A Sanremo Malika Ayane canta Ti piaci così (Sugar Music), scritto e composto in collaborazione con Pacifico, Rocco Rampino e Alessandra Flora un brano che mette al centro la consapevolezza di sé, lo scoprirsi risolti, la voglia di vivere con gusto. È la quarta partecipazione tra i Big per la raffinata cantante milanese che in quest’edizione mostra il suo lato più giocoso e allegro.
A 36 anni Malika ha smesso di giudicarsi e ha imparato ad allontanare le cose nocive. Sul palco sarà glam essenziale e nella serata delle cover canterà Insieme a te non ci sto più, il celebre brano di Paolo Conte portato al successo da Caterina Caselli. Si definisce disordinata, ma in casa tiene le scarpe in ordine di colore. A marzo uscirà Malifesto, il suo nuovo album. La sua consapevolezza: Conta l’essenzialità.
Perché questa canzone?
È la possibilità che ho di entrare in casa di tutti e abbracciarli fortissimo. Le canzoni a questo servono e Ti piaci così è il mio abbraccio. Quando poi avrò finito di abbracciare lascerò che le persone la ascoltino da soli, mentre si balla in casa o nella propria macchina o con gli auricolari. Per sfogarsi.
Tu balli in casa?
Sì, ma quando dormono tutti. Dopo mezzanotte.
Hai pensato che il pubblico si aspettasse da te una ballad?
Non ho mai amato il concetto di incasellamento di un’artista. Non mi piace quando si sottovalutano le sfaccettature. Senza fare sul serio è stato il mio più grande successo e spara la cassa in faccia. C’è tanto di me che ha bisogno di questo oltre che di emozionarmi. Qui non sono inferocita o disperata, so che gli amori durano il tempo che durano e mi godo il mio tempo per me. Questa canzone è una stanza tutta per me, il mio “me time”.
Canti È ora che ti vedi. Tu ti vedi ora?
Non tutti i giorni, tutto il giorno, ma sì, ora mi vedo.
Per quanto tempo ti sei giudicata duramente?
Tutta la vita.
Cosa vuol dire “vivere e non esistere”?
Vuol dire dare valore a ogni proprio instante a autocelebrarsi. È tornare a casa un’ora prima di annoiarsi.
Amadeus ha definito questo Sanremo il Festival della consapevolezza. Di cosa sei diventata consapevole?
Non tanto delle cose importanti ma di quelle meno importanti se non addirittura nocive. In quest’anno ho imparato a puntare all’essenzialità, riconoscendo le cose per quello che sono.
Cosa pensi di questo cast?
Mi piace tantissimo, perché è veramente versatile, c’è qualcosa per tutti, dai brontoloni ai curiosi.
La scelta della cover da cosa nasce?
Un giorno mi è stato dato un consiglio prezioso, falli piangere nella cover se li fai ballare con il tuo pezzo.
Come andrai sul palco?
Punterò al glam essenziale, non è il momento di mascherarsi.
Cosa vuoi che vedano di te?
Come sono. Con quel giusto affetto, la benevolenza.
Un anno così, nuovo hobby o passione?
Faccio un sacco di sport e mi sono ridata alla lettura.
Il libro che stai leggendo
Il primo della trilogia della pianura di Kent Haruf “Benedizione”. Sul comodino ho anche “Autobiografia di uno yogi”.
In cucina come te la cavi?
Sono cintura nera di risotti, li faccio anche con le sedie. Poi tortine, quiche… Le marinature. Butto in pezzo di carne e all’improvviso ha un altro sapore. L’ho imparato in Jamaica.
Una cosa o persona da cui non ti separeresti mai?
Sono poco progressista, ti rispondo la mia ragazzina. Ma anche il passaporto.
Tua figlia è fiera della sua mamma artista?
Siamo in quella fase dell’adolescenza dove ho preso il primo “mamma ti odio”. Una mamma chioccia distrutta (ride, ndr).
C’è qualcosa che hai iniziato ad amare e una che hai imparato ad odiare in quest’ultimo periodo?
La mancanza di programmazione, l’incertezza. Avrei dato le testate al muro vivendo così prima e invece ora lo apprezzo. Le aspettative invece non le tollero più.
Una verità su di te?
Sono disordinata. Ma se apri i miei armadi le scarpe sono in ordine di colore e di tacco.
Il tuo album Malifesto come sarà?
Bellissimo. Molto emozionante, essenziale e sincero. Nudo.