*Le recensioni di Alessandra Appiano che leggerai in questo articolo sono le ultime che la scrittrice, collaboratrice storica di Donna Moderna, ha scritto per noi prima di andarsene. Le conserviamo insieme a tutti i (bellissimi) ricordi che ci ha lasciato.
“Corniche Kennedy” di Maylis de Kerangal (Feltrinelli), letto da Gaia Manzini
È scrittura del corpo quella di Maylis de Kerangal. Non solo quando parla del cuore, come in Riparare i viventi, ma anche qui sulla Corniche Kennedy che dà il titolo a questo libro del 2008, uscito solo ora per Feltrinelli. La corniche è il bordo dove Marsiglia si sbilancia verso il mare, “soglia magnetica”, “linea di fuga planetaria” che è sempre dentro a qualcosa, sempre in mezzo alla vita che spicca il volo. Leggere il romanzo di de Kerangal è come stare immersi nella luce scintillante del Mediterraneo a seguire i movimenti guizzanti di Suzanne, Eddy, Mario, Loubna e tutti gli “stronzetti” che ogni pomeriggio vengono sul lungomare per tuffarsi. Tuffi da tre, da sette, da dodici metri. I loro movimenti lenti, carichi di maestà e poi sempre più veloci, sempre più urlati. La loro voglia di stare soli di fronte all’orizzonte, la sfida al mondo in ogni salto. Quell’esperienza inebriante, non tanto di cadere, ma di essere contenuti nel cielo per un attimo. E per un lunghissimo attimo coincidere con tutto ciò che è intenso, rapido e leggero. Leggere di questi ragazzi è come tuffarsi insieme a loro. Tornare adolescenti, pronti alla conquista. Perché questo libro è un inno alla giovinezza e alla sua lingua vibrante. Non ci interessa che nel corso del romanzo un commissario, Sylvestre Opéra, provi a impedire quei tuffi. Anche noi vogliamo tornare al più presto sul trampolino di pietra. Tornare là, per riprovare la sensazione di diventare adulti semplicemente con un salto verso il blu.
“Spifferi” di Letizia Muratori (La nave di Teseo), letto da Alessandra Appiano
Sei storie di fantasmi veri o presunti, dove l’invisibile soffia come una brezza leggera e si presenta come suono, come speranza, o come persona. Sei racconti uniti da una scrittura ironica e lieve, che mischia di continuo realtà e immaginazione: c’è chi brama per riportare in vita qualcuno e chi invece vuole solo fuggire dai ricordi. La Muratori costruisce con maestria una trama di legami imprevedibili, dove vince la magica forza dei desideri.
“Salvare le ossa” di Jesmyn Ward (NN Editore), letto da Paolo Armelli
Salvare le ossa di Jesmyn Ward (NN Editore) è il racconto potente di un’umile famiglia afroamericana che va incontro con spavalda incoscienza al disastro ambientale e umano che è stato l’uragano Katrina del 2005. Nella città fittizia di Bois Sauvage vediamo muoversi, nei 10 giorni precedenti l’arrivo della tempesta, i fratelli Batiste: 4 ragazzi affamati di molte cose ma soprattutto di quella stessa vita che li ha privati della madre e abbandonati in un ambiente selvaggio, rabbioso, già di per sé disastrato. Fra loro vediamo soprattutto Esch, 14enne che fatica ad affermare la sua emergente e complessa femminilità in un mondo maschile, violento, noncurante. La scoperta di essere incinta e i sentimenti contrastanti che prova la rendono una novella Medea, tradita dall’amato Giasone e in lotta con un destino che la vuole schiacciare. La scrittura di Ward si fa spesso mitologica, straniante, espressiva a tal punto da avvinghiare il lettore come i serpenti d’acqua che popolano le paludi attraversate dai personaggi. E poi c’è l’evento senza ritorno: la tempesta dal nome di donna che arriva a travolgere il mondo e a dargli un nuovo, desolato volto. «Appenderò i frammenti sopra il letto in modo che brillino nel buio e raccontino la storia di Katrina, la madre che è entrata nel golfo come una regina per portare la morte» dice Esch con parole che legano ineluttabilmente regalità, fecondità e distruzione.
“A casa di Jane Austen” di Lucy Worsley (Neri Pozza), letto da Alessandra Appiano
L’esistenza di Jane Austen fu ben diversa da quella delle sue eroine che abitavano in incantevoli cottage o in residenze di campagna principesche. Con i romanzi non guadagnava abbastanza per avere una casa tutta sua: dopo la morte del padre si trovò a peregrinare tra abitazioni in affitto o presso parenti serpenti. Un libro sulle “mancanze quotidiane” della grande scrittrice, che la portarono a elevare ad arte la felicità domestica.
