Cereali integrali a colazione, verdure a pranzo e salmone affumicato a cena. Niente di più. Niente di meno. Anzi, niente grano, niente latticini, e niente zucchero. Unico “sgarro” concesso: 45 minuti di allenamento cardio ogni giorno. È un regime sbilanciato anche per chi ha ragionevoli motivi per perdere peso in eccesso. Eppure questa era la dieta giornaliera di Rosie Nelson da quando a 16 anni è entrata nel mondo della moda: all’agenzia a cui si era rivolta piaceva il suo aspetto, ma era un po’ troppo “in carne” ed era necessario perdere peso.
«Vieni risucchiato da questo sistema e incominci a pensare che quello che ti dicono sia l’unico modo di vivere. Controllano la tua vita. Ti stanno procurando il tuo lavoro, ti stanno fornendo le tue entrate e tu diventi come uno schiavo. Il settore è così consumato che ti dimentichi del mondo reale. Nel mondo reale sono incredibilmente magra, ma in quello delle modelle sono ancora e sempre troppo “morbida”. Quindi quando mi chiedevano di perdere peso io lo accettavo».
Alle pressioni Rosie dopo un po’ dice basta. Continua a fare la modella ma lavora con agenzie più piccole, dove è incoraggiata a rimanere in buona salute, a mangiare sano e a “pensare body positive“. Dopo quell’esperienza ha iniziato a parlare e scrivere delle sue vicende ed è impegnata a sensibilizzare le giovani ragazze e le donne sul potere potenzialmente distruttivo esercitato dall’industria della moda.
Insieme alla modella plus size Jada Sezer è entrata attivamente nel Women’s Equality Party, il movimento che si batte affinché la moda non sia più solo per taglie 38 e 40 e che opera sui social media con l’hashtag #NoSizeFitsAll.
Jada Sezer ritiene «Francamente imbarazzante che ancora non si sia fatto nulla per arginare un sistema così deleterio per noi donne», ma racconta anche, sulle pagine del Guardian, che perdere più di 50 chili per lei ha fatto la differenza. Più dimagriva e più si sentiva bella (pur rimanendo una modella curvy). E le sue parole dovrebbero far riflettere: «Con l’euforia per il dimagrimento arrivavano anche i sensi di colpa. Mi ha sconvolto il fatto che mi sia piaciuto così tanto il mio nuovo riflesso e non sapevo perché ne fossi tanto felice. Per anni avevo aderito all’idea che definire il valore delle donne in base al loro peso fosse un peccato per il femminismo e cercavo l’amore per me stessa e l’accettazione tra le braccia del body positive. Accettare i complimenti degli estranei per la mia perdita di peso significava tradire la mentalità che avevo adottato? Per essere felici noi donne abbiamo bisogno di essere magre?».
Come Jada Sezer, molte star hanno decantato il valore della loro vita curvy, da Christina Aguilera a Jessica Simpson o Sara Rue, da Mariah Carey ad Adele, salvo poi doversi rimangiare tutte le belle parole sul body positive una volta scoperto il “nuovo” corpo come riflesso della nuova vita.
Per ogni Rosie che capisce l’importanza di volersi bene per ciò che si è perché, come ha detto anche recentemente la “nostra Vanessa Incontrada «La perfezione non esiste», c’è una Jada che invece si piace solo attraverso i canoni imposti dalla società.
Viene quindi da chiedersi se davvero noi donne crediamo in quel movimento di protesta spontaneo fatto da persone con molta fiducia in loro stesse che postano su Instagram messaggi del tipo “amati per come sei“. O, se davvero, per essere felici dobbiamo essere magre.