Una volta c’erano le biografie dei pontefici, oggi la Chiesa è molto più cool in tv. La ricetta funziona e dunque perché non riproporla, in una sintesi perfetta? Prendi un grande romanzo italiano che tutto il mondo conosce, come Il nome della rosa di Umberto Eco. Fanne un affresco storico-blockbuster che non perde il gusto per l’intrattenimento, come I Medici. Infine aggiungi un po’ di reinvenzione nella parabola del frate francescano Guglielmo da Baskerville (John Turturro) che, scortato dal novizio Adso da Melk (il tedesco Damien Hardung, si prevede un futuro da idolo delle teenager), cerca di sbrogliare i misteri ecclesiastico-letterari del monastero insanguinato.
Così come gli accademici hanno storto il naso di fronte a certe “libertà” nella serie sulla famosa famiglia fiorentina, allo stesso modo i puristi di Eco si lamenteranno di correzioni e new entry, soprattutto a favore di una più contemporanea parità di genere: dalla fascinosa fanciulla (Nina Fotaras) presente nelle visioni del giovane protagonista, fino al doppio ruolo di Greta Scarano (Margherita, la madre anti-papato inquisitore, e sua figlia Anna, assente nel libro di partenza). Ma un grande classico si può conciliare con il linguaggio televisivo di oggi?
«Il romanzo è stato rispettato» conferma Turturro, che ha anche collaborato all’adattamento per il piccolo schermo. «L’attualità era già nelle pagine di Eco: gli “uomini forti” al comando, gli scandali nella Chiesa, le donne oppresse dai maschi». L’aggiornamento sta, se mai, nell’iconografia creata dal regista Giacomo Battiato. Se il film con Sean Connery del 1986 puntava su un décor tradizionale, qui ci si lascia andare a uno spirito più millennial, alla “Il trono di spade”. Ecco dunque il monaco Adso con addominali scolpiti da fare impallidire i bellocci da young adult, le ragazze che si mettono a combattere con arco e frecce come in “Hunger games”. Il risultato è a prova sia di pubblico adulto (che ha amato il capolavoro originale) sia delle nuove generazioni.