«Ero esasperato con il principe Harry». Inizia così sul New Yorker il racconto del giornalista J. R. Moehringer, il ghostwriter di Spare, il libro autobiografico del principe Harry che, con le rivelazioni e le accuse contenute al suo interno, ha messo in difficoltà la monarchia britannica.
In un articolo pubblicato sul prestigioso quotidiano statunitense, l’autore – che ha scritto il libro ma non lo ha firmato – rivela come è arrivato a scrivere il memoir del duca di Sussex e tutto quello che è accaduto durante la stesura.
Chi è J. R. Moehringer
Prima di Spare, Moehringer aveva vinto un premio Pulitzer. Nel 2005, il suo primo romanzo autobiografico, Il bar delle grandi speranze, aveva avuto così tanto successo da diventare un film. Il giornalista è anche autore di Open, l’autobiografia del tennista Andre Agassi diventata un bestseller. Nel caso del libro autobiografico del principe Harry, il nome di Moehringer avrebbe dovuto rimanere segreto. Ma così non è stato, e il giornalista ne sta subendo le ripercussioni anche nella vita privata. Da qui la decisione di raccontare in un articolo i retroscena dietro il libro diventato campione di incassi.
Le liti con Harry durante la stesura del libro
Moehringer rivela di aver lavorato al libro con il principe Harry nell’estate del 2022. Non sono state tutte rose e fiori. I due sono arrivati anche a litigare, al punto che il giornalista ha pensato di perdere l’ingaggio. «Per due anni ero stato il ghostwriter del libro di memorie di Harry, Spare, e ora, rivedendo le sue ultime modifiche in una sessione Zoom nel cuore della notte, eravamo arrivati a un passaggio difficile», racconta Moehringer sul New Yorker. Continua: «Harry, al termine di estenuanti esercitazioni militari nell’Inghilterra rurale, viene catturato da finti terroristi. È una simulazione, ma le torture inflitte a Harry sono molto reali».
Il finto rapimento del principe Harry
Il principe Harry viene incappucciato, trascinato in un bunker sotterraneo, picchiato, congelato, affamato, spogliato. I carcerieri indossano passamontagna neri. «L’idea è scoprire se Harry ha la forza di sopravvivere a una vera cattura sul campo di battaglia. Alla fine, i rapitori di Harry lo gettano contro un muro, lo soffocano e gli urlano insulti in faccia», scrive Moehringer. Gli aggressori avrebbero insultato, tra l’altro, anche la madre del duca di Sussex, la principessa Lady Diana. «Artigliare quella ferita specifica, il ricordo della madre morta di Harry, è fuori limite», continua il giornalista, «quando la simulazione è finita, uno dei partecipanti si scusa».
La lite sulle ingiurie contro Lady Diana
E qui sarebbe scoppiata la lite, perché il principe Harry voleva includere nel libro le ingiurie dei carcerieri contro sua madre, e anche la sua reazione. Ma Moehringer non ha voluto scrivere questo episodio. «Finire con quello che ha detto avrebbe annacquato il significato della scena», spiega il giornalista nel suo articolo. Aggiunge che per mesi ha discusso con Harry che continuava a chiedere l’inclusione di quell’episodio. «Ora non stava supplicando, stava insistendo, ed erano le 2 del mattino, e stavo iniziando a perdere. Ho detto: “Amico, ne abbiamo parlato”», racconta Moehringer. Che continua: «Anche se questa non era la prima volta che io e Harry litigavamo, era diverso. Sembrava che stessimo precipitando verso una sorta di rottura decisiva, in parte perché Harry non diceva più niente. Stava solo fissando la telecamera».
Perché Harry voleva includere nel libro le offese a sua madre
«Alla fine Harry ha respirato e ha spiegato con calma che, per tutta la vita, le persone avevano sminuito le sue capacità intellettuali, e questo fatto dimostrava che, anche dopo essere stato preso a calci e pugni e privato del sonno e del cibo, aveva la sua intelligenza. “Oh”, dissi. “OK”. Adesso aveva un senso. Ma ho ancora rifiutato». Il motivo: «Gli ho detto: tutto quello che hai appena detto riguarda te. Vuoi che il mondo sappia che hai fatto un buon lavoro, che eri intelligente. Ma, per quanto strano possa sembrare, il libro di memorie non riguarda te. Non è nemmeno la storia della tua vita. È una storia scolpita nella tua vita. Una particolare serie di eventi scelti perché hanno la massima risonanza per la più ampia gamma di persone. A questo punto della storia, quelle persone non hanno bisogno di sapere altro». Harry ha capito. Dopo un po’ di silenzio, gli ha detto con un sorriso malizioso: «Mi piace davvero farti lavorare così». Ed è finita con una risata.