30 aprile 1945, appartamento privato di Adolf Hitler a Monaco di Baviera, Prinzregentenplatz n. 16. Lee Miller, fotografa, entra nel bagno privato del Führer, si spoglia, si immerge nella vasca, si volge sorridente e chiede a David Scherman, fotoreporter di Life che l’accompagna, di scattare la foto destinata a diventare una delle immagini più iconiche della Seconda guerra mondiale. Le truppe americane hanno appena preso il controllo della città. Lee, ancora sporca della polvere del campo di Dachau visitato poche ore prima, posiziona i suoi stivali infangati sul tappeto prima di adagiarsi nella vasca da bagno. Un gesto altamente provocatorio: una donna che aveva visto l’orrore con i propri occhi si concedeva un attimo di umanità nel cuore del male assoluto.
La vita avventurosa di Lee Miller
Lee Miller non è stata una donna qualunque. Modella, fotografa, artista, corrispondente di guerra: la sua vita è un romanzo d’avventura, un viaggio attraverso la bellezza e l’orrore del XX secolo. Nata nel 1907 a Poughkeepsie, New York, Elizabeth “Lee” Miller ha avuto un’infanzia difficile. Suo padre, fotografo dilettante di origini tedesche, le insegna fin da piccola l’arte della fotografia. A 7 anni, dopo la morte della madre, viene violentata da un amico di famiglia. Adolescente, si sente sola e depressa. Ma è il destino a ribaltarne la vita: nel 1927, mentre attraversa una strada di Manhattan, rischia di essere investita, ma viene salvata in extremis da Condé Nast in persona, il magnate dell’editoria. Quell’incontro la porta sulla copertina di Vogue e la consacra tra le modelle più richieste dell’epoca.
Lee Miller a Parigi
Ma Lee non era fatta per rimanere un volto da copertina. La sua curiosità intellettuale e la sua sete di indipendenza la portano a Parigi, dove diventa allieva, musa e amante del surrealista Man Ray. Non si accontenta di farsi fotografare: vuole essere lei a impugnare la macchina e diventare Lee Miller, fotografa. Diceva: «Preferisco fare una fotografia piuttosto che essere una fotografia». Per lei Charlie Chaplin posò con un candelabro in testa ed è di questi anni il famoso scatto Picnic, in cui due donne sono sedute a un tavolo a seno nudo, gli uomini completamente vestiti.
Una fotografa visionaria e coraggiosa
Poi, la guerra. Nel 1939, quando la maggior parte cercava di fuggire dall’Europa in fiamme, Lee si trasferisce a Londra e si reinventa come fotoreporter per Vogue. Al fianco dell’esercito alleato – erano solo quattro le donne accreditate come fotografe – documenta lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi e le atrocità dei campi di concentramento nazisti. Le sue foto di Dachau e Buchenwald sono tra le immagini più potenti e sconvolgenti della Seconda guerra mondiale. Ma tanto orrore la segna e la piega: inizia a bere e neppure la nascita del figlio Antony, avuto da Roland Penrose, riesce ad allontanare la depressione che la opprime. Morirà a 70 anni e solo una decina di anni dopo, grazie all’impegno del figlio, tutto il suo lavoro farà di lei una delle fotografe più visionarie e coraggiose del ’900.