«Ragazza mia, niente è più sensuale che raccontare una storia al proprio uomo fra lenzuola fresche di stiratura, prima del sesso. Prova, è un afrodisiaco fantastico». Isabel Allende, a 65 anni, è l’amica che tutte vorremmo, un po’ mamma, un po’ zia: minuta, i capelli avvolti in un morbido chignon. Ha pubblicato 17 libri, ha venduto più di 53 milioni di copie nel mondo, ha ricevuto 11 lauree honoris causa (l’ultima dall’Università di Trento, a maggio), ma scrivere, per lei, resta un fatto di pancia. «Come fare l’amore con l’amante perfetto, come partorire il figlio che hai sempre voluto» confessa la grande scrittrice cilena, nipote di Salvador Allende, il presidente del Cile morto nel golpe del ’73. L’ultima “creatura”, La somma dei giorni (Feltrinelli), un diario di 320 pagine in cui descrive gli ultimi 15 anni della sua vita, è appena pubblicato e già scala le classifiche.
Isabel, se l’aspettava?
«Sì, siete molto affettuosi. Vendo più libri in Italia che in ogni altro Paese».
La somma dei giorni descrive la famiglia Allende: la nuora Celia scappa per un amore lesbico con Sally, ex moglie di Jason, figliastro di Willie Gordon, il suo secondo marito…
«Sembra Beautiful, vero? La mia vita è piena di drammi e colpi di scena. Scrivere aiuta ad affrontarli. E ho sempre materiale: in famiglia siamo tanti».
Quanti?
«Una tribù: pensi che la domenica a tavola siamo in sedici».
Il libro è un dialogo con sua figlia Paula, scomparsa nel 1992 a 28 anni di un male raro. Come la ricorda?
«Mia figlia è viva nel cuore dei lettori che hanno amato il libro che le ho dedicato (Paula, Feltrinelli, ndr). Ancora oggi ricevo centinaia di lettere su di lei alla fondazione di beneficenza che ho istituito in sua memoria a Sausalito, in California, dove abito e lavoro. A volte ho l’impressione che Paula mi parli. Ma è solo frutto della mia immaginazione. Non credo ai fantasmi».
E in che cosa crede, allora?
«In Dio, nel destino. E nella spiritualità che abita tutti gli esseri viventi: animali, alberi, pietre».
Nei suoi romanzi ci sono tanti personaggi femminili. A quale è più legata?
«A Clara, la protagonista de La casa degli spiriti, ispirata a mia nonna Isabel. A quel libro devo tutto».
Lo ha iniziato l’8 gennaio del 1981…
«Sì, avevo già lasciato il Cile per trasferirmi negli Stati Uniti, quando quella notte ho ricevuto la notizia terribile che il mio adorato nonno stava per morire. In trance, ho iniziato a battere sulla tastiera le parole Barrabàs arrivò in famiglia via mare… Non mi sono più fermata. E da allora, ogni volta, comincio il nuovo libro in questa data magica: l’8 di gennaio».
Segue altri rituali scaramantici?
«Prima di iniziare a scrivere, la mattina presto, accendo una candela».
Scrive tutti i giorni?
«Sì, per dieci-dodici ore, mi rintano nella casita, lo studiolo che ho nella dépendance in fondo al giardino».
Suo marito come la prende?
«Rispetta i miei spazi e i miei silenzi. Il nostro rapporto è come una danza dove non ci si pesta mai i piedi. Willie è un amore. Verso le 10,30 del mattino sa che ho voglia di una tazza di tè e me la prepara. E mi riempie di rose. Lui è allergico ai fiori, ma le raccoglie lo stesso e me le porta. È più affettuoso lui con me, che non io con lui». (ride)
Le dispiace se parliamo di politica?
«No, è un argomento femminile».
Appunto: com’è cambiato il Cile da quando lo guida una donna?
«Michelle Bachelet lavora bene, ma è presidente da meno di due anni. E gli uomini dell’opposizione le danno filo da torcere perché è una donna».
Perché è così faticoso per le donne arrivare ai posti di potere?
«Il patriarcato non è finito. Nel mondo le donne fanno i due terzi del lavoro, ma possiedono solo l’1 per cento della ricchezza. Questo deve cambiare».
La parola femminismo le piace?
«La trovo sexy: una donna femminista è intelligente e l’intelligenza è sexy».