Lo avrai notato se seguivi L’assedio di Daria Bignardi, in onda ogni mercoledì sul Nove durante l’annus horribilis. Parliamo di Lucio Corsi, cantautore ventisettenne che insieme alla sua band era ospite fisso del programma, oppure te ne avranno parlato i tuoi figli, che magari sono già fan. Ma Corsi ha alle spalle una carriera musicale di tutto rispetto, scrive canzoni da quando era bambino e ha già pubblicato quattro album: Altalena Boy/Vetulonia Dakar (2015), Bestiario musicale (2017), Cosa faremo da grandi? (2020) e La gente che sogna (2024) che lo hanno fatto diventare una delle novità più interessanti del panorama musicale italiano.

A breve debutterà all’Ariston con il brano Volevo essere un duro, come annunciato in occasione della puntata di Sarà Sanremo, e si farà conoscere dal grande pubblico, ma in questi anni lo abbiamo visto tra gli ospiti del festival Firenze Rocks, premiato sia per il suo tour che per i suoi testi (è uno dei più giovani ad essersi esibito al concorso per il Premio Tenco) e persino come divertente comparsa in Vita da Carlo (nel ruolo di sé stesso).

Chi è Lucio Corsi, le origini e la carriera

Ma partiamo dall’inizio. Niente trap e tatuaggi per lui: Lucio Corsi raccoglie la migliore tradizione del cantautorato italiano e la adatta al presente. Look curatissimo, testi intimisti e riflessivi e una grande passione per gli anni Sessanta e Settanta.

Classe 1993, è originario di Val di Campo, nel bel mezzo della Maremma, un luogo al quale è molto legato e che ha molto influenzato la sua produzione musicale. «Io torno spesso alla mia terra, più che portarmela dentro. Sono nato e cresciuto in un luogo meraviglioso e incontaminato. Una sorta di Far West italiano, non a caso ci sono i butteri, dei veri e propri cowboy», ha detto in un’intervista a Rolling Stone, dove ha anche raccontato come quegli scenari siano parte integrante del suo immaginario e di come è stato trasferirsi a Milano per fare il musicista di professione.

Oggi è sotto contratto della Sugar, una delle etichette più importanti dell’industria musicale italiana, ma per Corsi la cosa fondamentale è poter mantenere la sua libertà creativa: «La libertà è una prerogativa di base per un musicista, sennò avrei fatto altro. Poi è chiaro, c’è un confronto con delle strutture e con intelligenza bisogna mediare. Però trovo fondamentale seguire un percorso al di fuori delle mode. Uno se ne deve anche un po’ fottere, perché il mio intento non è far diventare qualcosa di tendenza. Io voglio esprimere un concetto personale attraverso la musica senza avere il rimpianto di non averci provato», ha dichiarato.

Le ispirazioni e lo stile

Come ha spiegato in molte interviste, a ispirarlo ci sono moltissime cose, dall’arte alla letteratura, dai grandi musicisti italiani a quelli internazionali. Da Paolo Conte a Ivan Graziani e Francesco De Gregori, passando per i Blues Brothers per arrivare al glam rock, senza dimenticare le opere di Ligabue e Giorgio de Chirico, da cui si è detto molto affascinato, alle tavole dei fumetti di Andrea Pazienza, infine dalle poesie di Emily Dickinson agli scritti del giornalista e autore Luciano Bianciardi, che come lui era un toscano emigrato a Milano. Il mondo dei riferimenti di Lucio Corsi sembra non essere quello di un giovane uomo di ventisette anni, eppure a guardare i suoi video e le sue esibizioni non potrebbe che essere un artista di questi tempi.

Eccentrico e raffinato, non è un caso che tra i primi a notarlo sia stato il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, che l’ha vestito spesso e invitato alle sue sfilate. Corsi è una felice eccezione nel panorama musicale di oggi, dominato in Italia dai (pur bravi) trapper e rapper: truccato e ben vestito, non restituisce mai l’idea del personaggio costruito o finto, né quella del macho, ma al contrario quella del cantastorie, o cantautore, che lavora con parole e immagini come farebbe un artigiano. E crea cose che sono piacevolissime da ascoltare e guardare.