«Mi ha fatto piacere tornare al Festival di Sanremo per lanciare Belcanto, dopo esserci stato con i ragazzi di Mare Fuori: è il segno che la mia carriera anno dopo anno continua ad andare». Giacomo Giorgio è soddisfatto di poter fare, e bene, il lavoro che ama e che si è scelto tra tanti sacrifici. Nonna Melina gli dava di nascosto i soldi per pagarsi le lezioni di recitazione. A nonno Carlo, invece, deve la passione per l’opera, in particolare per il Nabucco di Verdi. Anche per questo è felice di partecipare alla nuova serie Belcanto, dal 24 febbraio in prima serata su Rai 1: una storia di riscatto nel mondo dell’opera di metà ’800 con protagonista Vittoria Puccini, dove lui interpreta un intellettuale rivoluzionario. E che si chiude proprio con Va, pensiero. «Una coincidenza che mi ha emozionato, anche perché mio nonno purtroppo non c’è più» confida il 26enne attore napoletano.

Giacomo Giorgio nella serie Belcanto

Cosa l’ha colpita di Belcanto?

«È una serie magnifica e attuale: c’è dentro la grande contrapposizione tra la tecnica e lo studio da un lato, il talento puro e sgraziato dall’altro. Come se oggi ci chiedessimo: è stato un tennista più forte Roger Federer o Rafael Nadal che, pur non avendo la stessa predisposizione, con l’allenamento è arrivato al suo livello? Raccontiamo una sorta di X Factor dell’800, inserito nel contesto tutti gli eventi politici che conosciamo».

Il suo personaggio, Enrico De Marchi, chi è?

«Un letterato convinto che la rivoluzione si debba compiere senza armi ma con le idee, perché sono queste che cambiano il mondo. Anche se poi finirà per impegnarsi in prima linea nella rivolta contro gli austriaci delle Cinque Giornate di Milano».

Giacomo Giorgio in una scena della serie Belcanto su Rai 1
Giacomo Giorgio in una scena della serie Belcanto su Rai 1.

Somiglia al personaggio che interpreterà nel film tv Carosello in Love?

«Il mio Mario Zanardi è ispirato ai registi storici di Carosello. È un uomo che per tutta la vita ha provato a fare grande cinema e finisce per fare arte in un altro senso: quei filmati erano piccole opere d’arte e sono entrate nel cuore di migliaia di italiani. Una bellissima storia, impreziosita dall’amore con Laura, interpretata da Ludovica Martino: si amano dal primo momento, ma la vita li porta altrove. Dopo 20 anni si ritroveranno, scoprendo che quel sentimento non è mai cambiato».

«Sono innamorato ma non rivelo di chi»

Lei crede all’amore che dura per sempre?

«Sono convinto che si possa stare insieme tutta la vita, ma trovo più romantico l’amore alla Lancillotto e Ginevra o alla Paolo e Francesca: nel mondo esiste una persona sola verso cui puoi provare un sentimento che non subisce il passare del tempo, perché è fuori scala e dopo anni può sconvolgerti con un solo sguardo. Una persona che non per forza diventa tua moglie, eppure basta ritrovarsela davanti per non capirci più niente, sentirsi goffi, ridicoli, stupidi».

Oggi è innamorato?

«Sì. Non ho mai detto di chi, forse un giorno lo farò, ma per ora ci tengo a proteggere la mia vita privata».

Che effetto le fa, invece, l’amore delle fan?

«Mi fa piacere che seguano il mio lavoro, ma non sono il tipo che sente di dover piacere a tutti. Non ho bisogno del riconoscimento costante. Guai a lasciar passare il messaggio che per diventare popolare bisogna stare sempre al centro dell’attenzione, frequentare un certo tipo di feste, salotti, case di moda. Tutto questo non c’entra niente con il mestiere dell’attore».

Giacomo Giorgio: genio e “regolatezza”

Mestiere che fa rima con genio e sregolatezza?

«Per me genio e “regolatezza”, semmai, perseguo una disciplina quasi militaresca. Non potrei mai sentire di stare improvvisando, studio tutto nei minimi dettagli, compresi gli accenti. Sarò malato di perfezionismo, ma ci tengo a fare meglio che posso».

Perché ha deciso di fare l’attore?

«Quando da piccolo ho visto Papillon, con Steve McQueen e Dustin Hoffman, sono rimasto scioccato. Poi ho sempre avuto una forte immaginazione, mi immedesimavo nei personaggi dei film che vedevo. Mi capita ancora, di recente con il Bob Dylan di A Complete Unknown».

Il rapporto col successo (e col fallimento)

Riesce a dirsi bravo?

«Ho uno sguardo sempre critico su di me, ma mi rendo anche conto che tutto quello che ho fatto finora non è scontato, specie per la mia età. Ho fatto tante cose in poco tempo e ne ho altre in arrivo tra cinema e teatro, ci tengo a scegliere bene».

Come lo fa?

«L’emotività, quando leggo un copione, vince su ogni ipotetico piano di carriera».

Come vive, invece, il fallimento?

«Ho ricevuto tanti rifiuti ai provini, anche dopo Mare Fuori. Cerco di reagire positivamente, un regista sceglie un attore secondo mille variabili… Ultimamente poi chiamano influencer e cantanti per fare il nostro mestiere, che invece richiede formazione e studio».

Giacomo Giorgio tornerà in Mare Fuori 5

La rivedremo in Mare Fuori 5, a marzo, vero?

«Ci sarò ancora, in qualche scena, per riconoscenza verso una serie che mi ha dato tanto, mi ha permesso di fare quello che ho fatto dopo. E per affetto nei confronti del personaggio di Ciro, che ho amato moltissimo. Non sopporto gli attori che dopo un po’ di visibilità poi si sentono Marcello Mastroianni o Sophia Loren».

Come ne spiega il grande successo?

«Mare Fuori è andato ben oltre la bravura di attori, sceneggiatori, registi: è entrato nel cuore del pubblico perché non abbiamo raccontato né il bene né il male, ma ragazzi che hanno sbagliato, genitori che hanno sbagliato ancora prima e un contesto molto difficile».

Il ruolo che sogna di interpretare

Chi è Giacomo quando nessuno lo guarda?

«Uno che vede due film al giorno. I miei modelli sono Marlon Brando, Daniel Day-Lewis e Marcello Mastroianni. Suono la chitarra, amo disegnare, leggo abbastanza. Ho appena finito il saggio I tre usi del coltello del regista David Mamet: è controverso e provocatorio, perciò interessante».

Come si protegge dall’ondata di popolarità?

«Con l’umiltà. Con il sostegno della mia famiglia. E poi con la consapevolezza che il ruolo della vita ancora non è arrivato».

C’è un personaggio che sogna?

«Batman. È il mio preferito sin da bambino».