Alla vigilia della messa in onda di Lolita Lobosco, la serie tv tratta dai suoi libri che solo nella prima puntata ha incollato a Rai 1 oltre 7 milioni e mezzo di spettatori, Gabriella Genisi si è fatta 2 camomille e una tortina per calmare lo stress, distesa sul cuscinone decorato con le 4 copertine dei romanzi e accanto un messaggio delle amiche: “Mettiti comoda e guarda Lolita! Ti vogliamo bene”. «Quando Luca Zingaretti mi ha chiamato 4 anni fa per dirmi che voleva girare una fiction dai miei libri è stata un’emozione fortissima» confida. «Vedere il prodotto finito in tv ora mi fa ancora più effetto. E poi Luisa Ranieri è perfetta, e perfettamente calata nel ruolo».
Ecco, partiamo da qui: chi è Lolita per chi non ha visto la fiction e non ha letto i suoi libri? «Finora i lettori hanno identificato Lolita con me, tant’è che molti erano convinti che la dovessi interpretare io» ride. E continua: «Lolita è la donna del Sud (di Bari, ndr) riletta in chiave moderna. Una donna che esce dai ruoli di secondo piano e si afferma in un mondo ancora molto maschile. Io l’ho immaginata nel 2006, era novembre o dicembre, stavo svuotando la lavatrice mentre mio marito guardava la tv. “Questo è il Montalbano che tu leggi” mi ha detto. Sono rimasta folgorata dalla corrispondenza tra il personaggio televisivo interpretato da Luca Zingaretti e quello letterario di Andrea Camilleri: una cosa rara perché solitamente il lettore rimane deluso. Invece… La mattina dopo ho pensato che nella letteratura poliziesca non c’erano tante donne che conducessero le indagini. Durante le vacanze di Natale ho quindi scritto le prime 30-40 pagine. In quel momento era un gesto un po’ rivoluzionario».
E poi?
«Ho completato il romanzo nell’estate del 2009, e ho avuto l’intuizione di andare al Women Fiction Festival di Matera. Mi ha cambiato la vita: un agente letterario ha letto il manoscritto e poco tempo dopo avevo un contratto con la Sonzogno. Ma il successo non è arrivato subito: ho fatto piccoli passi, col passaparola mi sono portata dietro, di libro in libro, uno zoccolo duro di lettori».
E ha aperto una strada. Ora sono sempre di più le donne protagoniste di polizieschi.
«Gli uomini che scrivono gialli hanno capito che la maggior parte dei lettori è donna e che i personaggi femminili piacciono molto, quindi affiancano le donne ai maschi. Io ho deciso di fare il contrario, anche in una nuova serie di libri a cui sto lavorando».
Lolita porta Louboutin e minigonna. Un po’ le assomiglia o sbaglio? «Assolutamente. La minigonna di jeans è un mio tratto distintivo. Quando discuto con mio figlio, spesso è proprio perché lui dice che alla mia età, sono del 1965, dovrei smettere di indossarle. E invece io ho questo lato ragazzino che si sposa perfettamente con le mini di jeans, spero di portarle ancora per almeno 5 anni. Poi mi piace tantissimo il tacco alto. Io le mie Louboutin le ho comprate a Parigi».
Una spesa pazza…
«Già, e purtroppo fatta in 5 minuti. Sono assolutamente importabili, almeno per me. Non le ho mai indossate fuori casa. Ogni tanto mi faccio queste foto da sciantosa ma non ci cammino. Le ho usate un po’ come fermalibro e poi ho deciso di farle indossare alla mia protagonista. Ora sono in una teca di vetro sulla libreria in camera da letto. Quelle scarpe sono diventate la caratteristica di Lolita: la commissaria in tacco 12, che non ha timore di andare in ufficio o di fare gli inseguimenti così».
Non è un po’ un’esagerazione?
«Il messaggio che volevo trasmettere è che per fare il mestiere degli uomini non ci dobbiamo travestire da uomo. E che una donna bella può essere intelligente e preparata, ed essere arrivata a coprire un certo ruolo per merito e non per scorciatoie».
Le donne la amano.
«Sì perché Lolita non è Wonder woman. Ha delle debolezze, viene lasciata dagli uomini, è sfortunata in amore. Per rilassarsi quando è nervosa pulisce il bagno, che è una cosa che faccio anche io. Ha un’amica del cuore alla quale racconta ogni cosa, è in contrasto spesso con la mamma e con la sorella, come tutte noi. Poi anche a lei viene il calletto se mette troppo spesso i tacchi alti. E pure lei se mangia la focaccia poi si trova 2 chili sulla bilancia».
Al contrario di Lolita che fa carriera, lei prima di diventare scrittrice ha deciso di fare la casalinga.
«La mia è stata una scelta precisa. Sempre contro gli stereotipi. Volevo coltivare la mia anima con le letture e le mostre d’arte e prendermi cura della famiglia e dei miei figli. È chiaro che non è stato facile, soprattutto a metà degli anni ’80 quando le ragazze puntavano all’indipendenza e all’autonomia e la mia generazione era la prima a entrare, a differenza delle madri, in modo massiccio nel mondo del lavoro. Io ho fatto questa scelta al contrario e non nascondo che spesso le amiche, che facevano il medico o l’ingegnere, quando ci incontravamo mi guardavano con compatimento. Finché un giorno una di loro, quando ha visto che pubblicavo dei libri, mi ha detto: “Quindi anche tu avevi delle capacità!”» (ride).
E i lettori fan di Lolita cosa dicono del fatto che ora è in tv?
«Ah, loro erano già pronti sul divano quando hanno cominciato a passare i primi spot!».
Lolita Lobosco in libreria
Anche tu sei rimasta conquistata da Lolita Lobosco in tv? Scommettiamo che amerai i romanzi di cui è protagonista la vicequestore di Bari: Gabriella Genisi ne ha scritti 8, tutti editi da Sonzogno (la serie per adesso è ispirata a 4, sotto le copertine).
Ed è uscito ora il romanzo La regola di Santa croce, l’ultima avventura di un’altra sua eroina: Chicca Lopez, marescialla dei Carabinieri, protagonista di una serie, sempre ambientata in Puglia, pubblicata da Rizzoli. Il primo romanzo della serie, del 2009, è Pizzica amara.