Roma, terrazza del Sofitel, bellissima mattinata di sole. Louis Garrel, l’attore più glamour del cinema francese, è in ritardo e ha il cellulare spento. La cosa sta creando parecchia agitazione tra i membri dello staff: qualcuno comincia perfino a snocciolare aneddoti agghiaccianti sui capricci delle star. Così quando lui arriva, barba incolta e cappello Borsalino, sono preparata al peggio. E invece resto sorpresa: l’attore parigino, 34 anni, più che altro sembra un timido. Si scusa con gentilezza, insiste per parlare italiano, siede accanto a me con un’aria talmente fragile e concentrata che fa quasi tenerezza.
Diventa subito chiaro il perché abbia sempre avuto storie d’amore con donne più grandi di lui: una lunga relazione con la 52enne Valeria Bruni Tedeschi (con la quale ha adottato una bambina, Celine) e, da un paio d’anni, il legame con Laetitia Casta, 38. Di loro, però, non vuole parlarmi. Quando, alla fine dell’intervista, insisto nel chiedergli se è innamorato, sorride rassegnato: «Se proprio devi, scrivi che secondo te lo sono». Garrel è a Roma, ospite della rassegna di cinema francese Rendez-Vous, e al momento ha 2 film nelle sale. Nel primo, Planetarium, firmato da Rebecca Zlotowski, interpreta l’attore che affianca la protagonista, Natalie Portman, al suo debutto nel cinema. In Mal di pietre, invece, pellicola diretta da Nicole Garcia e ambientata nella Francia degli anni ’50, è un reduce di guerra gravemente malato, di cui Marion Cotillard si innamora perdutamente, pur essendo sposata con un altro uomo.
Due storie al femminile, 2 grandi attrici, 2 registe. Come te la sei cavata fra tante donne?
Io e Rebecca siamo molto amici, è per questo che ho detto sì alla parte, anche se piccola, in Planetarium. Mentre del film di Nicole mi affascinava proprio il mistero che ruota intorno alla protagonista, considerata folle perché non vuole rinunciare alla propria passione. Da sempre amo lavorare con le donne, sono cresciuto guardando mia madre che faceva cinema (è l’attrice e regista Brigitte Sy, ndr).
E tu alle donne piaci molto. Ti considerano “bello e maledetto” come il tenente di Mal di pietre.
Lo so, ma è solo una questione di “reputazione”. La mia vuole che io sia serio e molto romantico: è un’interpretazione che dipende dai tratti del mio viso. In realtà sono un tipo piuttosto ansioso.
Come definiresti lavorare con Marion Cotillard?
Impressionante: è un’attrice che “tira” l’intero film. Tu devi solo seguirla e farti dare da lei il ritmo. Come un ballerino che si lascia guidare.
Avete girato intense scene di sesso.
Le abbiamo immaginate come una coreografia, ma interpretarle è stato davvero difficile: mi ci è voluto un giorno per trovare la giusta leggerezza.
In Planetarium invece c’è la bellissima sequenza di un bacio che sconvolge Natalie Portman.
Complicata anche quella. Era in assoluto il primo giorno di lavorazione del film, a un certo punto mi sono sentito completamente perso.
Ricordi il tuo primo bacio sul set?
Certo: è stato uno shock, avevo 17 anni e non conoscevo la mia partner. Eravamo all’aperto, faceva un freddo terribile e tutti ci guardavano, mi è rimasta impressa la sensazione di calore dei nostri corpi in contrasto col gelo.
E il primo bacio nella vita?
(Ride) Temo di averlo dato a un maschio, però avevo 5 anni…
Il tuo personaggio in Planetarium è un attore vanitoso e alcolista. Hai mai pensato: «Potrei finire anch’io così»?
Purtroppo sì, infatti sto piuttosto attento a non bere. Mi sento già abbastanza perduto quando sono lucido, figuriamoci da ubriaco. E poi sono il tipo da sbornia triste.
Prima mi hai anche detto di essere un ansioso. Perché?
Mi spaventa quello che sta succedendo nel mondo, siamo travolti da cattive notizie: nel caos non riesco a focalizzare cosa abbia davvero importanza e cosa no. In Francia, poi, stiamo per andare a votare alle elezioni presidenziali, sono preoccupato dalla tensione politica.
In una scena di Planetarium si dice: «Diventiamo attori perché non abbiamo vissuto abbastanza intensamente certe emozioni». Tu sei d’accordo?
Direi di sì. Nel cinema in fondo proviamo a vivere cose straordinarie, o a rendere straordinario ciò che è banale.
C’è un film che avresti voluto “vivere” davvero?
Quello di Bernardo Bertolucci, The dreamers, che ho interpretato a 20 anni non ancora compiuti. Mi è mancata quella trasgressione adolescenziale, scendere in strada a fare la rivoluzione, vivere l’amore liberamente in un ménage à trois.
Mal di pietre racconta la forza della passione. La tua, vera, qual è?
Io sono ossessionato dall’arte, dal cinema. Inseguo l’idea di trovare un film o un libro che mi riempia completamente. Guardando certi film di Michelangelo Antonioni, L’eclisse per esempio, mi ci sono avvicinato. Ma sento di essere ancora lontano.