Emma ha 18 anni, è bellissima e sa di esserlo. È circondata da amiche che vorrebbero essere come lei ed è corteggiata da molti ragazzi. Ha la spavalderia, la fragilità, la vulnerabilità e le contraddizioni dei giovani che vogliono prendere il mondo di petto. Poi una sera, durante una festa, la sua vita cambia. Troppo ubriaca per dire di no e per ricordare quello che è successo. Il seguito è un incubo che la porta a dubitare anche di se stessa: alcune foto vengono messe online e lei viene additata come la tipa facile, che se l’è cercata. Quella che può sembrare una delle drammatiche storie che ultimamente riempiono i giornali, è la trama attualissima di Te la sei cercata, l’ultimo romanzo di Louise O’Neill, 33enne scrittrice irlandese e punto di riferimento per tante giovani che nei suoi libri si identificano. Ispirato a una storia vera, quella successa a una ragazza in un piccola città americana, il libro è una denuncia forte, in forma romanzata, contro lo stupro e la violenza sulle donne. E contro tutto quello che circonda l’abuso: la colpevolizzazione della vittima e la “cultura del consenso”. Un libro quantomai attuale, se si pensa che nei primi 7 mesi del 2017 in Italia i casi di stupro sono stati 2.438, in aumento rispetto al 2016. Lo ha rivelato l’Istat nel rapporto annuale sulla violenza contro le donne.
Le donne sono portate a credere che è compito loro evitare l’abuso
Perché è così difficile parlare di una violenza sessuale? Emma nel libro non riesce nemmeno a pronunciare la parola per descrivere ciò che le è successo. «Lo stupro e la violenza colpiscono le donne da migliaia di anni» risponde la scrittrice. «Ci sono sempre stati. Come ci sono sempre state la cultura del silenzio e la vergogna attorno a tali temi. Per le vittime è quasi impossibile parlarne. Per fortuna, negli ultimi anni, grazie anche ai movimenti femministi, il muro ha un po’ ceduto. Oggi è più facile raccontare senza avere paura di essere giudicate. Ma c’è ancora molto da fare affinché tutte siano incoraggiate e credute». Il senso di colpa, che serpeggia tra le pagine del romanzo, diventa soffocante e “infettivo”, colpisce la protagonista, le amiche, la famiglia. «Volevo porre l’attenzione ed esplorare anche i comportamenti delle persone attorno alla ragazza» spiega Louise. «Il fatto che si supponga sempre che la vittima sia stata provocante e provocatrice. Mentre facevo ricerche per il libro ho parlato con molte sopravvissute a questo tipo di violenza. Donne di diversa età, orientamento sessuale, ceto sociale.
Ciò che avevano in comune era il senso di colpa: sarebbe successo se non mi fossi comportata così? Io credo che dipenda dal fatto che c’è ancora una cultura dominante che incoraggia le donne a credere che è compito loro quello di evitare di essere stuprate. Mentre bisognerebbe far capire ai giovani maschi cosa vuol dire». Già con Solo per sempre tua , il romanzo distopico con cui Louise O’Neill si è fatta conoscere e con il quale ha conquistato migliaia di ragazzine anche in Italia, l’autrice affrontava temi come l’indipendenza, la bellezza, l’esaltazione della cura del corpo e fu celebrato dalla critica come manifesto del neofemminismo. Qui il messaggio è più diretto, ha toccato molte corde e alzato il velo su un problema che è drammaticamente attuale. «Da quando il libro è stato pubblicato (è diventato un caso editoriale negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, ndr) ricevo centinaia di messaggi di donne da ogni parte del mondo che sono state violentate. E ancora, quello che viene fuori da queste testimonianze è che la gente non crede a loro. Le domande sono sempre del tipo: “Come eri vestita?”, “Quanto hai bevuto?”, “Ma hai detto di no?”. Così la responsabilità dello stupro ricade sulle spalle delle donne. E le fa sentire sbagliate».
C’è un maschilismo tossico che riversa odio sul genere femminile
Il romanzo si rivolge a un pubblico “Ya”, Young Adult (il genere letterario adatto ai più giovani), la protagonista è una teenager che si muove in un mondo di teenager, ma per i temi affrontati e il linguaggio usato in realtà è un libro importante, per tutti. «Vorrei che lo leggessero anche i ragazzi e gli uomini. Perché solo insieme possiamo sradicare la violenza sessuale per sempre» sostiene la scrittrice. La sua è anche una condanna pesante a un certo tipo di cultura sessista, a quello che lei definisce un “maschilismo tossico”. «Prendi l’avanzare del fenomeno degli “incel”, i celibi involontari, negli Usa e tutto l’odio che riversano sulle donne. Dietro a questo modello di mascolinità c’è il presupposto che puoi avere qualsiasi cosa, compreso appropriarti di un’altra persona, del suo corpo e della sua intimità». Un maschilismo, dice ancora la O’Neill, che imperversa su Internet e sui social media.
La religione influisce sull’idea che abbiamo di sessualità
Per quanto riguarda l’Irlanda, il fatto che sia un Paese fortemente cattolico «influisce sull’idea che abbiamo di sessualità, circondata da un senso di vergogna e di oppressione. E forse, sì, anche lo stupro è parte del problema. Ma c’è in tutti i Paesi, indipendentemente dalla religione». L’Irlanda però ha fatto un grande passo avanti il 25 maggio con il referendum sull’aborto. «Non è strano che siamo stati tra i primi in Europa a consentire i matrimoni omosessuali e gli ultimi ad avere una legge sull’interruzione di gravidanza?» afferma Louise. Che alla campagna per il “Sì” ha prestato la faccia e la voce. E ora festeggia: «Sono orgogliosa della mia gente. È una ricompensa per le donne che hanno sofferto per una legge ingiusta».