Leo Gassmann ha appena chiuso Norwegian Wood, romanzo cult di Haruki Murakami, quando risponde al telefono e inizia a raccontare del suo primo ruolo al cinema: «Mi ha dato l’occasione di estremizzare parti di me e, penso, di molti di noi. Con questa vita che va così veloce capita di sentire l’ansia di perdersi qualcosa, specie se sui social vediamo persone che postano solo cose belle». Leo Gassmann, 25 anni, figlio e nipote d’arte, una carriera musicale nata a X Factor e consolidata dalla vittoria nelle Nuove Proposte al Festival di Sanremo 2020 con il brano Vai bene così e da tre album, ha debuttato come attore a inizio anno nel film tv Califano, interpretando proprio il cantautore. E adesso è tra i protagonisti di Una terapia di gruppo di Paolo Costella, in sala dal 21 novembre.
Leo Gassman e le sue fragilità
Chi è Otto, il suo personaggio?
«Un ragazzo che teme di essere tagliato fuori. Soffre di Fomo (Fear of Missing Out, l’ansia sociale di “perdere” qualcosa di importante, ndr) e questa sua sindrome non gli consente di legarsi alle persone, perché non tutti lo capiscono. Grazie a una terapia di gruppo autogestita, nell’attesa di un dottore che non arriva mai, incontrerà persone con problemi diversi che lo faranno sentire a casa. E capirà che si può convivere con la paura di non sentirsi mai all’altezza, nel posto e al momento giusto».
Lei avverte mai questa paura?
«La sera esco spesso perché penso che, se i miei amici fanno una bella serata o una bella esperienza senza di me, non avrò quel ricordo con loro… Mi capita di fare questo tipo di ragionamenti, quando invece potrei semplicemente stare a casa, leggere un libro e riposarmi».
Parlare di salute mentale oggi è importante.
«Nascono nuovi disturbi ancora non classificati e sempre più persone soffrono: rappresentarle al cinema può aiutarle a sentirsi raccontate. Siamo tutti una minoranza, l’insieme delle minoranze costruisce la società. Dar voce a queste persone con rispetto spero serva a non farle sentire sole».
L’attore e la sua vita privata
Divide il set con Claudio Bisio, Claudio Santamaria, Margherita Buy, Valentina Lodovini, Lucia Mascino. Cosa ha imparato?
«Da Santamaria la curiosità, nelle pause si metteva a studiare arabo e suonare la tromba, è pieno di talenti. Bisio è sempre preparato e puntuale, tira fuori scintille di improvvisazione con un ritmo comico perfetto. Buy, Lodovini e Mascino mi hanno insegnato la sincerità, sono molto vere nel loro modo di recitare. Poi c’è Ludovica Francesconi, la mia partner di scena nei panni di Lilli, con cui Otto ha un rapporto molto dolce, si aiutano a vicenda».
Anche per lei l’amore è sinonimo di condivisione e sostegno?
«L’amore è complicità, sincerità assoluta, andare a fondo alle cose. È alla base di tutto quello che faccio, considero le relazioni fondamentali».
Sul web ogni tanto le attribuiscono una nuova ragazza, come la vive?
«Cerco di non leggere nulla, il gossip non mi appartiene. Bisogna avere rispetto anche delle altre persone e voglio sentirmi libero di separare il lavoro dalla vita privata, che va tutelata».
Cosa c’è nel futuro di Leo Gassmann
Quale periodo della sua vita sente di star vivendo?
«Un bellissimo momento, pieno di progetti di cinema e musica. Sto riuscendo a fare quello che sognavo da bambino, a seguire le mie passioni. Anche con la musica semino mollica per mollica, non ho fretta. La convinzione che determinazione e costanza porteranno i suoi frutti me la danno tutte quelle persone che per il mio tour si sono fatte ore in viaggio pur di venirmi a sentire, e magari tornavano dopo aver assistito a date precedenti. Mi hanno commosso e fatto sentire grato».
Sta preparando un nuovo disco: cosa può anticipare?
«Sto sperimentando altri generi musicali, amo il folk e il country, lavoro a quel tipo di sonorità anche grazie ai viaggi e alle storie che incontro».
La vedremo anche in un altro film: Fuori la verità di Davide Minnella. Ci ha preso gusto, a recitare?
«Amo poter vivere nella testa di qualcun altro che ha fatto scelte diverse da me, magari quelle che non ho avuto il coraggio di fare. Ci metto il cuore, ho ancora tanto da imparare, ma sul set mi sento a casa».
Come vive i rifiuti e le critiche?
«Con la consapevolezza che anche i più grandi attori fanno provini che non portano a nulla, il nostro è un lavoro precario. Non è detto che non sei bravo se non passi il provino, magari non sei giusto per la visione del regista, ci sta. Quanto alle critiche, in certi periodi fanno più male – quei periodi no in cui mi chiedo: “Non è che magari hanno ragione loro?” – e in altri riesco a farmele scivolare addosso. Se perdessi la paura di fallire, scenderei da questa giostra di emozioni che amo: ci sono momenti in cui film e canzoni vanno alla grande, altri in cui non li vedono e sentono nessuno. Ma sotto stress do il meglio di me, la mia creatività si amplifica».
In che modo?
«Prendo la chitarra, viaggio, mi rimetto in contatto con me stesso. Poi sono circondato da persone che mi vogliono bene e mi sento fortunato».
La sua famiglia d’arte la aiuta nel lavoro?
«Da soli non si fa nulla nella vita, però con i miei parlo raramente di lavoro. Restano i miei modelli, non solo perché da loro ho imparato tanto sin da bambino, seguendoli sui set e in tour, ma soprattutto perché sono sempre state persone oneste e generose, che mi hanno trasmesso tanto amore. Cerco di valorizzare ogni attimo con loro».