Anni fa, per Donna Moderna, intervistai al Festival di Cannes Robert Pattinson nel momento in cui stava fuggendo dal fenomeno Twilight (e dalla relativa coda di divismo e fan globali) e passando a progetti più “piccoli”. Mi chiedo se a Ludovico Tersigni stia succedendo la stessa cosa. Certo, X Factor, in cui ha ereditato il ruolo di conduttore da Alessandro Cattelan, non è affatto una cosa piccola.

Ma anche il 26enne attore romano, nipote del Diego Bianchi alias Zoro che anima con Propaganda Live il venerdì di La7 («Gli chiedo spesso consigli: ora, con le repliche in chiaro del mio show, saremo concorrenti»), sembra voler fare un salto da idolo teen – prima grazie a SKAM Italia, poi con Summertime – a qualcosa di diverso. Glielo dico, lui ride: «Grazie del paragone con Pattinson». L’atmosfera è serena, ed è la stessa che trasuda dalle prime puntate andate in onda. «Ma erano le audizioni, devo ancora affrontare i 2 mesi più difficili: quelli dei live».

 

C’è stato un attimo in cui, di fronte alla proposta di condurre X Factor, ti sei chiesto: «Ma chi me lo fa fare?».

«Certo! Il primo guado da superare è stato quello del dubbio. Ho accettato di fare il provino perché è un onore, non puoi rifiutare. Ma insieme ti dici: “È la cosa giusta?”. Ho provato a pensare col senno di poi. Mi sono rivisto a 40, 50 anni: se non ci avessi provato, non me lo sarei potuto perdonare. Ci sono cose che ti capitano una volta sola. Anche se non nego di avere un po’ di paura: so che la posta in gioco è alta, che dovrò affrontare i riflettori, le invasioni di campo da parte degli sconosciuti…».

A questo, però, sei già abituato.

«Sì, e questa attenzione su di me mi ha insegnato che non è possibile fare questo mestiere per tutta la vita. Ora sono ancora nella fase in cui mi posso prendere delle libertà, in cui posso divertirmi. Il surf è una mia passione, perciò ho pensato: “Surfiamo quest’onda e vediamo che succede”. Per adesso, ho imparato tanto. Soprattutto che fare l’attore è una cosa, fare tv un’altra. Ma sono contento di essere qui».

Ludovico Tersigni, giudici di X Factor: Emma, Manuel Agnelli, Hell Raton, Mika
SUL PALCO DI X FACTOR
Ludovico Tersigni, al centro, tra i giudici di X Factor: Emma, Manuel Agnelli, Hell Raton, Mika. Il talent va in onda il giovedì alle 21.15 su Sky Uno, ma è disponibile anche on demand e in streaming su NOW.

So che da ragazzino X Factor lo guardavi.

«Mi ricordo Francesco Facchinetti, Giusy Ferreri… Sembra un altro secolo. Poi sono arrivati gli smartphone, Instagram, Twitter, i ragazzi adesso stanno sempre attaccati ai telefoni, possono vedere in ogni momento quello che vogliono. Di X Factor mi piace il fatto che sia rimasto un appuntamento rituale che unisce famiglie o gruppi di amici: se vuoi vederlo, devi accendere la tv ed essere lì a un’ora precisa».

Sei anche un musicista: hai mai pensato di partecipare come concorrente?

«Tante volte, ma non ho mai avuto il coraggio. Ora che l’ho visto coi miei occhi, confermo che devi arrivarci preparato: io non lo ero. Ragionando col solito senno di poi, me so’ scampato una figuraccia (ride, ndr). Però se una cosa la vuoi, trovi comunque il modo di farla. Io volevo fare musica e la faccio, ho un gruppo (gli Hotel Bajaran, ndr) e produco pezzi di musica elettronica: li metto su SoundCloud ma non dico niente a nessuno per non essere subito identificato. E anche perché così posso inventarmi un progetto nuovo quando voglio».

Mi sembra che ti piaccia esplorare mondi alternativi.

«È un tratto che ho sempre avuto, non m’è venuto con la fama…».

Quindi non eri quello che da piccolo diceva: “Voglio fare l’attore”.

«No, mai. Ho sempre voluto fare tante cose diverse, magari per arrivare a non eccellere in nessuna: mi basta sapere che in 2 o 3 sono bravo perché c’ho speso tanto tempo».

Torniamo al paragone con Pattinson: anche tu senti la necessità di fuggire dal ruolo di “teen idol”?

«Credo sia un passaggio automatico: se uno vuole rimanere incastonato nell’identità che si è dato a 21 anni sbaglia, perché il tempo passa per tutti. Io ho seguito i progetti che, nel momento in cui sono capitati, mi hanno dato quello di cui avevo bisogno: SKAM Italia resterà una delle esperienze più belle della mia vita. Ma voglio andare avanti, cercare nuovi stimoli, ricaricare le energie. X Factor, tuttavia, non rappresenta una fuga. In passato ho voluto fuggire da chi sono stato, ma mai a livello lavorativo. Adesso, più che altro, cerco di allontanarmi da un certo tipo di personaggio che nasconde quello che sono davvero».


«Pensano tutti che sia sbagliato provare paura, invece per me è un motore importante: mi aiuta a concentrarmi, ad affrontare le difficoltà»


 

Da cosa sei fuggito

«Da una situazione adolescenziale difficile: ho perso mio padre quando avevo 16 anni. È una cosa di cui adesso riesco a parlare, per anni glissavo completamente sull’argomento, anzi era uno degli argomenti che mi facevano più rabbia, non volevo che qualcuno toccasse quello scrigno: era solo mio. Poi sono scappato dall’università, e parecchie volte dall’Italia, per andare, che so, a trovare degli amici che vivevano in Australia e farmi un mese per i cavoli miei. Lì ho un po’ pulito gli ingranaggi, ho ripensato a tutto quello che avevo fatto, alle cose giuste e a quelle che non avrei voluto rifare mai più. E ho portato avanti i miei progetti: la musica, la scrittura…».

C’è un libro all’orizzonte?

«Al momento no. Me l’hanno chiesto in tanti, e ho sempre rifiutato. Non lo voglio fare per vendere tante copie, ma solo se trovo davvero qualcosa da dire. Ci sono autori che c’hanno pensato una vita intera, prima di scrivere qualcosa: io a 26 anni che racconto?».

All’inizio di questa intervista hai detto di aver paura: che cos’è per te?

«La paura è un sentimento che provano tutti, ma lo scherzetto che ti fa è che si manifesta proprio quando pensi di averla sconfitta. Pensiamo tutti che sia sbagliato provare paura, io invece credo sia un ottimo campanello d’allarme: la paura ti insegna come affrontare le difficoltà, ti fa restare sano di mente. Ultimamente sono riuscito ad andare a scalare su roccia, un’attività che amo. Arrivavo in cima e – è successo un paio di volte – non riuscivo a mettere subito la corda nel moschettone. In quel momento senti la forza di gravità che ti tira giù e dici: “Ok, adesso ho veramente paura di cadere”. Allora ti concentri, prendi la corda, la guardi, infili il dito nel moschettone e… clic. Senti la corda che entra, il corpo che si rilassa. Ed è bellissimo».