Saluta con un allegro: «Ciao, come stai?». E quando le chiedo se parla italiano risponde dispiaciuta: «Poco poco». Se è vero che la prima impressione è quella che conta, Lily James – 34enne attrice inglese che è diventata famosa grazie alla serie Downton Abbey e ha poi interpretato la Cenerentola di Kenneth Branagh, la segretaria di Winston Churchill in L’ora più buia, la giovane Meryl Streep di Mamma Mia! Ci risiamo e la Pamela Anderson della miniserie Pam & Tommy – ha l’aria solare di chi vorrebbe superare le barriere. L’esatto contrario della diva, chiusa in se stessa e nel glamour, cui presta il volto in Finalmente l’alba di Saverio Costanzo.

Finalmente l’alba, l’ultimo film di Lily James

In concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e ora in sala, il film racconta una giornata del 1953 tra Cinecittà e dintorni poche ore dopo il femminicidio di Wilma Montesi, aspirante attrice trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica. Il film sfiora quel caso, rimasto irrisolto, immaginando la storia di una ragazza come lei. Mimosa (Rebecca Antonaci) fa la comparsa in un “peplum” interpretato dalla celebre Josephine Esperanto (Lily James) e si ritrova poi a una festa, con la diva che si prende gioco di lei e gli altri che ne sfruttano l’ingenuità. Si salverà o sarà un’altra Wilma? Il film mette insieme la Hollywood sul Tevere degli anni ’50, le dive e la loro solitudine, le ragazze che ne sognano la vita rischiando di cadere in trappole e false promesse. Dev’essere stato strano per Lily James, cresciuta nell’ammirazione della nonna attrice Helen Norton, indossare proprio i panni di una stella dell’epoca. Una donna che della celebrità è anche vittima.

Lily James
Lily James in Finalmente l’alba di Saverio Costanzo.

Lily James e la donna ideale

Le star degli anni ’50 dovevano essere sempre bellissime e, secondo il regista Saverio Costanzo, vivevano costantemente sotto pressione. Cosa è cambiato da allora?

«Ci ho pensato spesso guardando i classici con Ava Gardner o Joan Crawford: la bellezza le rendeva amate, ma era anche una corazza in cui dovevano stare dentro. Star come la mia Josephine dovevano corrispondere alla donna ideale. Ancora oggi parte del mio lavoro è essere amata, perché la gente voglia vederti al cinema, ma può essere fuorviante tanta attenzione all’immagine. In questo film il personaggio di Mimosa, invece, mantiene l’innocenza, osserva senza omologarsi».

Gli attori della storia sembrano esseri fragili, bisognosi di consenso e applausi. Vale anche oggi?

«Il successo, specialmente quando sfiora l’adorazione, crea una specie di dipendenza. Ed è pericoloso perché finto».

Quali sono i rischi?

«Quello di dare un’immagine di te completamente falsa (a lei è capitato quando, nel 2021, dopo un bacio paparazzato con il collega Dominic West, sposato, fu accusata di essere una sfasciafamiglie, ndr). Più aumenta il divario tra finzione e verità, più profonda è la solitudine di una persona. Lo si vede in Josephine: senza abiti di scena e trucco sembra un uccellino spaurito, più vulnerabile della stessa Mimosa che la guarda. E, soprattutto, persa».

Lily James e le sue radici

Da ragazzina si sentiva ingenua e vulnerabile?

«Ero tremendamente insicura, ma anche molto affascinata dalla bellezza e dall’arte. Mi incantava mia nonna: da bambina giocavo con i suoi gioielli, provavo i suoi trucchi e i profumi. Ho iniziato a lavorare come attrice a 20 anni, mi sentivo una ragazzina nel Paese delle meraviglie».

A parte sua nonna, suo padre è stato un musicista. La famiglia ha avuto un peso nelle sue scelte?

«Mi è stata trasmessa fin da piccola la passione per la poesia, la musica e lo storytelling. Mi sono sempre sentita fortunata, ma non osavo neppure sognare la carriera che ho avuto». Era timida? «Molto, anche se riuscivo a non farlo capire».

Bellezza, viaggi e dintorni

La bellezza aiuta a mostrarsi più sicure di sé?

«È una buona maschera, perché piace alle persone e ti ci puoi nascondere dietro. Anche se il mio desiderio non è mai stato questo: ho sempre voluto essere considerata e apprezzata per quello che sono. Credo che ognuno di noi voglia essere riconosciuto in quello che gli sta a cuore, che sia essere una brava attrice o una persona intelligente o altro ancora».

Recitazione a parte, chi è e cosa ama fare Lily James?

«Vivo a Londra ma adoro viaggiare per mio piacere – sono da poco tornata dal Giappone – perché è quello che mi ricarica e mi fa dare il meglio anche nei film. Crescendo ho imparato a conoscere quali sono le cose di cui ho più bisogno per me stessa: stare con famiglia e amici, per esempio. Ora vorrei trovare un posto dove trasferirmi: Londra mi stanca e Los Angeles è troppo centrata sul lavoro. E poi vorrei tornare a cantare come da bambina, non potevo farne a meno neppure per un giorno: un’abitudine che ho un po’ perso».

Ci vorrebbe un altro musical come Mamma mia!?

«Anche, magari con una musica più contemporanea. Ho iniziato a produrre, per poter essere parte attiva e decidere film e temi che più mi toccano. Per questo mi è piaciuto lavorare con Saverio Costanzo, che cerca di raccontare quello che ha un significato per lui, da un punto di vista personale ma non solo. Vorrei progetti simili a Finalmente l’alba, ne sono molto fiera. Perché ha un senso politico nel raccontare le donne».