Lo avrai notato se segui L’assedio di Daria Bignardi, in onda ogni mercoledì sul Nove. Parliamo di Lucio Corsi, cantautore ventisettenne che, insieme alla sua band, è ospite fisso della nuova stagione del programma, oppure te ne avranno parlato i tuoi figli, che magari sono già fan. Ma Corsi ha alle spalle una carriera musicale di tutto rispetto, scrive canzoni da quando era bambino e ha già pubblicato tre album: Altalena Boy/Vetulonia Dakar (2015), Bestiario musicale (2017) e Cosa faremo da grandi? (2020), che lo hanno fatto diventare una delle novità più interessanti del panorama musicale italiano.

Niente trap e tatuaggi per lui: Lucio Corsi raccoglie la migliore tradizione del cantautorato italiano e la adatta al presente. Look curatissimo, testi intimisti e riflessivi e una grande passione per gli anni Sessanta e Settanta, il suo è un personaggio che vale la pena di conoscere e seguire. Ecco perché.

Le origini e la carriera

Classe 1993, Lucio Corsi è originario di Val di Campo, nel bel mezzo della Maremma, un luogo al quale è molto legato e che ha molto influenzato la sua produzione musicale. «Io torno spesso alla mia terra, più che portarmela dentro. Sono nato e cresciuto in un luogo meraviglioso e incontaminato. Una sorta di Far West italiano, non a caso ci sono i butteri, dei veri e propri cowboy», ha detto in un’intervista a Rolling Stone, dove ha anche raccontato come quegli scenari siano parte integrante del suo immaginario e di come è stato trasferirsi a Milano per fare il musicista di professione.

Oggi è sotto contratto della Sugar, una delle etichette più importanti dell’industria musicale italiana, ma per Corsi la cosa fondamentale è poter mantenere la sua libertà creativa: «La libertà è una prerogativa di base per un musicista, sennò avrei fatto altro. Poi è chiaro, c’è un confronto con delle strutture e con intelligenza bisogna mediare. Però trovo fondamentale seguire un percorso al di fuori delle mode. Uno se ne deve anche un po’ fottere, perché il mio intento non è far diventare qualcosa di tendenza. Io voglio esprimere un concetto personale attraverso la musica senza avere il rimpianto di non averci provato», ha dichiarato.

Le ispirazioni e lo stile

Come ha spiegato in molte interviste, a ispirarlo ci sono moltissime cose, dall’arte alla letteratura, dai grandi musicisti italiani a quelli internazionali. Da Paolo Conte a Ivan Graziani e Francesco De Gregori, passando per i Blues Brothers per arrivare al glam rock, senza dimenticare le opere di Ligabue e Giorgio de Chirico, da cui si è detto molto affascinato, alle tavole dei fumetti di Andrea Pazienza, infine dalle poesie di Emily Dickinson agli scritti del giornalista e autore Luciano Bianciardi, che come lui era un toscano emigrato a Milano. Il mondo dei riferimenti di Lucio Corsi sembra non essere quello di un giovane uomo di ventisette anni, eppure a guardare i suoi video e le sue esibizioni non potrebbe che essere un artista di questi tempi.

Eccentrico e raffinato, non è un caso che tra i primi a notarlo sia stato il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, che l’ha vestito spesso e invitato alle sue sfilate. Corsi è una felice eccezione nel panorama musicale di oggi, dominato in Italia dai (pur bravi) trapper e rapper: truccato e ben vestito, non restituisce mai l’idea del personaggio costruito o finto, né quella del macho, ma al contrario quella del cantastorie, o cantautore, che lavora con parole e immagini come farebbe un artigiano. E crea cose che sono piacevolissime da ascoltare e guardare.