Leonardo DiCaprio è uno degli ultimi, grandi divi in circolazione: 45 anni l’11 novembre, di cui 30 di carriera, ha un patrimonio stimato di 245 milioni di dollari e può permettersi di lavorare solo con i più grandi, da Martin Scorsese a Quentin Tarantino, che lo ha diretto in C’era una volta a… Hollywood, ora nelle sale. A guardarlo da vicino, conserva intatto il fascino esibito nei film che l’hanno reso famoso negli anni ’90, quando ci fece sognare e piangere interpretando eroi romantici e sfortunati (quanti fazzoletti hai consumato davanti a Romeo+Giulietta e Titanic?).
All’epoca aveva poco più di 20 anni, e l’improvvisa popolarità non fu facile da gestire: «Quando Titanic arrivò al cinema non mi resi subito conto del fenomeno che stava nascendo. Di punto in bianco mi trovai sotto una lente d’ingrandimento: ogni mia azione o parola finiva sui giornali, i paparazzi mi stavano addosso dalla mattina alla sera. Ho fatto di tutto per evitarli» dice l’attore americano, premio Oscar per Revenant, che ancora oggi preferisce mantenere un’aura di mistero attorno a sé.
«I miei genitori hanno scelto il mio nome visitando gli Uffizi di Firenze»
Quando ha presentato in Italia C’era una volta a… Hollywood, si è concesso poco e ha approfittato del tempo a disposizione per visitare in incognito gli scavi di Pompei ed Ercolano. La passione per la storia e l’arte ha origini lontane: sua madre Irmelin stava ammirando un dipinto di Leonardo da Vinci agli Uffizi di Firenze quando il piccolo Leo scalciò per la prima volta nella pancia. «Mio padre George pensò che fosse un segno, forse anche perché DiCaprio non suona molto diversamente da Da Vinci. Ecco come scelsero il mio nome» ricorda lui, che presto interpreterà proprio l’autore della Gioconda in un biopic.
I suoi genitori sono la sua maggiore fonte di ispirazione e dal padre ha imparato una lezione importante: «Mi ha sempre detto: “Non mi importa che tu abbia successo o meno: qualunque cosa faccia, voglio che tu abbia una vita interessante”». Quando ha vinto il suo primo Bafta, l’Oscar inglese, per Revenant, nel 2016, ha ringraziato la madre dal palco, spiegando che senza di lei non avrebbe raggiunto al- cun traguardo: «Non eravamo benestanti: sono cresciuto in un quartiere povero e pericoloso di Los Angeles, dietro casa si aggiravano tossici e prostitute. Lei, ogni giorno, guidava per 3 ore per portarmi a scuola e farmi studiare».
«Cerco di non lasciarmi sopraffare dai dubbi»
La 76enne Irmelin lo ha accompagnato spesso alle première dei suoi film, inclusa quella di C’era una volta a… Hollywood a Tokyo. Una scelta che ha forse deluso chi sperava di vederlo al fianco della sua nuova fidanzata: la 22enne modella e attrice Camila Morrone, figliastra di Al Pacino, che frequenta da 1 anno e mezzo. Ma, si sa, Leo preferisce parlare di sé attraverso il proprio lavoro. Ambientata nella Los Angeles del 1969, la pellicola di Tarantino è una lettera d’amore al mondo del cinema. Al centro della storia, l’attore di film western Rick Dalton (DiCaprio), la sua controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) e Sharon Tate (Margot Robbie), moglie del regista Roman Polanski uccisa dalla setta di Charles Manson.
«Rick è un attore sul viale del tramonto, un uomo pieno di insicurezze, fragile» racconta DiCaprio, riconoscendo dei punti in comune con lui. «Credo che il dubbio faccia parte di ciascuno di noi, il segreto è non lasciarsi sopraffare. Ci sono molti alti e bassi nella carriera di un attore: a volte sei il più desiderato, altre nessuno ricorda chi sei. Ma se ami ciò che fai, devi continuare». Gli chiedo se abbia mai pensato di ritirarsi dalle scene, lui scuote la testa deciso: «Forse un giorno accadrà, però questo mestiere è il dono più grande che abbia mai ricevuto. Mi sento come uno che ha vinto la lotteria, perciò continuerò a recitare finché non mi vorranno più».
A differenza di tanti colleghi che sui social condividono momenti più o meno intimi, lui si rivolge ai suoi 35 milioni di follower per discutere delle cause ambientali a cui tiene, come il riscaldamento globale, al centro del documentario Punto di non ritorno da lui prodotto. E con l’associazione Earth Alliance ha appena donato 5 milioni di dollari per l’Amazzonia: «È il polmone del Pianeta, dobbiamo proteggerne la biodiversità e bellezza, aiutando le popolazioni indigene che vi abitano e che la difendono» prosegue. «I governi di tutto il mondo, a partire dal Brasile, devono collaborare per fermare questa tragedia. Impegnarci a tutelare la Terra dovrebbe essere la nostra priorità».