Intervista a Francesca Fagnani
«Lei che belva si sente?». La domanda è spontanea se ti trovi davanti Francesca Fagnani nel ruolo di intervistata. Una domanda sentita mille volte nel suo programma, Belve appunto. Rivolta da lei a chi si siede sullo scomodo sgabello del suo essenziale studio. «Un faccia a faccia senza intermediazioni, nemmeno un tavolo» come ama spiegare.
Una “belva” a Sanremo
Da lì sono passati in tanti, non per promuovere quello che hanno fatto, ma per parlare di sé: hanno confessato paure e vergogne, mostrato lati insospettabili, risposto alle sue domande dirette, raccontato che belva sono. Così quella “piccola” trasmissione nata sul canale Nove è diventata cult e pop – un binomio perfetto – ed è piano piano arrivata su Rai 2 in seconda serata. Ora, dal 21 febbraio, conquista la prima.
Ma torniamo a quella domanda: «Lei che belva si sente?». «Un jack russell, perché sono cani irrequieti e simpatici» mi risponde. «Anche un po’ dispettosi, a volte» le faccio notare, e lei ride in questa pausa dalla preparazione del programma che tornerà a condurre dopo aver affiancato Amadeus al Festival di Sanremo l’8 febbraio: «L’ho vissuto come un riconoscimento del lavoro che ho fatto finora».
Perché Belve? «È un titolo che è un complimento a chi invito, innanzitutto: il riconoscimento di un carattere determinato, coraggioso. Di chi nella vita ha avuto successo però ha sbagliato, ma sempre per conto proprio, senza essere in alcun modo un gregario. E poi è una parola che si adatta sia alle donne, che prediligo nelle interviste, sia agli uomini».
Perché predilige le donne? «Perché mi piace rivendicare un loro aspetto di determinazione e forza che secondo me viene poco rappresentato».
Come sceglie le sue ospiti? «Devono essere identitarie rispetto al titolo. Con un vissuto fuori dall’ordinario. O lati del carattere forti, da alcuni ritenuti divisivi».
Collegandoci a Sanremo, una come Anna Oxa? «Gli ospiti non li rivelo… Ma sa quante potrebbero essere?».
Come si prepara alle sue interviste? «Studio tanto, sono una secchiona».
Le persone più difficili da intervistare? «Quelle, che ho già fatto in passato, provenienti dalla criminalità organizzata: c’è un bilanciamento diverso anche dei toni».
Con Rocco Siffredi, che è venuto a novembre in trasmissione, c’è stato qualche momento di imbarazzo? «No, altrimenti non l’avrei invitato. È venuta anche l’attrice hard Malena, che è stata più esplicita di Rocco. Al di là delle battute, sempre facili, Rocco si è aperto su un tema molto delicato, che è quello della dipendenza sessuale. L’ha fatto con coraggio. È stata un’intervista sorprendente, per quanto mi riguarda. Gli sono grata per essersi fidato. Per raccontare cose così drammatiche del proprio vissuto devi sentire che hai una persona davanti che in quel momento ti accoglie».
E non ti censura. «È un termine che non so cosa significhi. Non l’ho mai subita e non permetterei mai che mi venisse imposta».
Si può dire che le sue interviste sono come un braccio di ferro? «Il cuore del giornalismo è il contraddittorio, altrimenti è un monologo, non più un’intervista. Gli ospiti venuti in studio hanno regalato al pubblico aspetti inediti di sé. Il mio obiettivo non è guerreggiare, ma creare una reale interlocuzione. Solo così le persone si confidano».
Anche nel male? «Io non ho paura di trovarmi davanti al male, pensi alle camorriste. I comportamenti aberranti vanno raccontati. Però bisogna sempre fare attenzione a come lo si fa, mettere sul tavolo tutte le carte affinché lo spettatore abbia la possibilità di formarsi un giudizio oggettivo. Non si possono raccontare solo i buoni: è un modo di sfuggire dalla realtà. Il male va conosciuto per affrontarlo».
La sua vita privata è poco nota, si sa che ha una relazione con Enrico Mentana, anche lui giornalista, da 10 anni. In una intervista ho letto che lui a volte le dice: “Ma che domande fai?”. La critica? «Ma no! Ho detto che lui a volte si mette nei panni dell’ospite e si imbarazza, ma era per ridere».
Il personaggio che le è piaciuto di più intervistare? «Non saprei. Ogni volta sono contenta e dico: “Il prossimo non potrà essere a quest’altezza”. E invece… Le posso però dire cosa mi è piaciuto di un tal personaggio».
Wanna Marchi, per esempio? «Interessantissima. Per 10 anni ha imbambolato gli italiani».
Chi l’ha stupita di più? «La criminologa Roberta Bruzzone: ha dei lati di grande umanità. L’avvocata Anna Maria Bernardini de Pace: è stata molto simpatica. L’atleta paralimpica Monica Graziana Contrafatto: per la gioia che mette in quello che fa… Potrei andare avanti».
Qualcuno le ha mai detto di no? «Belve è un programma in cui ti deve andare di metterti in gioco, e legittimamente non a tutti va. Comunque preferisco quelli che mi dicono no a quelli che mi chiedono di tagliare questo o quello».
Qualcuno si è pentito? «No, di solito succede il contrario: ci mettono tanto a decidere e poi vanno via contenti».
Un po’ come una seduta dallo psicoterapeuta. «Questo me lo dicono tutti».
Lei va tanto in video, cosa fa per restare in forma? «Faccio molto sport: un allenamento funzionale con un trainer da tantissimi anni 4 volte alla settimana e una volta alla settimana Vinyasa Yoga. Serve per la colonna vertebrale: quando sei dritto ragioni già meglio».
Il momento più difficile della sua vita? «Sicuramente la morte di mia madre, nel 2015».
E della carriera? «Ci sono i bassi e ci sono gli alti: fa parte del percorso. L’importante è non darvi troppa importanza».
Qual è la cosa che la rende fiera? «Una lunga intervista ad Agnese Borsellino all’inizio della mia carriera: fu l’unica che concesse ed è contenuta in un documentario che si chiama 57 giorni a Palermo: la scorta di Borsellino. E un programma in 3 puntate per Rai 3, intitolato Il prezzo, dedicato ai ragazzini e alle donne di camorra, e al carcere minorile che è un tema che mi è molto caro».
Chi sognerebbe di intervistare? «Mi piacerebbe tantissimo avere ospite a Belve Angela Merkel: per conoscere di più la donna che ha lasciato un segno così profondo su 20 anni di storia europea».
Com’è lei nella vita? «Meno puntigliosa che sul lavoro, sono più “arraffona”, disordinata».
Cos’è il giornalismo per lei? «È quello che volevo fare. Se non ci fossi riuscita, forse avrei fatto l’investigatrice».