«A casa mia il giradischi suonava sempre le canzoni di Judy Garland» ci racconta Renée Zellweger, che nel film Judy(al cinema dal 30 gennaio) offre una delle interpretazioni migliori della sua carriera nei panni della star del Mago di Oz. Quando nel 2001 ottenne la prima nomination all’Oscar per Bridget Jones, il meraviglioso abito giallo indossato alla cerimonia fu un omaggio a quello di Garland nel film Nuvole passeggere. Sì, se c’è mai stato un ruolo nel destino dell’attrice, era questo. «Io, però, non ho la sua voce, che era un dono del cielo. Ogni giorno, per prepararmi, ascoltavo con gli auricolari le sue canzoni, interviste e performance alla radio» mi racconta la 50enne texana, che sullo schermo appare trasformata grazie a parrucca nera, lenti a contatto, naso e denti finti. «Non ho mai fatto musical a teatro, mentre in questo caso ho dovuto cantare dal vivo davanti al pubblico: non ero sicura che ci sarei riuscita e, all’inizio, ho provato a cercare una via di fuga» ammette con una risata».
Una prova commovente
A dispetto delle preoccupazioni, la sua è una performance commovente e piena di umanità, che di Judy Garland cattura la fragilità e il carattere difficile. «Mai dimenticare di dare la priorità a se stessi». La pellicola, basata sullo spettacolo teatrale End of the rainbow, si concentra sugli ultimi mesi di vita dell’artista: divorziata, indebitata e impossibilitata a mantenere i figli, si trasferì a Londra per 5 settimane per esibirsi nel club Talk of the Town. Alcolizzata e sola, tormentata e dipendente dai farmaci, morì nel 1969 a 47 anni per un’overdose di barbiturici. «Non conoscevo questo capitolo buio della sua vita. Mi interessava scoprire la donna dietro la performer, perciò ho letto libri e biografie e guardato le sue esibizioni su YouTube».
La vita di Judy Garland…
La vita della Garland è stata dura: da bambina lavorava già in teatro e da adolescente, sotto contratto con la MGM, era costretta a seguire una dieta a base di anfetamine per restare magra. Chiedo a Renée se, 10 o 20 anni fa, avrebbe avuto l’esperienza di vita necessaria a capirne le sofferenze. Si prende qualche istante: «Non credo che sarei stata in grado di empatizzare con lei, no». Perché? Sembra reticente e i grandi occhi azzurri si spostano altrove prima che risponda: «Non avevo ancora provato il caos che nasce quando dimentichiamo di dare la priorità a noi stessi. Non avrei compreso quanto sia faticoso stare lontana da casa per anni e sentire di non averne una, pur possedendola» spiega, quasi in un sussurro. «Il successo è una cosa bizzarra».
.. e quella di Renée
Quando mi era venuta incontro, i modi tutt’altro da star («Mi perdona se vado un attimo a lavarmi le mani?»), mi ero reso conto di quanto ci fosse mancata, negli anni di assenza dalle scene. Dopo aver conquistato il pubblico interpretando eroine romantiche in Jerry Maguire e Bridget Jones e aver vinto un Oscar per Ritorno a Cold Mountain, nel 2010 si era presa una pausa di 6 anni da Hollywood. «In questa fase sto molto per conto mio e corro tanto. La corsa mi aiuta a espellere qualunque cosa esterna: quando le tue gambe sono così stanche che fatichi a trascinarti, non hai tempo per pensare a ciò che non ha importanza» prosegue Renée, che è stata a lungo sotto la lente di ingrandimento dei tabloid, ossessionati dal suo peso e dalla vita sentimentale travagliata.
Dopo il fidanzamento con Jim Carrey, il matrimonio del 2005 con il cantante Kenny Chesney fu annullato dopo 4 mesi, mentre la relazione con Bradley Cooper è durata dal 2009 al 2011. Quest’anno si è separata dal musicista Doyle Bramhall II. «Quando non giro film vado a trovare i miei amici e i loro figli, faccio cose normali. Questi sono i tesori della vita, ciò che ci definisce più del lavoro e delle opinioni altrui».
Il ritorno nel 2014
Al ritorno su un red carpet, nel 2014, in tanti la accusarono di un presunto lifting, ma lei ha sempre negato. «Bisogna fare questa professione per un po’ per capire le conseguenze dell’essere un personaggio pubblico: essere celebri è bizzarro e innaturale, gestire la fama ogni giorno può rivelarsi un esercizio impossibile». Le chiedo se oggi sia più felice rispetto al passato. «Ho sempre pensato di esserlo» ammette, sollevando una manica del cardigan beige. «Forse mi sbagliavo, mi sentivo felice e in realtà non capivo che il caos si stava impossessando di me. Bisogna saper prendere le distanze, a volte, per riuscire a vedere le cose con chiarezza».