Ce n’è uno solo di Sandokan, e si chiama Kabir Bedi. Chi lo ha interpretato prima e chi lo interpreterà dopo indossa una maschera e recita. Sarà evidente quando arriverà la nuova serie tv dedicata al personaggio creato da Emilio Salgari a fine ’800. Le riprese cominceranno l’anno prossimo: 8 puntate di 50 minuti con l’attore turco Can Yaman nel ruolo di Sandokan, Luca Argentero in quello del fedele amico Yanez de Gomera e Alessandra Mastronardi in quello dell’amata Marianna, la Perla di Labuan.
Vuoi mettere Kabir Bedi e il suo sguardo magnetico? Quarantacinque anni or sono non lo ha interpretato, Sandokan, è stato Sandokan. E lo è ancora. Adesso più che mai a 75 anni. Un Sandokan indimenticabile che raccoglie i ricordi nel libro Storie che vi devo raccontare (Mondadori). Sottotitolo: La mia avventura umana. Un’introduzione, 7 capitoli e una sessantina di fotografie. Per 345 pagine racconta di sé come Kabir Bedi, figlio di una inglese e di un indiano, dall’infanzia a oggi attraverso gioie e dolori, amori, matrimoni, successi, sconfitte, fino alla tragica perdita di un figlio. Racconta la sua famiglia borghese e idealista, gli amici, fra cui Rajiv e Sanjay, figli e nipoti dei primi ministri indiani Indira Gandhi e Nehru. E l’esperienza a Hollywood che lo ha devastato, mentre Italia e India lo hanno resuscitato. Poi Bollywood e tutti i film e le serie televisive interpretate.
Ecco, chiunque abbia visto il Sandokan televisivo degli anni ’70 con la magistrale regia di Sergio Sollima, e magari anche i 2 film che ne sono stati ricavati, e ancora la serie degli anni ’90 Il ritorno di Sandokan, non può non accorgersi che è Sandokan a ripercorrere i ricordi. Persino quando racconta che, come giovane giornalista freelance, nel luglio del 1966 a Dehli intervista i Beatles per All India Radio e poi, senza un soldo in tasca, si trasferisce a Mumbai in cerca di un possibile futuro prima ancora che della gloria.
Il giorno in cui Kabir Bedi diventò Sandokan
È il 1967. Kabir Bedi non sa che cosa fare di sé. Forse, il regista cinematografico. Per imparare, decide di cominciare con la pubblicità. «Diventare attore non mi era mai venuto in mente» confessa. A 22 anni è un dirigente di una multinazionale pubblicitaria. All’occasione, si presta anche come modello.
Quasi per caso fa i primi passi nel mondo del teatro. E gira il suo primo film. E poi il secondo. Ormai è un attore di Bollywood. Ma la carriera non decolla. Finché all’inizio del 1974 non sbarcano a Mumbai gli italiani. Elio Scardamaglia, produttore, Nino Novarese, scenografo e costumista, Sergio Sollima, regista, hanno cominciato un giro in Asia alla ricerca di un tipo «alto, atletico e preferibilmente barbuto per il ruolo di Sandokan».
Ci si imbattono nella prima tappa: non un semplice interprete, trovano direttamente Sandokan. Questa la descrizione uscita dalla penna di Salgari: «È di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri e d’una bellezza strana. Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato. Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall’ardita arcata… due occhi nerissimi, d’un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo».
A parte gli occhi, che fanno chinare qualsiasi altro sguardo ma non sono nerissimi, non è la fotografia di Kabir Bedi? Infatti, lo convocano a Roma per un provino. Pura formalità. A luglio cominciano le riprese: 8 mesi, fra India, Malesia e Thailandia, con Kabir Sandokan Bedi, Philippe Leroy come Yanez, Carole André come Perla di Labuan e Adolfo Celi come il cattivo James Brooke. Sollima dà due consigli. Primo: «Sandokan è un eroe, ma non deve comportarsi come un eroe. Gli eroi sono persone comuni che fanno cose straordinarie ma non si considerano eroi». Secondo: «Per Sandokan le spalle sono tutto. Fa ogni cosa col cuore, ma si muove con le spalle». Per il resto, Kabir Bedi è se stesso: nuota, combatte, vola, ama e conquista con lo sguardo.
Kabir Bedi non si limita a recitare. Lo scrive anche alla sua famiglia prima di iniziare le riprese: «Non c’è nulla da preparare. Io sono Sandokan nello spirito»
«Io sono Sandokan nello spirito»
Due giorni prima dell’inizio delle riprese scrive alla famiglia: «Niente tensione. Non c’è nulla da preparare. Io sono Sandokan nello spirito: libero, indomito, nobile, un leader tra gli uomini. Lo dico senza ego, so che è così». La prima delle 6 puntate va in onda il 6 gennaio 1976 sul primo canale Rai al posto di Canzonissima. Il 16, giorno del suo 30esimo compleanno, Kabir Bedi parte per l’Italia timoroso, nessuno gli ha detto niente. Quando atterra a Fiumicino, i fotografi si scatenano. I fan pure. Vogliono autografi e baci. Lo braccano urlando: «Sandokan! Sandokan!».
Un successo travolgente in Europa, non solo in Italia. La canzone degli Oliver Onions, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis, imperversa con il suo grido di battaglia: «Sandokaaan, Sandokaaan». Ventisette milioni e mezzo di persone incollate agli schermi, record assoluto per la televisione italiana. All’inizio, la critica più impegnata ha distrutto in modo implacabile lo sceneggiato. Una sola voce si è schierata a favore, quella di Gianni Rodari, grande scrittore per l’infanzia, poeta e pedagogo: «È difficile trovare un Sandokan più Sandokan di così». E aveva ragione. Kabir Bedi ha fatto anche Il corsaro nero, sempre con la regia di Sollima. Ma non è riuscito a ingannare nessuno: era la Tigre della Malesia che interpretava il conte Emilio di Roccabruna. La gente al cinema diceva: «Guarda lì Sandokan! »
Kabir Bedi, amori e dolori
Dalla prima moglie Protima Gupta, cui è stato legato dal 1968 al 1973, Kabir Bedi ha avuto 2 figli, Pooja e Siddharth, mentre dal matrimonio con Susan Humphreys è nato Adam. È poi stato sposato con Nikki Moolgaoker per 13 anni, fino al 2005, e dal 2006 è legato a Parveen Dusanj, sposata nel 2016. Con lei, di 30 anni più giovane, il divo indiano ha ritrovato la serenità dopo i grandi dolori della sua vita: il suicidio nel 1997 del figlio 26enne Siddarth, malato di schizofrenia, e la morte nel 2005 di Parveen Babi, grande e indimenticato amore con cui aveva avuto una tormentata relazione negli anni ’70.
In libreria
«La mia vita è stata un ottovolante di emozioni» scrive Kabir Bedi, oggi 75 anni, nell’autobiografia appena uscita per Mondadori Storie che vi devo raccontare. Suo padre era un filosofo sikh, sua madre una attivista inglese molto nota che si fece monaca buddhista tibetana. Diventato attore, dopo essere stato dirigente di una multinazionale pubblicitaria, ha interpretato più di 80 film – tra India, Italia e Hollywood – e oltre 30 serie tv. Nel 2010 è stato nominato Cavaliere al Merito della Repubblica italiana. Oggi vive a Mumbai con la quarta moglie Parveen Dusanj ed è ambasciatore della onlus Care & Share Italia che si prende cura dei bambini indiani poveri.