La treccia (EditriceNord) di Laetitia Colombani, letto da Isabella Fava
Smita è una intoccabile di un villaggio dell’Uttar Pradesh, in India. La sua è una vita già segnata: dalla povertà, dalla mancanza di diritti, da una sorte che è stata immutabile per sua madre e sua nonna. Ma per sua figlia piccola Smita sogna un destino diverso: Lalita è forte, sa già cos’è la dignità e imparerà a non piegarsi. Giulia lavora nel laboratorio di famiglia a Palermo, in Sicilia, dove fanno parrucche che esportano in tutto il mondo. Giulia ha mani abili e un cuore aperto che batte per uno straniero con la pelle scura e morbida e gli occhi celesti. Sarah fa l’avvocato a Montréal, in Canada, ha 3 figli e 2 ex mariti. È una dura, ha sacrificato tutto per la carriera e ha lasciato il mondo fuori dalla porta. Ma una malattia la mette in ginocchio e le dà la possibilità di riconsiderare alcune cose. Tre donne, tre vite differenti, lontanissime fra loro, eppure con tante cose in comune. Proprio come nella treccia che dà il titolo al romanzo d’esordio di Laetitia Colombani, che ha vinto il Prix Relay e in Francia è stato per 1 anno in classifica. L’autrice racconta di sofferenze, di voglia di farcela e, sebbene possa sembrare una parola abusata, di resilienza. Riesce abilmente a unire storie differenti usando registri diversi e facendoci immergere nelle atmosfere che circondano le protagoniste. Ci sono la polvere e lo sporco, i colori vivaci e l’accalcarsi frenetico della gente dell’India, il caldo e il sole di Palermo a mezzogiorno, il freddo asettico nelle strade, negli uffici e dentro i cuori degli abitanti di Montréal. Alla fine le esistenze delle tre donne si incontreranno. Come, lo scoprirai solo leggendo.
“La bambina che trovava le cose perdute” di Patrizia Emilitri (Sperling & Kupfer), letto da Alessandra Appiano
A Vier, un borgo magico in provincia di Trento, Noemi possiede una vineria. E possiede anche, sin da bambina, un altro dono: quello di far ritrovare alle persone gli oggetti smarriti. Così, quando la scultura che domina la piazza del paese, una specie di portafortuna della collettività, sparisce, la sua missione diventa chiara… Una favola delicata che indaga il potere dei simboli, a cui sono legati i nostri destini.
“Quello che non sappiamo” (Cairo) di Annarita Briganti, letto da Isabella Fava
Usiamo le chat e a volte ci innamoriamo scambiando messaggi con qualcuno che magari non abbiamo mai visto. Lo strumento freddo della tecnologia può far cadere le barriere, perché dietro lo schermo di un computer è più facile fare discorsi che di persona non avremmo il coraggio di affrontare. Il linguaggio diventa diretto, senza responsabilità né conseguenze. Ma è davvero così? Se lo chiede Annarita Briganti nel suo terzo libro Quello che non sappiamo (Cairo) che, dice la stessa autrice, si può leggere come una lunga chat. In questo confronto verbale, che avviene via posta elettronica e ha il ritmo di una partita di tennis, ci sono Ginger e Paulo. Ginger (zenzero in inglese, e qui tanti sono gli accenni alle spezie che danno sapore alla vita) riceve una mail misteriosa. Un errore, un messaggio che non doveva essere indirizzato a lei. Decide di stare al gioco, un po’ per curiosità, un po’ per sentirsi meno sola. E poco alla volta instaura con questo sconosciuto un rapporto intimo fatto di parole e sottintesi. Dove chi emerge alla fine è lei con le sue verità. Perché «scrivere è una forma di esposizione, di messa a nudo, un salto nel vuoto. È capire di cosa siamo fatti». I fan di Annarita Briganti ritroveranno in questo libro Gioia (Ginger, scopriremo, è il suo nickname sul web), già protagonista dei 2 romanzi precedenti. E partiranno di nuovo con lei alla ricerca dell’amore e della felicità.
“Vorrei che fosse già domani” di Miriam Candurro, Massimo Cacciapuoti (Garzanti), letto da Alessandra Appiano
Dopo un grave incidente, Paolo ha perso il senso dell’orientamento, e nei corridoi del liceo Tito Livio di Napoli cerca i post-it dove ha scritto le coordinate per arrivare in classe. Ma quando, per caso, trova i dolcissimi occhi di Cristina, ogni cosa riprende il suo posto. Per ritrovare la bussola della vita, non c’è niente di meglio dell’entusiasmo dato da un incontro magico. Un romanzo sulle infinite rinascite attraverso l’amore.
“Beata solitudine” di Vittorino Andreoli (Piemme), letto da Alessandra Appiano
L’unica azione rivoluzionaria che può riportare equilibrio alle nostre vite stressate è il silenzio. La migliore cura disintossicante, in tempi di informazione drogata, resta quella di “guardarsi dentro”. Dando ascolto all’esigenza di ritrovare una dimensione contemplativa, per accogliere «quel monaco che si nasconde nel profondo di ciascuno di noi». Un libro che traccia un percorso di salvezza lontano dalla confusione del mondo.
“Notturno salentino” di Federica De Paolis (Mondadori), letto da Alessandra Appiano
Nella sua villa nel Salento, Livia trascorre una vacanza da privilegiata. Il marito è assente per lavoro, ma con lei ci sono i figli piccoli e 2 donne che l’aiutano nelle faccende di casa. Un giorno, in un pozzo della tenuta, viene trovato il corpo di Antonio, un fabbro sciupafemmine. Come in un film di Hitchcock, vediamo una vita “normale” trasformarsi in incubo, uno specchio rotto che rimanda solo immagini inquietanti.