Il cantante foggiano, classe ’91, è il vincitore delle Nuove Proposte della settantunesima edizione del Festival di Sanremo. Luca Gaudiano, con la sua Povere da sparo, si è rivelato nella serata di venerdì 5 marzo primo al televoto e in classifica demoscopica e con un solo punto di percentuale in meno rispetto a Wrongonyou per il voto della sala stampa che ha infatti assegnato a lui il premio della critica. Una vittoria dedicata al padre Ciro, scomparso due anni fa per un tumore. Lui, che gli aveva regalato la prima chitarra a 15 anni, lui che lo aveva spronato a intraprendere questa carriera.
Come è stato vivere la finale?
C’era un’atmosfera caldissima. Siamo arrivati a ieri sera dopo un percorso lunghissimo insieme, anche televisivo, che ha approfondito la nostra conoscenza. C’è tantissima stima tra noi quattro finalisti e io stesso per primo ho cantato a squarciagola le loro canzoni. Non ho sentito la tensione, volevamo vivere al massimo quest’ultima serata con uno spirito di unione. Ognuno di noi ha dato il meglio.
Quattro canzoni tutte ricche di emozioni, che cosa ne pensi?
La chiave credo sia stata proprio quella. Io sono onorato di essermi confrontato con loro. Credo fortemente nel concetto di verità. Sono tutte canzoni vere.
Come è nata Polvere da sparo?
È la canzone che non avrei mai voluto scrivere, ma è anche il brano che mi ha permesso di parlare di questi temi, oggi, a Sanremo. È nata di getto, mentre uscivo da un periodo difficilissimo, al centro del quale c’era solamente l’assenza di mio padre. Io e lui avevamo un rapporto speciale. I momenti insieme sono diventati immagini, le immagini si son fatte spazio e io ho deciso di custodirle, per parlare di lui, di noi, del dolore e della mia rinascita.
L’emozione dopo la vittoria?
Ho chiuso gli occhi molto tardi. L’adrenalina mi ha portato a vivere con emozione la serata e dentro di me ero molto euforico. Chiaramente la situazione che stiamo vivendo ci ha costretto a non festeggiare. Sono tornato in stanza e ho cercato di interiorizzare quello che stava succedendo. E anche ora faccio fatica a realizzare che quel ragazzo sui giornali con il premio in mano sono io.
Quando hai riacceso il telefono cos’è successo?
Quando ho riacceso il telefono mi è arrivato tantissimo amore. Non ho vinto da solo, ma grazie a un’armata di persone che ha preso a cuore la mia canzone e la mia storia. Polvere da sparo è nata da un momento di ispirazione in cui ho dovuto parlare della verità. La verità è stata la carta vincente.
Come è nata Polvere da sparo?
È la canzone che non avrei mai voluto scrivere, ma è anche il brano che mi ha permesso di parlare di questi temi, oggi, a Sanremo. È nata di getto, mentre uscivo da un periodo difficilissimo, al centro del quale c’era solamente l’assenza di mio padre. Io e lui avevamo un rapporto speciale. I momenti insieme sono diventati immagini, le immagini si son fatte spazio e io ho deciso di custodirle, per parlare di lui, di noi, del dolore e della mia rinascita. Questo è “Polvere da sparo”.
Il dolore passa da un ritmo coinvolgente.
La canzone ha un contrasto di suono e testo ricercato. Non volevo sottolineare la drammaticità con il suono. Abbiamo deciso di creare una ritmica frizzante per trasportare una certa emozione. Sono molto impulsivo quando succedono cose importanti che segnano la mia vita. La morte di mio padre è stato un evento traumatico a cui ho cercato di dare una forma. Ancora oggi faccio fatica a metabolizzarlo, cerco di reggere con il massimo dell’espressività. Bisogna tenere sempre presente che quando ti tocca il lato emotivo è difficile rimanere calmi. A volte divento aggressivo verso me stesso.
Hai una formazione che parte dal musical, ne sei rimasto influenzato?
Il maestro Gino Landi è stata la persona che più mi ha formato attraverso la sua storia. Mi ha insegnato come stare sul palco, partendo dal teatro. Ho acquisito sicurezza che non posso non come riconoscere come fondamentale anche oggi.