«Vai con le domande, sono prontissimo». Gianni Morandi ride spesso e gesticola con le mani gigantesche. Di persona è esattamente come te lo aspetti: cordiale, entusiasta e pieno d’energia, pronto a prendersi in giro. Deve essere questo il suo segreto, visto che a quasi 73 anni (li compie l’11 dicembre) la sua carriera è inarrestabile. Ha appena spopolato nel video Volare con Fabio Rovazzi, è tornato a recitare nella fiction di Canale 5 L’isola di Pietro con ottimi ascolti, vanta 2 milioni e mezzo di follower sulla pagina Facebook dove interagisce personalmente con i fan. E il 16 novembre esce il suo album numero 40, D’amore d’autore: 8 inediti firmati da altrettanti autori, tra cui Ligabue, Ivano Fossati, Giuliano Sangiorgi e, in più, un duetto con Fiorella Mannoia sulle note di Onda su onda di Paolo Conte. Da fine febbraio, poi, il Gianni nazionale sarà protagonista di un tour densissimo.
La fiction, un nuovo disco, un tour: non si stanca mai?
(ride, ndr) Ogni tanto mi ripeto che forse è l’ora di smettere, poi cambio idea, è difficile dopo una vita come la mia. A me piace stare tra la gente e cantare sul palco, ho paura solo di diventare patetico. Ma poi guardo Charles Aznavour, Mick Jagger, Paul McCartney e mi dico che, finché c’è chi ha voglia di ascoltarmi, ne vale la pena.
Come primo singolo ha voluto Dobbiamo fare luce di Luciano Ligabue.
È una bella canzone che scivola via bene. Con lui ho giocato tante partite di calcio nella Nazionale cantanti, è una persona solida e un ottimo musicista, mi fa piacere che abbia scritto per me.
Tra i suoi autori ha scelto anche due donne, Elisa e Levante.
Elisa la seguo, e mi pare che dopo l’esperienza da coach ad Amici abbia acquisito più personalità, Levante è stata una sorpresa, una delle nuove cantautrici più interessanti.
Le piace lavorare con le donne?
Molto. Ho cantato un po’ con tutte, da Laura Pausini a Giorgia, e anche con le colleghe della mia generazione, Mina, Caterina Caselli, Amii Stewart. Nell’album duetto con la mia amica Fiorella, non avevamo mai registrato un brano insieme, ci siamo divertiti a giocare con una vecchia canzone di Paolo Conte. Le donne hanno una sensibilità molto superiore agli uomini, o almeno io credo così.
Lei e sua moglie Anna Dan state insieme da 23 anni e sembrate due sposini.
È un miracolo dell’amore. Quando l’ho incontrata avevo già 50 anni ed ero divorziato da un pezzo (da Laura Efrikian, con cui ha avuto i figli Marianna e Marco, ndr). Tra noi scoppiò qualcosa di particolare, mi fece perdere la testa. Poi siamo maturati e andati avanti, ma sempre con allegria e una chimica pazzesca. Non ho mai avuto voglia di tradirla. Un incontro fortunato. Anche per la mia professione. Grazie alla forza che mi ha dato Anna ho fatto tanti dischi, condotto 2 Festival di Sanremo e oggi sono perfino nel mondo dei social.
Avete anche un figlio, Pietro, che ora ha 20 anni. Com’è stato diventare padre in età matura?
Mi ha reso diverso. I primi 2 figli li avevo cresciuti pensando al mio, un uomo all’antica con una idea di disciplina rigidissima. Con Pietro invece sono stato più morbido, chissà se ho sbagliato. Ora studia Scienze delle comunicazioni, però è andato anche a Londra a sperimentare cos’è il lavoro, ha fatto il salumiere.
Scrive ancora nel diario che tiene da 50 anni?
Certo, ogni sera. Me lo insegnò mio padre, insisteva che io scrivessi, visto che avevo solo la quinta elementare. C’è dentro tutta la mia carriera, a partire dalle prime 500 lire che guadagnai cantando con l’orchestra Scaglioni nel 1958.
I momenti più belli?
I miei tanti viaggi, in Australia, Giappone, Sudamerica, ho fatto concerti in tutto il mondo. O la prima volta che sentii Andavo a 100 all’ora suonata da un jukebox. Ricordo con piacere anche quelli brutti.
Per esempio?
Quei 10 anni, a partire dal 1971, in cui sono scomparso dalla scena musicale. I miei anni di piombo: io ero ancora molto giovane, avevo venduto 25 milioni di dischi, però sembravo già vecchio come cantante.
Un periodo difficile.
Morì mio padre, divorziai da mia moglie, ero in crisi professionale. Ma maturai molto, prima era stato tutto troppo facile. Poi un giorno mi chiamò Mogol: aveva appena rotto con Lucio Battisti e voleva giocare a calcio. Scrisse per me Canzoni stonate e la mia carriera ripartì.
Sassolini da togliersi dalle scarpe?
Nessuno. Non che siano mancate le difficoltà, ma oggi io credo di dover solo ringraziare. Pochi giorni fa è morto il barbiere di Monghidoro, il mio paese, che in bottega mi metteva in piedi sulla poltrona del negozio per farmi cantare: il primo che ha creduto in me. E ci sono tante persone a cui devo molto. Franco Migliacci, Ennio Morricone, Luis Bacalov, Bruno Zambrini, che mi hanno scritto tanti successi. Il mio amico Lucio Dalla. Il mio pubblico. Anzi, se penso a tutto quello che ho avuto, mi sento quasi in colpa. Forse è troppo.
Davvero lo crede?
È che ho avuto tantissima fortuna nella vita. E spesso mi chiedo come mai, se c’è una ragione, se è giusto. Probabilmente dovrò fare i conti, una volta che arriverò lassù, davanti al Padreterno.