Struccata, con i capelli bianchi, stremata da un marito violento. Ritroviamo così Laetitia Casta in Una storia nera, il film di Leonardo D’Agostini ora al cinema, tratto dall’omonimo romanzo di Antonella Lattanzi. L’attrice francese, 46 anni, interpreta Carla, moglie e madre devota, vittima di violenza domestica per 20 anni finché viene arrestata per l’omicidio del marito. «La condizione attuale delle donne mi tocca molto, ogni giorno ci arrivano notizie di violenze e femminicidi, è tutto tanto triste e difficile» dice, in italiano. «Mi sembrava importante fare un film che potesse far riflettere il pubblico».
Laetitia Casta in Una storia nera è vittima di un marito violento
Ci sono scene in cui Carla viene ripetutamente picchiata, addirittura strangolata. Quanto è stato difficile portarle sullo schermo?
«Sono scene molto “tecniche”, nessuno voleva che mi facessi male, ovviamente. La difficoltà era piuttosto emotiva: dovevo trovare la concentrazione per fare qualcosa che sembrasse vero, gestendo picchi di emozione e crolli emotivi».
La sua Carla è una vittima di violenza che dopo 20 anni reagisce.
«Io la considero una vittima, ma è un personaggio ambiguo e volevo essere sicura che mantenesse questa ambiguità per tutto il film. L’idea era riscattare attraverso di lei tutte quelle donne che non possono difendersi da sole. Per una serie di motivi: la famiglia non le vede, la società ignora il loro dolore e la loro solitudine, la giustizia non fa niente. Molte, poi, non reagiscono per paura di ripercussioni sui figli…».
Da madre le capisce?
«Eccome! È normale mettere al primo posto i figli, volerli proteggere sempre, specie quando lotti per la sopravvivenza. Alcune madri non hanno un’autonomia economica, per loro andarsene di casa con i bambini è impossibile. Tante chiedono aiuto e non lo trovano: questo deve cambiare. Le donne devono essere ascoltate, è il senso del nostro film».
Conosce donne che hanno subito violenza?
«Ho parlato con alcune mie conoscenti che mi hanno raccontato esperienze simili, ma solo anni dopo, quando erano già uscite da quelle situazioni. Sono molte più di quante pensiamo».
Come se ne esce?
«Attraverso la terapia: le persone violente vanno aiutate e rieducate, non solo punite. Poi serve un’educazione sentimentale nelle scuole, è lì che si impara il rispetto verso l’altro e il diverso da sé. E i genitori devono dare l’esempio: ai miei figli dico sempre che più importante della matematica è imparare a essere donne e uomini buoni. La strada della gentilezza è difficile da prendere, ma va percorsa».
Si è chiesta cosa avrebbe fatto al posto di Carla?
«Tante volte, però senza giudicarla: uccidere non è mai giusto, ma umanamente capisco il suo sentire. Carla insegue l’illusione della felicità, dell’amore, di una bella famiglia, invece si ritrova in casa un predatore che pian piano la isola: non può più uscire, avere amici, truccarsi e vestirsi come vuole, nemmeno lavorare e quindi essere indipendente. È come essere in prigione. Mi premeva lanciare un messaggio: non bisogna arrivare a questo punto, le donne vanno aiutate prima che sia tardi».
Laetitia Casta col marito Louis Garrel
Durante le riprese ne parlava con suo marito, l’attore e regista Louis Garrel?
«Giravo a Roma e dopo le riprese ero stanca, tanta era la concentrazione sul set. Ma tornare alla realtà della mia vita di tutti i giorni, alla gioia e alla normalità, mi faceva respirare. Altrimenti per me sarebbe stata troppo dura».
Ha visto C’è ancora domani di Paola Cortellesi, che pure parla di violenza domestica?
«Paola è stata bravissima, ha portato all’attenzione di tutti un soggetto non facile, ha avuto coraggio ed è stata giustamente riconosciuta e premiata».
Imbruttita per girare il film
Oggi lei riesce a dirsi “brava”?
«La bravura fine a se stessa non mi interessa, la trovo un pensiero limitante troppo ancorato all’ego, cerco piuttosto progetti che mi facciano crescere. Non penso mai a come sia andato un film, penso subito al prossimo. Ogni film mi fa diventare una persona migliore, più aperta, sensibile».
Per questo film si è “imbruttita”.
«Adoro trasformarmi. Qui la fragilità di Carla si vede sul suo volto, volevo essere senza trucco, con i capelli bianchi e la faccia stanca. Fossi stata perfettamente truccata sarebbe stato tutto stonato. Ero chiamata a raccontare con il mio viso e il mio corpo una storia importante».
Perché le donne non sono ancora libere?
«È una questione di educazione. Se cresci tua figlia dicendole di non fare rumore, stare composta e pettinata, non esprimere quello che pensa, è lì che nasce la disparità. La società giudica noi donne, ci dice come dobbiamo essere, ci impone modelli di bellezza: finisce così che diventiamo molto dure ed esigenti con noi stesse, non ci piacciamo, siamo sempre sotto pressione».
Le donne sono sempre sotto pressione
Quando si è liberata da questa pressione?
«Ho iniziato a lavorare a 14 anni, non c’era il movimento del #MeToo, nessuna mi ha aiutata, ho fatto tutto da sola. Oggi è diverso, le donne possono parlare, sono libere di dire le cose come stanno, il #MeToo ha generato un’attenzione e un ascolto che prima non c’erano. Io ho sempre fatto la guerra per impormi, poi un giorno ho detto: “Basta, non voglio più perdere energie a dovermi difendere per qualcosa che deve essere normale, voglio essere libera di fare il mio lavoro seguendo la mia creatività».
Con suo marito Louis Garrel ha girato due film, di cui lui era regista: L’uomo fedele e La crociata. Tornerete presto sul set insieme?
«Mi piacerebbe, ma stavolta sarò io a dirigere! Sto scrivendo un lungometraggio, è sempre la storia di una donna».
Che rapporto ha oggi con il cinema italiano?
«Adoro lavorare in Italia! Girare qui è sempre un sogno, mi sento vicina a voi nel modo di vivere, di parlare, di pensare, la cultura mediterranea mi appartiene. Sono da sempre una grande fan del vostro cinema, penso ai film di Pasolini e Antonioni su tutti. Oggi ammiro Nanni Moretti, Matteo Garrone e Luca Guadagnino, sarebbe stimolante lavorare con loro».