Ci sono due storie di Inge, come la chiamavano tutti, anche quelli che non erano mai stati a una delle sue famose e ambite cene milanesi. C’è la Inge “pubblica” la fotoreporter che convinceva chiunque a posare per lei e che nel 1958 ha incontrato Giangiacomo Feltrinelli, l’editore miliardario, che aveva pubblicato il Dottor Zivago sfidando la censura sovietica. E c’è la Inge “privata” nata nel 1930 nella Bassa Sassonia da padre ebreo. Entrambe le storie sono da romanzo.
La leggenda vuole che, con Giangiacomo, fu colpo di fulmine. I due si conobbero tramite amici comuni, lei bellissima, corteggiata da tutti, un sorriso contagioso e la predilezione per i vestiti colorati, lui impegnato politicamente. Passarono tutta la notte su una panchina, due anni dopo si sposarono, ebbero un figlio, Carlo Feltrinelli. Giangiacomo morì negli anni del terrorismo, mentre cercava di mettere una bomba su un traliccio dell’Enel. Inge, donna fortissima, mandò avanti da sola la casa editrice di famiglia per poi consegnarla in ottima salute al figlio Carlo.
Nella sua carriera di fotografa e di editore ristrasse Picasso. Frequentò Hemingway. La loro foto insieme sta facendo il giro della rete. Incontrò Fidel Castro. AccompagnòDoris Lessing a comprarsi un vestito per la cerimonia di consegna del Premio Nobel della Letteratura.
La Inge privata è emersa solo nell’ultima parte della sua esistenza. Il padre, ebreo, fuggi in America durante il nazismo. Lei venne affidata a un ufficiale della cavalleria tedesca. «Andavo a scuola in bicletta, passavo davanti ai campi di prigionia. Sentivo la puzza di morte, ma i genitori dei miei amici borghesi erano tutti nazisti e nessuno faceva niente» ha dichiarato. Dopo la guerra tentò di riavvicinarsi al padre, ma lui la respinse.
Amava leggere più di ogni altra cosa al mondo. «I libri sono tutto. I libri sono la vita» diceva. Era impossibile resistere al suo fascino. La ricorderemo per la sua brillantezza di spirito, per il suo coraggio, le sue giacche arancioni. «Era un misto di Audrey Hepburn e Leslie Caron» per dirla con le parole di Carlo Feltrinelli.