Ascoltando Giulia Michelini parlare del futuro, mi torna in mente una scena buffa di Volare, debutto alla regia di Margherita Buy al cinema dal 22 febbraio. Giulia interpreta una giovane madre che, insieme alla protagonista (la stessa Buy), segue un corso per vincere la paura dell’aereo. Alla vigilia della prova di volo viene invitata a non dire più la parola “domani” e a sostituirla con un indefinito “mmh”, per pensarci solo quando sarà il momento. «Per fortuna io non ho fobie così paralizzanti, anche se cerco di non pensare troppo al futuro» racconta la 38enne attrice romana. La sua è più una filosofia di vita che una strategia anti-ansia. «Non voglio avere aspettative, perché ho capito che non fanno bene. Meglio accettare quello che arriva, e accettarsi nella propria incompiutezza».
Un’intensa storia professionale e personale
Non significa rinunciare, anzi. A 38 anni, Giulia Michelini ha un’intensa storia professionale e personale. Ne aveva 17 quando ha debuttato nella serie tv Distretto di polizia, 18 quando ha girato il film Ricordati di me di Gabriele Muccino, 19 quando ha avuto un figlio che ha poi cresciuto da madre single. Senza mai abbandonare il set. Ha recitato in tante fiction di successo, come R.I.S. – Delitti imperfetti e Squadra antimafia – Palermo oggi, ma dopo Rosy Abate – La serie, nel 2019, si è un po’ defilata. «Ero stanca di fare le stesse cose. È un sacrificio scartare lavori che danno visibilità, ma ora preferisco scegliere progetti che mi convincono e corrispondono di più, anche se non ho un ruolo da protagonista».
Intervista a Giulia Michelini
È un momento di svolta?
«Sicuramente di riflessione. Avrei potuto cavalcare il successo, ma ho sentito il bisogno di guardare di più a me stessa. Mi sono presa la libertà di fermarmi per cambiare, e fare un salto di qualità. Dopo 20 anni ho intravisto un bivio: prendere la strada più facile, continuando come prima, oppure rischiare scommettendo su qualcosa che potrebbe anche non arrivare».
Il film di Margherita Buy evoca anche la paura di volare nel senso lato di essere liberi?
«Assolutamente sì. È il timore di lasciarsi andare. Io stessa, maturando, lo sento di più: sono meno incosciente, e non so se è un bene. A volte è un freno più psicologico che reale. Ho paura di spingermi a fare cose nuove e scoprire di non esserne capace, di dovermi confrontare con i miei limiti. L’unica cosa che mi spaventa dell’età è l’idea di non saper più mordere la vita».
Eppure si è sempre definita una “matta”.
«È un’etichetta che mi hanno affibbiato soprattutto gli altri, ma è vero che essere attiva – ora non potrei più dire spericolata – mi tira su. È il mio modo di cercare la leggerezza, di sdrammatizzare. Scuola Buy, insomma. È stato molto bello lavorare con Margherita. Trovo che sia una donna potentissima anche se si presenta con quell’aria fragile che conosciamo. È autoironica, cosa rara. Profonda eppure leggera».
Com’è nata la vostra collaborazione?
«Mi aveva proposto un provino con quella timidezza che ha lei, come se avesse paura di darti fastidio. Poi scopri che è dritta, che da regista sa bene cosa vuole. Ed è una con cui non ti annoi mai: solare, stimolante, divertente».
Lei ha debuttato a 17 anni. È vero che i suoi genitori, entrambi magistrati, hanno fatto inizialmente fatica ad accettare la sua scelta?
«Ho sempre visto i miei come persone “giovani” e di mentalità aperta, hanno vissuto le battaglie degli anni ’60 e contribuito alla formazione mia e di mia sorella. Quando ho detto loro di voler fare un’esperienza televisiva ero un’adolescente, hanno ceduto solo dopo molte discussioni. Era capitato per caso, mi sono ritrovata io stessa in un vortice imprevisto».
Faceva ginnastica artistica e un giorno Gabriele Muccino l’ha fermata davanti alla palestra…
«Esatto. Feci un provino ma aspettai un paio di anni prima di lavorare con lui in Ricordati di me. Ero una ragazzina e all’inizio era tutto un gioco, avvolto in un alone di irrealtà. Partecipai ad altri casting e capii che si faceva sul serio solo dopo aver provato, con Claudia Pandolfi, la scena di una lite tra sorelle per Distretto di polizia. Lei mi chiese se poteva toccarmi fingendo di darmi uno schiaffo. E quel contatto fisico fu il segnale che qualcosa stava succedendo davvero».
Cosa le ha fatto capire che sarebbe stata la sua strada?
«In realtà non c’è mai stato un confine tra il gioco e la scelta professionale. Fin dall’inizio l’ho vissuta come una bella esperienza, che mi dava emozioni, e che potevo ripetere a richiesta».
Mai pensato di fare altro?
«Tutti i giorni! Spesso mi sveglio con un’idea nuova in testa, ma sono fantasie che poi non metto in pratica. Ho una grande passione per gli animali, per esempio, e mi piace l’idea di poter mettere su un’attività tipo un agriturismo, meglio ancora se vicino al mare. Non escludo un giorno di potermi reinventare».
Ha avuto un bambino a 19 anni – Giulio Cosimo, figlio del velista Giorgio Cerasuolo – continuando la gavetta da madre single. Fiera?
«Anche questo è successo per caso, non avrei voluto rimanere incinta così giovane, ma ho scelto di andare fino in fondo, non so dire se per incoscienza o coraggio. Se tornassi indietro, non cambierei nulla: è l’esperienza più bella della mia vita, quella che mi motiva ad andare avanti oggi. Io e mio figlio siamo cresciuti insieme, forse ho imparato più io da lui che viceversa. Oggi sono libera anche dai sensi di colpa. Come donna, figlia, madre».
Si è sentita meno libera, invece, di vivere l’amore avendo un figlio piccolo?
«Forse inconsciamente ho sempre protetto il nostro nucleo, ma non posso dire di essermi fatta mancare qualcosa. Sono stata prudente, in quanto madre single, però di storie – sbagliate e non – ne ho avute e sono state anche durature. La mia vita era talmente piena, e uscivo da una relazione così complicata, che non ho più messo gli uomini al centro del mio percorso. A parte mio figlio».
Fra qualche mese compirà 39 anni. Cosa si augura in vista dei 40?
«Spero sia l’età giusta per raccogliere i frutti. Mi auguro di conquistare la libertà di essere me stessa, di dire la mia quando sento che è importante. Pur non amando i social, pur postando ben poco perché non voglio che diventi una celebrazione fine a se stessa, non riesco a stare zitta sulla guerra e su altri temi più grandi di me che mi infuocano».