ancora legato all’ex moglie, che negli anni si è rivelata donna forte e madre in gamba. C’è chi si rende conto di amare qualcuno anche se si rivela un traditore. C’è chi riapprezza la vita da cui pensava di aver preso distanza. A volte la luce coincide con la maternità. Per me è stato così. Avere una figlia è stata una trasformazione totale del mondo, del tempo e soprattutto del passato. E così succede che a un certo punto, ai nostri occhi, i genitori non sono più solo genitori, ma – come noi – sono delle persone con i loro pregi, le loro contraddizioni, l’amore eccessivo per i figli. Gli errori che non sono più colpe. Carlo, con le sue due figlie e la sua vita incasinata, è intenerito dagli anziani genitori, è l’unico che non recrimina nulla. Si rispecchia in loro e li protegge quanto può. Scorgere in una madre e in un padre solo una donna e un uomo: il ritorno sull’isola, se c’è, per me è questo.
Ma le famiglie sono ancora quelle di una volta?
Secondo l’Annuario 2016 dell’Istat, i single non vedovi sono più che raddoppiati in vent’anni: ora sono un esercito di 4,8 milioni di persone, il 7,9% della popolazione. Ma se aggiungiamo vedovi e divorziati che non si sono risposati, celibi e nubili che non vivono nella famiglia di origine, genitori single con figli, allora il numero delle persone sole in Italia sfiora gli 8 milioni. Nonostante i 4.600 matrimoni in più nel 2015 rispetto al 2014, l’Istat ammette che le famiglie composte da una sola persona sono destinate ad aumentare assieme alle “libere unioni”, un milione di coppie che non sono ancora convolate a nozze e che forse non lo faranno mai.