Da qualche settimana è impossibile non sentire alla radio una voce roca, tagliente, inconfondibilmente rock e irriducibilmente sexy che canta «Questa sera non ti dico no… Arriviamo in Cile in autostop». Non ti dico no è il brano, tra reggae dance e tormentone estivo, con cui la 67enne Loredana Bertè e la band salentina Boomdabash stanno dominando lo spazio radiofonico. Per chi si chieda se sia proprio lei a cantare, o se venga solo riutilizzato qualche suo brano degli anni d’oro (come accaduto nel 2004 con In alto mare, un brano del 1980 ripreso in Waves of Luv dei 2Black), la risposta è: certo che è lei.
La leonessa del rock italiano ruggisce ancora. Lo fa con capelli blu, chiodo e, come osserva Mario Luzzatto Fegiz, decano della critica musicale del Corriere delle sera e scrittore «con un brano perfetto per piacere, sorretto da un videoclip (da oltre 12 milioni di visualizzazioni, ndr) che raccontando amori e baci lesbo coglie in pieno una dimensione attualissima».
Ha una tempra indistruttibile
Insomma, la Bertè è più presente che mai. Presente per il pubblico, che l’ha applaudita fino a pochi giorni fa anche nel talent di Rai1 Ora o mai più, dove era forse la più severa, certamente la più polemica e probabilmente la più appassionata tra i giudici-coach. «È presente a se stessa, grintosa come tanti anni fa, ma ha maggiore lucidità di allora» nota il giornalista di La Stampa, scrittore e conduttore radiofonico Luca Dondoni. Che definisce «una sinusoide perfetta» una carriera ultraquarantennale («c’ho l’età del Festival di Sanremo e ogni volta che dicono il numero di edizione mi inc…zzo» è solita ricordare la cantante calabrese) costellata di successi come E la luna bussò (1979), Non sono una signora (1982), Il mare d’inverno (1983), Amici non ne ho (1994).
Ma anche di provocazioni come il finto pancione che le costò severe contestazioni a Sanremo 1986. E di momenti bui come il fallimento del matrimonio con Bjorn Borg nel 1992, la morte della sorella Mia Martini nel 1995, il rapporto durissimo con il padre, cui si aggiungono tentativi di suicidio, veri o presunti, e liti memorabili come quelle con l’amico di sempre Renato Zero. Tutte crisi raccontate nell’autobiografia del 2015 Traslocando. È andata così. E superate risorgendo dalle proprie ceneri come l’araba fenice, facendo di cadute e risalite un gallone importante come quello di non essere una signora e di dire quello che pensa.
È sempre sincera
«Il segreto della Bertè, oltre alla voce e alla bellezza prorompente con cui ci provocava negli anni ’70 e ’80, è l’assoluta sincerità con la quale è riuscita a trasformare in una sorta di teatro permanente il suo vissuto» afferma Luzzatto Fegiz. «Il suo essere una sorta di maschera tragica, capace anche di involontario umorismo nel raccontare cose reali, dalle tragedie profonde alle liti condominiali, la fa percepire sempre come vera». Anche per questo ancora oggi buca il video: «Ha trovato la cifra televisiva perfetta, quella della bisbetica indomabile, con la giusta dose di follia, ma più gestibile che in passato e sempre aggiornata, perché guarda tantissima tv e ha un fenomenale intuito per ciò che è nell’aria».
«È grazie alla partecipazione alle ultime edizioni di Amici, dove è stata chiamata da un’altra persona dal fiuto infallibile, Maria De Filippi, che la Bertè ha potuto vivere questo ennesimo ritorno» osserva Dondoni. Una ultrasessantenne in chiodo e minigonna a dire la propria tra under 30 o giù di lì… «Potrebbe essere anagraficamente o esteticamente non troppo credibile, ma lo è musicalmente. Ha presenza scenica e una voce spendibilissima. Ha una storia da raccontare. Ha messaggi da dare, come il sostegno alla causa Lgbt, di cui è sempre stata paladina, e la lotta contro le consuetudini in generale».
Infrange le barriere
Trasgressiva per vocazione («ma tra lei e Borg quello che si drogava era lui» precisa Luzzatto Fegiz «lei ha ecceduto più che altro con la chirurgia estetica»), la Bertè ha un lungo curriculum di barriere infrante. Nel 1974 è la prima a usare la parola “c..zo” in un brano (Il tuo palcoscenico) ed esibisce un nudo integrale all’interno della copertina dell’album Streaking. Poi si è vestita da sexy pirata, ha indossato tute in lattice e mini che più mini non si può, ha mostrato sopracciglioni prima che Cara Delevingne nascesse, si è vantata di aver ispirato Lady Gaga che nel 2011 si fasciò anche lei un finto pancione in un minidress di pelle nera. «Loredana e Renato Zero sono stati i primi punk italiani» appunta Dondoni, mentre lei ama ricordare di aver introdotto il reggae in Italia con E la luna bussò. «Ha attraversato anche pop, funk, musica brasiliana» ricorda il produttore e manager Nando Sepe, che ha lavorato con lei a intermittenza dalla fine degli anni ’80 ai Duemila inoltrati.
«Artisticamente unica, docile mai, coerente sempre, con una personalità che l’ha resa richiestissima e amatissima anche nei momenti di disgrazia o in occasione di grandi intemperanze e piccole follie. Un esempio? Un giorno, alla fine del 1993, mi chiama per farmi ascoltare qualcosa che gira su un mangianastri. Il testo sembra bello. Me lo porta subito dopo, scritto a mano su un pezzo di carta igienica, pretendendo che io lo consegni immediatamente, così come è, a Pippo Baudo, conduttore e direttore artistico di Sanremo 1994. Baudo vede la carta igienica e si fa una risata, ma invece che rispedire il brano al mittente dice: «Ci vediamo a Sanremo». Quel brano era Amici non ne ho». Un’altra delle grandi rinascite di Loredana, un altro titolo per i capitoli della sua storia. Che intanto continua con il tour estivo Amiche sì e un nuovo album nei prossimi mesi.