Ambra

Se fossi più giovane mi vedrebbe in maniera diversa. Se fossi più giovane potrei lasciare che il nostro rapporto progredisca con calma. Se fossi più giovane lo conquisterei.

Tutti questi se non mi portano a nulla, non cancellano la realtà di un legame che era destinato a troncarsi. Non importa che il mio cellulare abbia ripreso a squillare dopo un lungo silenzio. Ho detto a Daniele ciò che era necessario, e adesso non posso rimangiarmi nulla, né voglio sentire inutili giustificazioni.

Non sto bene. Non riesco neppure a piangere. E non c’è un perché al mio stato d’animo, per quanto mi sforzi di trovarlo. Però so che passerà. Prima o poi anche quel perenne senso d’angoscia si affievolirà, e io potrò di nuovo guardare avanti.

È come una dipendenza. Daniele è la mia droga e devo trovare la forza di resistergli per sperare di disintossicarmi.

L’unica cosa che riesce davvero a darmela è contenuta in una delle frasi con cui ho chiuso la nostra assurda relazione. Io voglio un figlio, più di qualsiasi altra cosa al mondo. E se non avrò un compagno affronterò qualsiasi metodo clinico necessario pur di poter concepire e crescere il mio bambino.

Per questo non posso più permettermi dubbi e illusioni. D’ora in avanti costruirò un rapporto solido ed equilibrato, o sceglierò la solitudine. Ho buttato più di un anno inseguendo il sogno di Daniele.

Sono costretta a silenziare il telefono quando mi trovo al lavoro. Eppure il suo nome sul display è ancora una distrazione potente.

Cerco di non farci caso, ma è come se la mia mente fosse costantemente attratta dal pensiero di lui.

Non credevo di poter concepire sentimenti tanto forti per Daniele. Li ho ignorati troppo a lungo, addirittura ho rifiutato di ammetterli con me stessa. Eppure eccoli lì, a presentarmi il conto proprio adesso che ho compiuto la mia scelta finale.

Ettore mi rivolge uno sguardo interrogativo, mentre la suoneria del mio telefono, posato sul tavolo della mensa, si mette a strillare per la terza volta.

Gli rivolgo un sorriso mentre respingo la chiamata, ma non mi giustifico. Non ne ho motivo.

«Sarà così anche per tutta la cena?», chiede con un po’ di petulanza.

Mi stringo nelle spalle. «I telefoni sono fatti per essere silenziati».

Vedo che vorrebbe indagare, ma senz’altro la mia espressione piatta lo frena. Allora cambia in fretta argomento.

Ho accettato l’invito a cena per stasera perché ho bisogno di una distrazione e perché sarà un evento del tutto innocuo, visto che con noi ci sarà una coppia di amici comuni e che io userò la mia auto.

Non riesco però a evitare i paragoni. Ettore è impostato, elegante, sicuro di sé fino all’ostentazione, e non esaurisce mai gli argomenti. Insomma qualcosa in lui mi ricorda anche troppo Tommaso. Daniele invece è spontaneo, impetuoso, in certi momenti timido, e ama concedersi preziosi momenti di silenzio.

Immagino di aver esaurito l’interesse per gli uomini che sanno sempre cosa dire, anche quando non ci sarebbe ragione di parlare.

Andrò comunque a cena. E silenzierò il telefono.

Non permetterò che il pensiero di Daniele mi fermi. Né ora né mai più.

Daniele

Se fossi meno giovane mi prenderebbe sul serio. Se fossi meno giovane non sarei amico di suo fratello. Se fossi meno giovane la conquisterei.

«Anche per oggi abbiamo finito», sospira Brizio mentre inarca la schiena senza tentare di nascondere la stanchezza.

«Già. Finalmente!». Rido, e mi getto parte del contenuto della bottiglietta d’acqua in testa.

Stavolta abbiamo affrontato il giro al contrario, e tocca a me entrare in casa.

«Hai già pensato alle vacanze?». Giusta domanda. L’estate è iniziata e tutti hanno una meta. Io però non ho una gran voglia di viaggi, senza contare che i soldi sono pochi.

«Penso che sfrutterò la casa della nonna in Puglia. In fondo quel mare ha sempre il suo fascino».

Ride. «Altroché. Uomo fortunato che non deve prendersi una camera d’albergo in Croazia!».

Annuisco, ma i miei pensieri sono già lontani. Appena qualche mese fa ho chiesto ad Ambra che piani avesse per l’estate, poi abbiamo parlato delle origini di mia madre e di quella casa sempre vuota. Ora il desiderio di mostrargliela è quasi doloroso.

Guardo Brizio. So che non dovrei farlo, e che non abbiamo più spostato la conversazione su di lei da quel giorno a Milano, quasi un anno prima. È probabile che lui abbia scelto di non capire, d’ignorare volutamente la lampante realtà del mio rapporto con sua sorella, ma non posso impedirmi di chiedere, per quanto stupida possa rivelarsi quella mossa.

«Come sta Ambra?». Lo domando a bruciapelo, e sono quasi certo di essere arrossito.

Poco importa, visto che lui non mi guarda.

Ha un’espressione corrucciata ed esita prima di rispondere: «Bene, direi, visto che ieri sera è uscita con l’incravattato».

Nel petto mi si apre una voragine. Stringo i pugni, e fisso l’asfalto sotto i miei piedi. Vorrei gridare, picchiare qualcuno. La mandibola mi fa male da quanto la tengo serrata.

Perché questo senso di vuoto e questa disperazione mai provata prima?

Poi all’improvviso capisco.

Mi giro verso Fabrizio, e scopro i suoi occhi fissi su di me.

Le sue dita si chiudono sul mio avambraccio in una morsa dolorosa. «Vi siete visti per tutto questo tempo, vero?».

Faccio un cenno affermativo. Ammetterlo ora non sembra più così difficile.

«E non hai pensato che fosse il caso di dirmelo?».

«Certo, almeno un milione di volte, ma non l’ho fatto perché sono un coglione».

Stringe ancora la presa. «Bene, e dato che lo sai, adesso uscirai dalla sua vita per non rientrarci mai più».

Mi stacco la sua mano di dosso e scuoto la testa. «Questo non posso farlo, Brizio, mi dispiace».

Mentre rientro in casa e vado dritto ai garage sento la sua voce che mi rincorre: «Devi lasciarla in pace. Hai capito?».

Ho capito benissimo, ma non ubbidirò. Non ubbidirò mai più a nessuno, nemmeno alla mia stessa razionalità.

(Brano tratto da “Voglio amarti” di Simona Busto)


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Tra le nuove uscite, “Voglio amarti” di Simona Busto e “Nataljia” di Tiziana Pasetti