Sul comodino tiene la riscrittura della pièce di Anton Cechov Il Gabbiano firmata da Duncan Macmillan e Thomas Ostermeier, in scena al Barbican di Londra con protagonista Cate Blanchett. Non vede l’ora di andarla a vedere: «Ho comprato uno degli ultimi biglietti, Cate è una maestra, la mia ispirazione costante e massima» dice l’attrice Lucrezia Guidone con l’energia vibrante che caratterizza sia lei sia i personaggi che interpreta. Come Sofia Durante, la direttrice dell’Istituto penale per minorenni di Napoli in Mare Fuori, che torna a interpretare nella quinta stagione della serie cult, in onda il mercoledì in prima serata su Rai 2 e in streaming su RaiPlay.
Come cambia Sofia nei nuovi episodi?
«Vive una profonda crisi. Il legame con Rosa Ricci, una dei giovani detenuti, è tra i più importanti per lei, ma si complica per via delle scelte di Rosa. Sul lavoro deve poi gestire situazioni difficili a causa dei nuovi arrivati all’Ipm: ne risentirà sia il rapporto con l’educatore Beppe Romano sia la sua vita privata».
Scopriamo che Sofia ha una figlia. Come ha approcciato la maternità del suo personaggio?
«Pur non essendo io madre, ho un forte senso materno. Mia sorella Ludovica ha 10 anni meno di me: l’ho vista crescere e mi lega a lei una grande tenerezza. Premesso questo, per Sofia la maternità è una sfida: deve imparare a fare la madre di una ragazzina avuta quando lei stessa era giovanissima e per la quale non è stata presente. Mi sono concentrata sull’essere inadatta. Del resto, siamo tutti inadatti. E quello tra madre e figlia è un rapporto complesso, fatto di giochi di specchi che riemergono e a volte spaventano».

Crescere in una famiglia di donne e artiste
Le è capitato di pensare a sua madre?
«Spesso. Le devo molto, è stata un punto di riferimento. Mi ha insegnato la capacità di ricostruirsi, sempre».
È cresciuta in una famiglia di artiste, sua madre pianista, sua zia ballerina. Come l’hanno influenzata?
«Dandomi la possibilità di abituarmi a stimoli che mi facessero vedere la realtà in un altro modo. Una famiglia con tante donne ha anche una teatralità molto forte. Ho iniziato facendo danza e suonando pianoforte, poi ho sentito di volere di più, desideravo che il gesto artistico fosse anche voce e corpo. Sono stata fortunata ad avere delle passioni, tutto è partito da lì».
Cosa le piace di più di Mare Fuori?
«Il gruppo di lavoro: con i colleghi si è creato un rapporto speciale, siamo una squadra che si ritrova ogni anno. Amo il messaggio della serie, è importante parlare di opportunità di cambiamento anche se hai commesso gravi errori: chi ha avuto una vita difficile deve poter intravedere una speranza. Credo sia anche per questo che il pubblico la apprezza».
Lucrezia Guidone, le sfide e la competizione
Come reagisce ai giudizi altrui?
«Mentirei se dicessi che non mi fanno né caldo né freddo ma, data la mia formazione abbastanza dura e avendo lavorato in teatro con personalità critiche, ho la mia scorza. Di fronte ai giudizi negativi cerco di mettere da parte l’ego e capire dov’è che posso migliorare».
È chiaro che ama le sfide: non era facile convincere il pubblico con un personaggio “respingente” come Sofia Durante, che ha sostituito l’amata Paola Vinci interpretata da Carolina Crescentini.
«Le sfide più belle portano cambiamento. Sofia inizia a muso durissimo per poi trovare piccole aperture attraverso cui mostrare lati di sé sempre nuovi. Se avessi fatto una copia del personaggio di Carolina sarebbe stato inutile, ha funzionato il mio ruolo di rottura degli equilibri. Poi il cinismo mi diverte…».
Non a caso è stata a teatro Lady Macbeth. È liberatorio interpretare un femminile non compiacente?
«È catartico, ma anche molto duro, perché è difficile confrontarsi con le proprie parti oscure. Attraversare personaggi del genere muove energie e dà grande forza, ma c’è qualcosa che scava dentro».
È competitiva?
«Solo con me stessa, rispetto ai limiti che posso avere. Non ho mai pensato che un’altra attrice potesse togliermi qualcosa».
La sorellanza come valore guida
La sorellanza rientra tra i suoi valori, anche fuori dal set?
«È un valore guida nella mia vita. Creare un ambiente di lavoro sano tra noi che lavoriamo con le emozioni è tutto, quando vedo una collega in difficoltà cerco sempre di supportarla».
Con Maria Esposito, che interpreta Rosa Ricci, com’è andata?
«Maria è un cuore: bella, spontanea, selvaggia. Nonostante le nostre differenze di età e di percorso ci siamo riconosciute, come nella serie. So che si trasferirà a Roma, sarà un’occasione per vederci di più».
Considera Mare Fuori la svolta della sua carriera. finora?
«Mi ha fatta conoscere da un pubblico meno “di settore”. Altri personaggi hanno rappresentato svolte di crescita diverse dal successo inteso come riconoscimento pubblico. Penso alla serie Fedeltà, al film La ragazza nella nebbia, a L’Arminuta, dal romanzo di Donatella Di Pietrantonio, che ho portato a teatro come regista oltre che come interprete».
Percepisce un cambiamento per le donne nel mondo dello spettacolo?
«Qualche cambiamento c’è stato, sempre più attrici debuttano alla regia e hanno successo. Mi vengono in mente la bellissima serie L’arte della gioia di Valeria Golino e il nuovo film di Greta Scarano La vita da grandi. Lo sguardo si sta allargando. Il viaggio è ancora lungo, ma siamo sulla buona strada».
Quali sono state le sue maestre?
«La prima, Rachele Marchegiani, mi ha insegnato a suonare il pianoforte, come lo insegnò a mia madre. La soprano Caterina Di Tonno mi ha insegnato canto, ma anche il valore della disciplina. Ero una ragazzina ribelle, mi ha fatto capire che il talento va innaffiato con lo studio e il sacrificio».
Il sogno acceso
Adesso è lei che insegna, in qualità di fondatrice e direttrice artistica di TheLab, la sezione cinematografica del corso di recitazione Point Zero a Roma. Cosa consiglia ai ragazzi?
«Di avere un sogno acceso. Questo mestiere richiede grande tenacia, ossessione e tanta autonomia creativa».
Il suo sogno acceso oggi qual è?
«Costruire un equilibrio tra la mia parte autocritica e la voglia di darmi un po’ di riconoscimento, a volte. Vorrei poi costruire uno spazio d’arte dove far incontrare cinema, teatro e scrittura. Mi piacerebbe tornare a teatro curando la regia di uno spettacolo. E poi un bel ruolo di spessore al cinema, magari internazionale, con registi come Paul Thomas Anderson o Alejandro Iñárritu».
Cos’è per lei l’amore?
«Co-fiorire. Stare vicino all’altro concedendogli uno spazio di crescita, la libertà, la stima e il supporto necessario per poter costruire la propria strada in maniera valorosa».