«Rosa Balistreri era soprannominata “la voce della Sicilia”. Una donna ribelle, una cantautrice popolare, una femminista ante litteram che rimane d’esempio per tutte le donne che ancora oggi subiscono». Con queste parole l’attrice catanese Donatella Finocchiaro, 54 anni, descrive il suo nuovo personaggio, Rosa Balistreri, che “condivide” con le colleghe Lucia Sardo e Anita Pomario. Si sono passate il testimone per interpretare la cantautrice siciliana in L’amore che ho di Paolo Licata, adesso al cinema, liberamente tratto dalla biografia L’amuri ca v’haju di Luca Torregrossa. C’è anche la sua amica Carmen Consoli nel film, come curatrice delle musiche e come attrice. «Ci siamo chiuse 2 mesi in sala di registrazione con lei che continuava a ripeterci: “No, facciamone un’altra”. Una maestra severa» dice Donatella.

Roma, cinema Adriano, anteprima film "L'amore che ho". Nella foto: Donatella Finocchiaro, Carmen Consoli
Donatella Finocchiaro e Carmen Consoli all’anteprima del film “L’amore che ho”. Foto: IPA

L’amicizia con Carmen Consoli dura da anni.

«La intervistai per il documentario che ho diretto, Andata e ritorno, era il 2011, da lì non ci siamo più mollate. Suo figlio Carlo Giuseppe ha un anno in più di mia figlia Nina (che ne ha 10, ndr), facciamo le feste di compleanno insieme, lei mi ha invitato ad affiancarla prima nel suo disco, poi sul palco: insomma c’è una stima reciproca che con questo film su Rosa Balistreri, personaggio che lei ha sempre cantato reinterpretandone i brani, si è suggellata».

Donatella Finocchiaro su Rosa Balistreri: «Una guerriera, mi ricorda mia nonna»

Cantare in L’amore che ho è stata una sfida?

«Tra le più difficili della mia vita. Cambia il respiro, la postura. Poi, con una coach come Carmen ancora di più, mi ha fatto abbassare la mia tonalità, essendo io un soprano, perché serviva una voce più bassa e a tratti sgraziata, ma sempre piena di forza e capace di vibrati inarrivabili. Rosa era un fenomeno. Ringrazio Carmen, che mi ha portato a cantare le bellissime canzoni di una donna di grande temperamento. Una grandissima artista purtroppo ancora oggi poco conosciuta da Roma in su. Mi auguro che questo film possa essere l’occasione per riscoprire la nostra Amália Rodrigues che negli anni ’60, quelli che interpreto io nel film, ebbe un bel successo e visse un momento di grande riscatto».

L’ha definita “femminista ante litteram”.

«Lo era, non stava bene nel mondo dominato dal potere schiacciante dell’uomo sulla donna. In vita sua ha subìto e patito tanto, eppure diceva sempre “no”. Ai maschi, al marito che la picchiava, agli impresari che sostenevano fosse impossibile che una donna potesse fare la cantautrice. Era una grande guerriera. Combatteva contro i mafiosi, prendeva sempre le parti dei deboli e dei disgraziati. Il suo canto era un atto politico e sociale, derivava da un grido di rabbia e dolore di chi non accetta il ruolo di “zitta e buona”, chiusa in casa, che in quegli anni assegnavano alle donne».

Il cast del film è tutto femminile: sfatiamo il mito che lavorare tra donne sia un incubo?

«Ma quale incubo! Si lavora benissimo. Lo sa il regista Paolo Licata che ci ha guidate, facendoci assomigliare il più possibile negli sguardi, dal momento che ognuna di noi ha interpretato Rosa in epoche diverse».

L’hanno invecchiata?

«Sì, e messo anche un naso finto, c’è voluto parecchio trucco per somigliarle fisicamente».

È vero che questo ruolo le ha dato modo di ripensare a sua nonna?

«Eccome! Nonna Checca la chiamavo, il suo nome era Gaetana. Cresciuta in una famiglia che l’aveva adottata, “figlia della ruota” come dicevano all’epoca, casualmente andò a lavorare in un orfanotrofio e alle suore rubava il parmigiano, la carne, le patate e le portava ai vicini di casa bisognosi. Mio padre mi raccontava sempre questa storia della nonna “Robin Hood”. E poi era una lavoratrice, attivista politica, comunista convinta, mi ha ricordato tanto Rosa e viceversa. È stata sempre una grande ispirazione per me».

Donatella Finocchiaro, 54 anni, di Catania, debutta al cinema nel 2002 in Angela di Roberta Torre. Lavora con Marco Bellocchio (Il regista di matrimoni), Giuseppe Tornatore (Baarìa), Emanuele Crialese (Terraferma), Emma Dante (Le sorelle Macaluso), Roberto Andò (La stranezza). Recita nelle serie tv Squadra mobile 2, Monterossi, I leoni di Sicilia. Foto: IPA

Donatella Finocchiaro, tra carriera e vita privata

In che momento della sua vita e della sua carriera sente di essere?

