L’amministrazione Biden, appena insediata, ha già confermato che, tra le priorità, c’è quella di «accelerare il rilascio di banconote da 20 dollari con l’immagine dell’abolizionista Harriet Tubman», dopo che Donald Trump, durante la sua presidenza, ha ritardato (rimandato e scartato) il procedimento iniziato dal democratico Barack Obama. Il Tesoro americano ha fatto sapere che è già tutto pronto per posizionare l’eroin,a icona della lotta alla schiavitù, sulla moneta statunitense. «È importante che le nostre banconote e i nostri soldi riflettano la storia e la diversità del nostro Paese, e l’immagine di Harriet Tubman che abbellisce la nuova banconota da 20 dollari lo farà sicuramente al meglio», ha commentato il portavoce dell’ufficio stampa della Casa Bianca Jen Psaki rispondendo ai giornalisti che chiedevano quali fossero i primi dieci progetti di Biden.
In realtà il “cambio” che vorrebbe il neo presidente non è così semplice come si potrebbe immaginare perché «Ci sono fattori di produzione che devono essere tenuti in considerazione affinché il disegno di legge venga approvato prima del 2028: la banconota con l’immagine della Tubman dovrà infatti essere stampata presso un nuovo impianto ad alta velocità, che però non entrerà in funzione se non nel 2025», ha precisato la CNN.
Ora scopriamo chi è Harriet Tubman, la donna scappata da giovane dalla schiavitù e diventata un’attivista politica e abolizionista aiutando centinaia e centinaia di schiavi a fuggire verso la libertà.
La Tubman, nata nel Maryland tra il 1820 e il 1825 (lei stessa non era certa dell’anno di nascita) era la più grande di sei fratelli e, come capitava spesso nelle grandi famiglie, la madre aveva poco tempo da dedicare ai figli e Harriet doveva quindi prendersi cura dei fratelli più piccoli. A soli sei anni fu venduta ad una certa Miss Susan, per fare da tata al figlio e, ogni volta che il bambino si svegliava piangendo, lei veniva picchiata e frustata.
Harriet Tubman ha lavorato anche in molte piantagioni di cotone, dove doveva controllare le trappole per i topi, e dove purtroppo ha contratto il morbillo, una malattia letale nell’800: si ammalò a tal punto che venne persino restituita! Per poi essere venduta di nuovo. Dopo vari episodi di violenza (e altrettanti tentativi di fuga) riuscì a scappare dalla piantagione dove era schiava per andare in Pennsylvania. Era il 1849 e da quel momento qualcosa cambiò perché nel decennio successivo fece ben 13 viaggi (tutt’altro che semplice allora) nel Maryland per liberare gli schiavi.
Durante la guerra civile, la Tubman fece la spia, l’infermiera e la cuoca per l’esercito americano. E nei suoi ultimi anni fu persino coinvolta nel movimento per il suffragio femminile. Pensate che l’abolizionista William Lloyd Garrison (poco conosciuto in Italia ma un’istituzione in patria) le affibbiò il nome di Mosè: un chiaro riferimento al profeta che condusse gli ebrei fuori dall’Egitto, secondo l’Antico Testamento. E Mosè era anche il suo nome in codice durante le operazioni di salvataggio degli schiavi: la sua vera identità e le sue missioni erano un segreto custodito gelosamente dai suoi collaboratori.
Il suo più grande lascito? «La libertà di essere liberi», come disse la stessa Harriet Tubman pochi anni prima della sua morte nel 1913.