«Sono un po’ triste per la fine che si avvicina» mi dice Irene Maiorino. Parla ovviamente della conclusione de L’Amica Geniale – Storia della bambina perduta, quarta e ultima stagione della serie, tratta dalla tetralogia di Elena Ferrante. Gli ultimi due episodi andranno in onda questa sera su Rai 1 e lei si sta preparando a salutare la sua Lila. «Quando mi scrivono che la mia interpretazione del personaggio corrisponde a come l’avevano immaginato leggendo i libri, è la cosa più bella per me» aggiunge. Infatti, il ruolo di Raffaella Cerullo, alias Lila, sta donando un enorme successo a Irene Maiorino. Ma classe 1985, di strada ne ha già fatta un bel po’: ha recitato in Gomorra 2, ne I Bastardi di Pizzo Falcone e ne Il Commissario Ricciardi. Nella serie 1994, invece, era Alessandra Mussolini, un ruolo che l’ha divertita particolarmente. E poi ci sono il cinema e il teatro che è «liberatorio, perché lì puoi veramente giocare».
Dall’altra parte della cornetta, mentre si racconta sento che sta sorridendo e la sua energia è una vibe a cui non si può resistere: bisogna lasciarsi trasportare. Come ha fatto Napoli, sua città natale, con lei: «Mi è venuta a riprendere, per anni sono stata qui a Roma, poi ho lavorato a Parigi, a Milano…». E proprio nella città partenopea, questa sera vedremo la Lila di Irene Maiorino scendere «negli inferi», dove, secondo l’attrice, «c’è molta più verità».
Irene Maiorino: così ho conosciuto Lila
Con il personaggio di Lila ha un attaccamento viscerale, da dove viene?
«Ho letto tantissimo Elena Ferrante. Il primo libro della tetralogia mi è stato regalato quando ancora la serie non c’era. L’ho ricevuto da una mia amica, che è un po’ la mia amica geniale, perché è come Lenù: è intelligentissima e insegna Filosofia del Diritto. Mi portò il libro e mi parlò di Lila bambina e disse: “Mi ricorda troppo te”. Ho iniziato a leggere il romanzo e già qualcosa si era acceso in me. Poi è uscita la serie e dalla fine della seconda stagione ho iniziato a fare i provini: non sapevo dove sarebbero andati a parare, ma mi sentivo molto coinvolta. Ho un approccio immersivo con il mio lavoro, per me vita scenica e vita vera vanno sempre di pari passo. Potrei raccontare delle analogie tra i personaggi che interpreto, il set e il mio momento storico di vita».
A che momento storico della sua vita associa L’Amica Geniale 4?
«Direi alla fine di un percorso, quello che ha preceduto i nove mesi di set. Poi è chiaro che al termine delle riprese qualcosa finisce. Ho vissuto a Napoli un anno intero, ho chiuso una relazione importante, ho cambiato casa e pelle. Quindi sentivo che stavo finendo qualcosa di importante, che dovevo avere pazienza perché sarebbe stato un anno difficile. E poi c’è il vuoto della serie, non di Lila: lei è con me è come un’ombra che mi trotterella accanto, per dirla con una citazione di Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estés: è un libro che amo particolarmente. L’ho letto anche in concomitanza con mia madre e mi ha aiutato ad avere uno sguardo diverso su di lei: ho capito che è mia mamma, ma anche Gabriella».
Diventare Lila Cerullo
Come si è preparata per diventare Lila?
«Come dicevo la mia storia personale con Lila e L’Amica Geniale è davvero lunga: per due anni l’ho studiata, mi sono preparata, poi ci sono stati i nove mesi di set e abbiamo atteso un anno per vedere la serie. Fin dall’inizio non stavo con Lila solo il tempo del provino. Per esempio, io che ho i capelli ricci ho iniziato a portarli sempre lisci: non volevo correre il rischio di scimmiottare il personaggio. Questa estate mi guardavo in una foto e pensavo che quella non ero io, ma Lila. Ho un sorriso molto pronunciato: non dico che ho serrato la bocca per due anni, ma quasi. Senza dubbio per prepararmi a interpretare questo ruolo mi sono fatta un po’ da parte: sapevo che avrebbe potuto cambiarmi la vita, perché i personaggi quando sono ben scritti, sono loro che danno qualcosa a te».
Cosa le ha dato Lila?
«Lila mi ha spezzata, mi ha crepata se vogliamo usare un suo termine. E così facendo è come se stesse facendo uscire la donna che è in me, ma è un processo ancora in corso. Mi ha ricondotto alla me bambina che è davvero simile a lei: c’è la stessa ribellione e un modo di pensare e stare al mondo molto meno educato alle modalità più comuni. C’è un coraggio che sto recuperando. Lila mi ha ridato una direzione che ancora non sento di avere in quanto donna e Irene. È un faro per me in questo momento: mi sta conducendo anche a delle domande primordiali sulla vita, ma questo forse coincide anche con una mia età particolare, i 40 anni».