«Non tiro mai le somme, penso che sono sempre in divenire. Ho appena finito di girare il nuovo film di Elisa Amoruso, felice di incontrare un’altra regista bravissima. Mi ha diretto con Miriam Leone, Tecla Insolia e Stefano Accorsi in Dieci giorni, la mia prima volta in assoluto nei panni di una psicologa. Personalmente feci terapia per un paio di anni quando mi separai dal padre di mia figlia (nata dalla relazione con il regista Edoardo Morabito, ndr), poi a settembre ho ripreso la psicanalisi freudiana. Sono una che lavora molto su se stessa».

Quanto le “costa” la sua carriera in termini di vita privata?

«L’ultimo fidanzato se n’è andato perché non ce la faceva a stare con “una donna che non c’è mai”. Lo capisco, per certi versi. Per altri, però, l’assenza a noi donne non viene perdonata, mentre per secoli sono stati ampiamente sopportati gli uomini che andavano fuori per lavoro. Loro oggi non riescono a fare altrettanto».

Sua figlia Nina cosa dice del suo lavoro?

«Me la sono spesso portata dietro, oggi che ha 10 anni vedo che soffre di più le mie partenze. Crescendo ha più consapevolezza, vive la separazione un po’ peggio di quando era bambina. Ma è una fase, ci abitueremo anche a questo. L’essenziale è che cresca sapendo che la mamma è una donna emancipata, indipendente, che ama il suo lavoro. Le dico sempre: “Preferivi una mamma depressa o una felice come me di fare il suo mestiere?”. Lei lo capisce, ma risponde: “Mamma, però mi manchi lo stesso”».

Foto: IPA

Di rughe, amore e nuove generazioni

Che rapporto ha con il tempo che passa?

«La genetica mi aiuta, mia madre fino al giorno prima di morire non aveva rughe. Rispetto a quando ero ragazza e non amavo lo sport, oggi mi alleno un giorno sì e uno no. Mi piace, stimola la serotonina, mi fa sentire più forte e mi fa stare bene. Faccio ginnastica funzionale, amo muovermi, pratico yoga e sto attenta a quello che mangio, metto il benessere al primo posto. Spero di “durare” il più possibile. Ma posso dire una cosa? Lasciateci invecchiare in pace. E questo vale anche per noi attrici, chi ha detto che dobbiamo essere sempre giovani e bellissime? Basta con quest’ossessione, vedo volti rovinati dalle labbra a palloncino, ma perché rifarsi? Per piacere a chi?».

A proposito di piacere, l’amore oggi per lei è?

«Desiderio e voglia di re-innamorarmi, dopo diverse delusioni che mi hanno creato una sorta di corazza. Ho imparato ad amare la mia solitudine e la bellezza della libertà, sono curiosa, non mi annoio mai, trovo sempre qualcosa da imparare ovunque sono. Da sola oggi sto bene, a parte mia figlia non ho nessuno a cui dare conto. Non ho bisogno di un uomo, mi godo le mie giornate, mi sento più lucida e consapevole di come va vissuta la vita adesso, rispetto a quando avevo 20 anni. Non tornerei mai indietro, non ho più quei tormenti, lo struggimento, l’angoscia. Tutto questo non mi appartiene più, per fortuna».

Le nuove generazioni come le vede?

«Non le invidio, non stanno passando tempi facili. La colpa è anche di noi genitori, non abbiamo educato i nostri figli alle emozioni, a vivere la tristezza, la separazione, l’abbandono, ad attraversare il malessere in modo sano. Bisogna insegnare ad accettare i no, a non anestetizzarsi dietro alcol e droghe. Il guaio è che temo abbiamo sempre dato loro tutto, anzi troppo, e il risultato è sulle cronache di tutti i giorni. Facciamoci delle domande».

Al Riviera International Film Festival il 10 maggio alle ore 18 si può incontrare Donatella Finocchiaro

Donatella Finocchiaro è tra gli ospiti del Riviera international Film Festival, fino all’11 maggio a Sestri Levante (Ge). Il 10 alle 18 racconta di sé e del nuovo film L’amore che ho con la nostra giornalista Liliana di Donato. L’incontro con l’attrice siciliana è uno dei tanti appuntamenti del festival del cinema indipendente di cui Donna Moderna è media partner. Oltre ai concorsi che premiano film di registi under 35 e documentari da tutto il mondo, ci sono anteprime, panel e masterclass con grandi star italiane e internazionali.

Matteo Garrone ci accompagna dietro le quinte dei suoi film, da Gomorra a Io capitano, il 9 alle 14,30. Valeria Golino parla della sua serie L’arte della gioia il 10 alle 15. Donato Carrisi, che presiede anche la giuria del concorso per i documentari, si racconta l’11 alle 14,30. Da non perdere i super ospiti stranieri: Matt Dillon ripercorre la sua straordinaria carriera, dal cult di Francis Ford Coppola I ragazzi della 56ª Strada alla nomination all’Oscar per Crash di Paul Haggis, il 9 all 11; Rufus Sewell, protagonista di serie cult come The Crown e The diplomat e di film di successo come The Illusionist e L’amore non va in vacanza, nonché presidente della giuria dei lungometraggi, esplora il mestiere dell’attore l’11 alle 11. Chicca finale: la rassegna dedicata a Bernardo Bertolucci, il 9 e il 10. Programma completo su rivierafilm.org.