Non poteva che essere Julianne Moore la protagonista del remake di “Gloria Bell” del regista Sebastiàn Lelio con John Turturro. Il film racconta di una cinquantenne, un ex marito e due figli grandi, che esprime la sua fame di vita ballando nei dancing di Los Angeles. In una notte scatenata incontra Arnold e accetta di credere in una nuova storia d’amore destinata a travolgerla, ma non a metterla al tappeto. Un personaggio che solo Julianne, attrice rarissima che ha dato il meglio di sé avanzando negli anni, poteva rendere vero e indimenticabile.
Julianne Moore a 56 anni si fa fotografare sul Calendario Pirelli 2017 senza trucco, vince l’Oscar a 54 anni con Still Alice, una storia di Alzheimer, ma nessuno al mondo può storcere il naso o provare invidia. Perché è una donna normale che di normale non ha niente, come ha detto la sua collega Kristen Stewart.
Ha ingranato tardi Julianne. A 30 anni si era fatta un nome ma non una famiglia, una casa né un percorso di senso. Si è fermata, ha preso le misure con se stessa e con i suoi desideri e ha messo mano al suo privato con lo stesso impegno profuso nella carriera. Risultato: sposa il marito giusto a 43 anni, dopo una convivenza di sette anni e due figli, l’ultimo avuto a 42 anni.
Potrebbe essere la biografia di molte donne della sua età (e anche della mia).
Tanto basta a farci guardare a questa attrice con attenzione. Nel poco edificante mondo delle celebrities, una così può essere non solo una star da ammirare, ma anche un modello da cui imparare.
Prima di tutto a dimostrare che le donne migliorano con gli anni, come è sacrosanto che sia. E che non si perde talento né valore di mercato alla prima ruga. La quale, infatti, come Julianne dimostra, se ne può stare lì tranquilla, in compagnia di molte altre, intorno agli occhi e al collo.
Poi a riflettere sul fatto che due figli e un marito di vecchia data possono essere la deriva e non la zavorra per chi ha un lavoro creativo e coinvolgente.
Da ultimo, uno come lei può insegnarti a vestirti. Non a scegliere un abito piuttosto che un altro ma a esprimere la tua intensità con l’abbigliamento. Julianne sembra per molti aspetti l’erede di Meryl Streep. Ma a distinguerla dall’attrice più brava e peggio vestita del mondo c’è un guardaroba che grida con fierezza: una donna intelligente, richiesta per ruoli drammatici e profondi, può presentarsi in pubblico con abiti strepitosi. Il vestito non nasconde il cervello.
Ha ritirato l’Oscar vestita Chanel. Ha vinto il Bafta, l’Oscar inglese puntando tutto sul rosso. E non era la prima volta. Un azzardo di colore pazzesco per una rossa di capelli che, nel suo caso, fa sempre saltare il banco dell’eleganza. Ed ecco un’altra lezione: se non lo provi, se non te lo metti addosso, non puoi sapere se fa te.
Vale solo per il look? Non credo. Vale quando cerchi la tua strada, il tuo equilibrio, la tua verità.
In un’intervista Julianne ha condiviso questa riflessione: quando è morta sua madre, ha capito che l’aldilà non esiste. Che è solo un’invenzione caritatevole che ci aiuta a dare senso alle cose e a non soccombere al caos. Ma questo non l’ha gettata nella disperazione. Da bambina e da ragazza ha spesso dovuto misurarsi con l’instabilità e la transitorietà, eppure l’ansia di controllo non l’ha sopraffatta.
Chi non vorrebbe attraversare con eleganza il caos della vita mettendo a frutto il proprio talento, coltivando molte aspirazioni ma senza false illusioni? Già questo è sufficiente a spiegare perché questa donna è un’ispirazione.