A un certo punto, mentre chiacchieriamo al telefono, Fiona si mette a fare le feste. Fiona è il cane di Lucia Ocone, le feste sono per la dog-sitter arrivata per portarla fuori. Sui cani ci torneremo, intanto cominciamo dal motivo della nostra conversazione: in Una famiglia mostruosa, al cinema dal 25 novembre, la 47enne attrice comica lanciata da Mai dire gol e Quelli che il calcio è una strega. Di quelle vere: i capelli alla Morticia Addams (però rossi), le magie, il tono da “Cattivissima me”. Il tutto perché il figlio (Cristiano Caccamo) suo e del marito vampiro (Massimo Ghini) s’è fidanzato con un’umana: un simile affronto non si può tollerare.
Quanto si è divertita a girare questo film?
«L’ho adorato. Specialmente la parte con gli stuntmen che mi appendono in aria tipo cotechino: ti lascio immaginare la mia leggiadria… È una storia che piacerà ai bambini, ma alla base c’è una riflessione seria. Io lo definisco una sorta di Indovina chi viene a cena? mostruoso: in quel classico del cinema i genitori non accettavano il ragazzo nero della figlia, qui il razzismo è nei confronti degli umani. Che però, forse, sono più cattivi dei mostri».
Non per buttarla sul politico, ma io ci ho visto soprattutto quella libertà di scelta che anima il dibattito corrente.
«La libertà di scelta è la mia religione. Oggi invece ci ritroviamo a discutere su cose che dovrebbero essere ovvie: il ddl Zan non dovrebbe nemmeno essere un tema. Trovo agghiacciante che più andiamo avanti, più si mettono a rischio i diritti di tutti. Di sicuro alla base c’è la paura, ma mi sembra talmente folle che a volte provo a mettermi nella testa di chi non la pensa come me: paura di cosa?».
La sua famiglia l’ha sempre lasciata libera di scegliere?
«Sì. Pur essendo una famiglia semplice, i miei genitori mi hanno permesso di fare quello che volevo. L’importante era che fossi felice, qualsiasi fosse il mio lavoro, che fossi fidanzata o no, sposata o no. Al tempo erano molto avanti, per essere una famiglia operaia».
«I miei genitori mi hanno sempre lasciato fare quello che volevo. L’importante era che fossi felice, qualsiasi fosse il mio lavoro, che fossi fidanzata o no»
Qual è stato il momento in cui si è detta: «Da grande voglio fare questo»?
«Di sicuro con Non è la Rai e Anna Marchesini. Avevo questo amore folle per lei, registravo i suoi spettacoli su vecchi Vhs che ho ancora da qualche parte. Mi sono trovata in tv, buttata su un palco a fare la sua imitazione. Non avevo mai pensato di fare l’attrice, grazie a quegli sketch ho deciso di iscrivermi a una scuola di recitazione. Che questo potesse diventare un lavoro vero l’ho invece realizzato con Macao, un altro programma che è stato una grande palestra. Si faceva tutto di corsa, imparavi a memoria un pezzo di 3 minuti e poi, in diretta, un autore ti diceva “Taglia, siamo in ritardo!” oppure “Allunga!”: ti passava la vita davanti, ma dovevi capire da sola cosa togliere, cosa lasciare… Mi ha insegnato come funziona il processo creativo, come si scrive un monologo con i tempi comici giusti».
Anche su Non è la Rai, a cui ha partecipato quando aveva 18 anni, i suoi non hanno avuto niente da dire?
«Si sono sempre fidati di me, o del fatto che mi avessero educata bene. In quanto a prediche e raccomandazioni, me le facevano su tutto. Una volta stavo andando a Milano per Quelli che il calcio e mia madre mi disse: “Va’ piano co’ ’sto aereo!”» (ride).
Oggi un programma come Non è la Rai forse non potrebbe andare in onda.
«Adesso non si può più dire niente. Mi capita di rivedere dei vecchi pezzi di Mai dire gol e mi accorgo che dicevo delle cose gravissime per i tempi di oggi. Forse c’era più libertà. O sai cosa? Al di là del politicamente corretto – e io invece sono fan del politicamente scorretto, da un punto di vista strettamente comico – credo che adesso la colpa sia principalmente dei social: se dici “bu” invece di “ba”, subito parte la polemica. Prima non sapevi se a casa c’era qualcuno che pensava “Questa battuta è offensiva”: ora te lo vengono a scrivere subito».
La sua comicità è dovuta cambiare?
«No, semmai è cambiata la tv: non ci sono più “contenitori” dove proporre personaggi o sketch. Anche per questo sono passata al cinema, dove per fortuna ho incontrato registi che mi hanno sempre permesso di aggiungere qualcosa di mio nei ruoli. Mi piacerebbe tornare a fare un programma vecchia maniera, ma non so se sarebbe possibile: forse quel linguaggio è diventato vecchio, nell’era di TikTok e dei ragazzini che hanno una comicità più veloce e immediata. O forse sono invecchiata io!» (ride ancora).
Veniamo ai cani. Collabora con associazioni e ha addirittura aperto un negozio per animali…
«Quello in realtà l’ha fatto mia sorella, e l’ha chiamato Habemus Pappa: la comicità è nel Dna di famiglia. Ma anche l’essere “canari”, anzi “animalari”. Mio padre, che vive ancora ad Albano Laziale, si prende tutti i randagi della zona. E anch’io sto solo coi cani, fermo tutti quelli che vedo per strada, sembro una matta».
La “canara a vita” è il suo piano B?
«La mia vecchiaia sarà ritirarmi a casa dei miei in campagna e prendermi almeno 5 cani dal canile, ma di quelli anziani che non vuole mai nessuno. O forse anche la pre-vecchiaia…».
Tornando alla libertà, l’altra cosa che ha sempre detto è: “Non chiedetemi più nulla su figli, famiglia, basta con questa ossessione verso le donne”.
«Sono stati fatti molti passi avanti, ma siamo ancora al punto per cui, se da donna non sei sposata e non hai figli, vali la metà. Invece possiamo essere libere di non volere una famiglia, laddove famiglia è ancora intesa come “madre, padre e bambini”. Una famiglia può anche essere composta da 3 amiche. Io alla mia migliore amica ho già detto: “Da vecchie, facciamo una comune ai Castelli”. Si parla tanto di libertà, ma per prima cosa bisognerebbe permettere a chiunque di fare davvero il ca… che vuole».
C’è un lato segreto di lei che il pubblico non ha ancora scoperto?
«Forse lo devo ancora scoprire anch’io. Per ora penso di essere questa: il complimento più bello, quando mi fermano per strada, è: “Ma tu sei proprio così!”. Se in futuro mi scoprirò diversa, ve lo farò sapere».