Irene Maiorino: saluterò Lila in solitudine
La serie sta riscuotendo un successo enorme, L’Amica Geniale 4 è candidata ai Critics Choice Awards 2024 e il New York Times l’ha inserita nella Top 10 della “tv da amare”. Come si sta preparando a salutare Lila?
«Credo che il successo della serie lo vedremo con il tempo. Penso che le cose grandi abbiano un respiro successivo, non è che proprio finiscono. Però simbolicamente stasera sarà un momento importante emotivamente. Sicuramente guarderò gli ultimi due episodi da sola, nella mia casa nuova: ho voglia di stare in solitudine con Lila e con tutto il lavoro svolto».
Le piace rivedersi?
«In realtà no, ma ho dato così tanto al personaggio di Lila, ho avuto così tanto supporto dal pubblico che mi sono guardata. Di solito ho un moto di distacco dai miei ruoli, ma in questo caso ho fatto un esercizio di fiducia, anche solo per capire se ero capace, perché ci ho messo tutto il mio cuore e il mio tempo».
Lei ama molto la musica, qual è la canzone che sta ascoltando in questi giorno e che in futuro legherà alla sua storia con L’Amica Geniale?
«Ce l’ho: Good Luck, Babe! di Chappell Roan. L’ho ascoltata tempo fa per caso, ero in metropolitana o in treno. Già mi faceva pensare alla serie, poi ho visto i cartelloni de L’Amica Geniale e ho pensato “Buona fortuna a noi”, a Lila e Lenù».
Chi è l’amica geniale?
Consideriamo l’etimologia delle parole: per i latini l’ingenium è legato all’acutezza di ingegno e si contrappone allo studium, che indica le capacità che si acquisiscono con un impegno lungo e laborioso. Secondo lei qual è la genialità di Lila e quale quella di Lenù?
«Innanzitutto credo che la genialità di Lila e Lenù sia l’esserci, ossia l’esistenza. Questa è una storia d’amore, di sorellanza. Mi lascia l’idea che nessuno si salva da solo. È bellissimo che al mondo ci sia una persona che anche se dall’altra parte del mondo, anche se non la senti, tu sai di esistere per lei. E solo sapere che quella persona esiste ti fa stare bene. Nello specifico invece, concordo con la definizione etimologica. Ho sempre pensato che fosse Lila l’amica geniale di cui si parla, perché bisogna considerare anche il punto di vista. Lenù è la scrittrice del romanzo e la narratrice: attraverso di lei conosciamo Lila, che per me è più potente e geniale proprio perché muove un immaginario. Ha un portato esperienziale, fatto di intuito ed è motrice di Elena: la pungola, a volte in modi discutibili, e la spinge nel mondo. Anche se credo che i due personaggi siano due facce della stessa medaglia, d’altronde sono entrambe frutto della penna di Elena Ferrante».
L’Amica Geniale 4: chi vince e chi perde?
Alla fine di tutta la storia chi vince e chi perde?
«Ferrante afferma che “L’Amica Geniale è un romanzo di formazione in cui nessuno si forma, tutti si distruggono”. Alla fine sicuramente verrà fuori la natura eccezionale di Lila e chi ha ancora non ha capito la grandezza del personaggio lo farà. Vedremo il suo dolore profondissimo, così verticale da raggiungere il centro della terra».
E il suo rapporto con Alba Rohrwacher, che interpreta Elena nella serie, com’è?
«In realtà è come se il nostro rapporto fosse iniziato alla fine delle riprese, perché i nostri personaggi sono stati preponderanti: eravamo in una bolla. Poi il set è stato molto impegnativo, facevamo spesso tardi. Quindi abbiamo fatto questo percorso insieme e solo ora ci stiamo fermando per osservare la strada che abbiamo fatto. Io ho portato il mio bagaglio e Alba il suo: è stato un grande lavoro di squadra oltre che individuale».
Il ricordo più bello che si porterà dietro da questo set?
«Mi ricorderò dell’emozione ogni volta che dovevo tornare a casa, il tratto di autostrada da Caserta a Napoli: era come tornare alla realtà. E poi spesso il tragitto lo facevamo al tramonto. Così come la mattina venivano a prendermi molto presto perché cominciavamo alle 8 e prima c’erano due ore di trucco. Era bello viaggiare all’alba, sembrava di andare in un’altra dimensione spazio-temporale. Poi avevo una relazione con un ragazzo dell’Umbria, quindi passavo dallo stare in una Jaguar al prendere il treno regionale per andare in campagna. C’erano due me che comunicavano ed era molto bello: ora non prendo più né il regionale né la Jaguar, però alla morte, senza temere questa parola, segue sempre una rinascita».