Il principe Harry è arrabbiatissimo con i tabloid inglesi e in modo particolare con il Mail on Sunday che, insieme alla duchessa di Sussex, porta in tribunale per abuso di informazioni private, violazione del copyright e violazione del Data Protection Act. Proprio mentre Meghan Markle grazie al Royal tour in Sudafrica, sembrava riguadagnare punti in popolarità da parte della stampa britannica, sul sito ufficiale dei Duchi di Sussex, è stato pubblicato un comunicato stampa al vetriolo: un j’accuse pesantissimo verso una certa stampa “senza scrupoli che distrugge le persone”.
Il principe non ha intenzione di fare sconti questa volta, nonostante l’iniziale elogio alla libertà di informazione: “Sfortunatamente mia moglie è diventata una delle ultime vittime dei tabloid britannici, che si lanciano in campagne contro i gli individui senza pensare alle conseguenze – una campagna senza scrupoli che ha avuto un’escalation nell’ultimo anno, durante tutta la sua gravidanza e mentre accudiva nostro figlio appena nato. C’è un costo umano a questa inarrestabile propaganda, soprattutto quando è consapevolmente falsa e maliziosa, e sebbene abbiamo continuato a fare finta di nulla, non so dove iniziare a descrive quanto sia stata dolorosa. Finora non siamo stati in grado di correggere le continue falsità – cosa di cui alcuni rappresentanti dei media erano consapevoli e l’hanno sfruttata quotidianamente, a volte ora dopo ora. Per questo motivo abbiamo deciso di intraprendere un’azione legale“.
Il secondogenito dell’erede al trono fa chiaramente riferimento al divieto per i membri della Royal Family di replicare pubblicamente alla stampa. Ma ora non le manda a dire e le sue parole contro il Mail on Sunday e il media partner Associated Newspapers pesano come macigni: il Data Protection Act, datato 2018, vieta infatti la diffusione di informazioni personali mentre il famoso tabloid è colpevole di aver pubblicato spezzoni di una lettera inviata da Meghan al padre che lo invitava a non cercarla più e a smettere di parlare con gli stessi media.
“Sono stato un testimone silenzioso della sua sofferenza in privato troppo a lungo. Stare in disparte e non fare niente andrebbe contro a tutto ciò in cui crediamo. Si arriva a un punto in cui bisogna scendere in campo contro questo comportamento“, scrive il principe Harry aggiungendo che i costi della denuncia verranno sostenuti privatamente da loro e non peserà sui contribuenti e che, in caso di risarcimento, la somma sarà donata a una charity anti bullismo.
Ma l’affondo finale arriva con la citazione della morte di Lady Diana: “La mia più grande paura è che la storia si ripeta. Ho visto cosa succede quando qualcuno che amo viene mercificato fino al punto in cui non viene più trattato o visto come una persona reale. Ho perso mia madre e adesso guardo mia moglie cadere vittima delle stesse potenti forze“.
Ovviamente in una Gran Bretagna già “sfiancata” dallo scottante tema Brexit l’opinione si è già divisa. Se da una parte c’è chi sostiene il principe a spada tratta per la devozione e il sostegno verso la moglie Meghan, d’altro canto c’è una considerevole percentuale dei sudditi che non crede ai sorrisi dell’ex attrice ed è convinta della sua “chiara propensione alla manipolazione” e che “Harry sia il suo zerbino”.
Non è comunque la prima volta che Harry interviene per difendere la moglie: nel novembre del 2016 Kensington Palace aveva rilasciato un insolito comunicato accusando i media di “sessismo e razzismo” nei confronti dell’attrice americana Meghan Markle che il principe frequentava solo da qualche mese.
“Il principe Harry è preoccupato per la sicurezza della signorina Markle ed è profondamente deluso per non essere riuscito a proteggerla” avevano fatto sapere da Palazzo sottolineando come l’ormai ex signorina in questione fosse diventata oggetto di articoli di cattivo gusto e attacchi sui social media da parte di trolls.
Ma questa non è la prima azione legale che la famiglia reale presenta per motivi di privacy. Nel 2012, Kate Middleton e il principe William fecero causa a una rivista francese che aveva pubblicato le foto del suo topless in una villa isolata. Causa vinta con un risarcimento di 100 mila euro cinque anni più tardi.