Si definiscono un progetto di ricerca. Insieme dal 2011 Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina al loro esordio in gara al Festival di Sanremo con l’intensa Amare festeggiano dieci anni di carriera. Lui è di Palermo, lei di Viareggio, si sono conosciuti a Milano grazie al teatro. Nella serata delle cover canteranno Splendido splendente di Donatella Rettore e sul palco avranno tutto il resto della loro band, nella formazione originale e la stessa Donatella Rettore. Il 5 marzo uscirà il loro nuovo album. Si chiama My mamma. La consapevolezza: è nel ruolo dell’arte, che fa superare le paure.
Prima volta al Festival, cosa rappresenta per voi?
Dario: Sappiamo di cosa si parla perché l’anno scorso siamo stati su quel palco, ospiti di Rancore. Questo ci aiuta a tenere a bada l’emozione.
Veronica: È stato un piccolo assaggio, senza lo stress che vedevamo negli occhi dei partecipanti.
È stato facile scegliere con quale canzone partecipare?
Dario: Per noi Sanremo è la tappa di un percorso lungo. Quella canzone, con il voce del verbo amare, ci è sembrata il modo più giusto per raccontarci. Respira luce negli occhi. Parla di un volersi risollevare.
Veronica: Amare è qualcosa che possiamo comprendere tutti, è diverso dall’amore, che è molto più spigoloso. Amare ti attraversa, ti spinge, ti muove. Lo abbiamo provato tutti, dà la necessità di essere compresi e ascoltati.
Per voi sono dieci anni di carriera eppure in tanti si chiederanno chi siete. Come vi presentereste?
Dario: A noi piace definirci come un progetto di ricerca, veniamo dal teatro e abbiamo imparato, che i percorsi sono più belli degli arrivi. Per noi la ricerca in questo senso è il fulcro della Rappresentante di Lista. Più che il palco, ci stiamo godendo il momento del processo che ci porta a Sanremo. L’obiettivo per noi non è mai stato arrivare alle vette, ma vivere i passaggi e gli scalini.
Veronica: Vivere questi momenti di artigianato e di ricerca in cui si può respirare la genesi di un processo. Ma anche respirare in anticipo i temi che verranno.
Dite “Ogni volta che nella mia vita non pensavo di essere abbastanza”. Quando?
Dario: Oggi si parla di società della performance, di quella necessità di spaccare, di arrivare. Ci parlano del “salto”. Quando fai musica a un certo punto ti dicono che lo devi fare. Noi ci ridiamo. Non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba. La canzone universalizza in concetto, quell’abbastanza è il luogo delle nostre intimità.
Veronica: Dove sembra che non riesci a raggiungere le aspettative degli altri, nel ruolo che ti viene dato. Io sono una donna di più di 30 anni e nel sentire o pensare comune uno dei primi pensieri è la maternità a cui dover far fronte. Ma nella stessa vita è difficile poter essere tante cose diverse e io ora mi sto concentrando su altro. Sto quindi deludendo le aspettative di mia madre? Delle amiche che fanno figli? Ci sono tanti temi per cui nella nostra società non ci sentiamo abbastanza. Per poter essere tutto quello che ci viene richiesto.
“La paura è la vita”. Di cosa avete paura?
Veronica: Di morire. È un tema che mista molto a cuore e nella nostra società se ne parla troppo poco. La morte è il mostro sotto il letto. Dovrebbe essere invece un racconto che accompagna alla vita, è l’ultimo atto. Bisognerebbe tenerla più vicina. E non bandirla o esiliarla, come si fa con le persone anziane che vengono eliminate dalla nostra vita.
Dario: Ho paura dei cani. Anche se ultimamente ho fatto un sogno in cui mi trovavo in una stanza gigante, di una casa abbandonata. Aprivo la porta e c’era questo cane gigante, un bulldog e per la prima volta lo guardavo, notando che non avevo paura.
Vi sentite consapevoli di qualcosa?
Veronica: Della nostra arte. Del nostro mestiere. Di come si fa questo mestiere. Di come si calca un palcoscenico. Dopo dieci anni di tanta gavetta e sudore, su palchi prestigiosi e meno, in situazioni strampalate, o problemi tecnici.
Dario: Del ruolo dell’arte oggi. È quello strumento che l’uomo ha inventato per leggere il mondo. E di questa cosa gli artisti devono esserne consapevoli. Attraverso le parole delle canzoni e immagini dei film l’uomo riesce a superare le paura di cui parlavamo poco fa. L’arte ti fa superare momenti, come quello che stiamo attraversando. È la rinascita di cui parla Amadeus,
L’arte fa sentire meno soli?
Veronica: Certo. Nella scelta del modo in cui si fa arte molte persone riescono a riconoscersi in qualcun altro e sentirsi meno soli, a sentirsi compresi.
Voi siete molto legati al teatro. Come vivete la chiusura?
D: Questo Festival è un grande augurio. Rispetto alle polemiche insorte, credo che la volontà fosse quella che Sanremo fosse il volano di una riapertura degli spazi artistici.
Nella serata delle cover canterete Splendido Splendente.
Siamo una band queer perché non abbiamo mai accettato la classificazione di genere musicale. La cover è il nostro giano bifronte, l’altra nostra faccia .
Cosa vi direte prima di salire sul palco?
Dario: “Merda”. Si dice a teatro perché quando ancora si andava a vedere gli spettacoli in carrozza, più letame si trovava per terra, più carrozze erano presenti allo spettacolo. E quindi spettatori.
Punterete sul look?
Siamo sempre molto attenti a come presentarci sul palco.