«Mia madre diceva che, per essere felice, ognuno di noi ha bisogno di due cose: l’amore e il lavoro». Parola di Julianne Moore, una donna che ha trovato entrambi. A 60 anni ha l’espressione luminosa di chi sta bene con se stessa e vive l’età con naturalezza, coltivando passioni professionali e affetti privati.

L’attrice americana ha raccontato le vite degli altri in 36 anni di carriera e un centinaio di film che dipingono un grande affresco umano. È stata una pornostar in Boogie Night di Paul Thomas Anderson (1997) e una miliardaria annoiata in Il grande Lebowski dei fratelli Coen (1998), per citare i suoi primi titoli diventati cult. Ha esplorato la maternità di una coppia omosessuale in I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko (2010) e la perdita inesorabile della memoria in Still Alice di Glatzer & Westmoreland, che le ha fatto vincere l’Oscar nel 2015. E ora porta sullo schermo i segreti di un matrimonio riuscito in Lisey’s Story, serie tratta dall’omonimo bestseller del 2006 di Stephen King (pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer), da lui stesso sceneggiata e ora disponibile su AppleTv+ con la regia di Pablo Larraín.

La serie tv Lisey’s Story

La serie racconta l’amore tra Lisey e suo marito Scott Landon (interpretato da Clive Owen), destinato a non finire neppure dopo la morte di lui, celebre scrittore ucciso da un suo fan. Come in molti romanzi di Stephen King, la vicenda ha risvolti soprannaturali, a cominciare dal fatto che l’universo immaginario di Scott Landon, maestro del surrealismo magico, sembra prendere misteriosamente vita anche dopo la sua scomparsa, portando Lisey a confondere realtà e fantasia mentre ripercorre i momenti di complicità che le tornano in mente, scoprirà poi, in modo non casuale.

Julianne Moore con Clive Owen nella serie Liseyʼs story, su AppleTv+
Julianne Moore con Clive Owen nella serie Liseyʼs story, su AppleTv+

«Quasi sempre i film mostrano l’inizio di una relazione: l’incontro, il corteggiamento, l’happy end. Ma la decisione di stare insieme è solo il primo passo della vita a due, che è invece un percorso intimo, lungo e complesso» mi dice in videocall. «Ho anche prodotto la serie proprio perché sonda la costruzione di un matrimonio in cui ognuno protegge il cuore e i segreti dell’altro. Il lato soprannaturale, che è la cifra di King, rende tutto ancora più affascinante».

Il romanzo La storia di Lisey era stato scritto dal maestro dell’horror dopo il grave incidente e la polmonite che avevano messo a rischio la sua vita. E, se l’autore ha creato questa cornice fantastica in omaggio alla consorte Tabitha, per il ruolo di moglie felice l’attrice ha attinto alla sua esperienza personale.


«Quasi sempre i film raccontano l’inizio di una relazione. Ma la decisione di stare insieme è soltanto il primo passo della vita a due, che è invece un percorso lungo e intimo»


«Avere costruito una famiglia solida è la mia più grande soddisfazione»

«Avere costruito una famiglia solida è la mia più grande soddisfazione» dice dei 25 anni passati accanto al regista 50enne Bart Freundlich, conosciuto negli anni ’90 quando lui l’ha diretta nel film I segreti del cuore. Si sono sposati nel 2003, dopo la nascita di Caleb e Liv, che hanno ora 23 e 19 anni, e da allora condividono occasionalmente anche il set.

Dopo World Traveler (2001) e Uomini & Donne – Tutti dovrebbero venire… almeno una volta! (2005), 2 anni fa sono tornati a girare in tandem Dopo il matrimonio, in cui lei interpreta una ricca imprenditrice che, sapendo di avere il destino segnato dalla malattia, fa riavvicinare il marito alla sua ex. «Io e Bart siamo i più grandi sostenitori l’uno dell’altra ed è stimolante avere progetti comuni. Senza esagerare, perché fa bene anche staccare uno dall’altra, ogni tanto… Parlo ovviamente del lavoro, non della routine quotidiana!» racconta.

La collana di libri per bambini

La sua esperienza di figlia e di madre ha ispirato un altro filone creativo: la collana di libri per bambini Freckleface Strawberry, storia di una ragazzina coi capelli rossi come lei che, pur di cancellarsi le lentiggini, va a scuola con la maschera da sci (edita solo negli Usa, è diventata anche un musical).

Nel 2012 è uscito My mom is a foreigner but not to me (Mia mamma è straniera ma non per me), dedicato alla madre di origine scozzese che, con il suo forte accento, quando era piccola la faceva sentire diversa dagli altri bambini. Julianne faticava a costruire amicizie anche perché, figlia di un militare, è cresciuta in varie città e scuole americane, prima di stabilirsi a New York, a 20 anni, per studiare e iniziare la gavetta teatrale.


«A volte mi chiedo cosa mi abbia fatto sbagliare per tanto tempo. Poi
mi dico che più vai avanti, e più vai a fondo nelle cose, più conquisti consapevolezza. È il regalo dell’età»


Julianne Moore, diritti e diversità

In omaggio alla madre, qualche anno fa Julianne Moore ha preso la nazionalità inglese ed è felice di promuovere la diversità anche nei film: il regista cileno Larraín, prima della serie attuale, l’aveva diretta in Gloria Bell. «Il cinema racconta storie umane e universali, per questo la diversità è una ricchezza» dice convinta. E per questo si batte, come produttrice, per aumentare la varietà di ruoli femminili e il peso delle donne a Hollywood. «Mi piace avere potere decisionale sui progetti. Ma ogni esperienza mi ha regalato più sicurezza nel mestiere. Oggi, sul set, mi vengono in scioltezza performance che anni fa mi creavano tensione. A volte mi stupisco, mi chiedo cosa mi abbia fatto sbagliare per tanto tempo. Poi mi dico che più vai avanti, e più vai a fondo nelle cose, più conquisti consapevolezza. È il regalo dell’età».