«La sua forza, la purezza della sua volontà, la sua severità con se stessa, la sua obiettività, il suo giudizio incorruttibile: erano tutte qualità raramente riscontrate, riunite in un solo individuo». Così parlò Albert Einstein a proposito di Marie Curie, storica rivale eppure non “concorrente” reale. La scienza di inizio ’900 non era un mondo per donne. «Ha un’intelligenza brillante, però non rappresenta un pericolo» ebbe sempre a dire Einstein.
Il film Marie Curie – che è stato prodotto in Polonia nel 2016 e che sarebbe dovuto uscire nelle sale proprio quando è scoppiata la pandemia – parte anche da qui. La scienziata polacca, a cui nel 1903 venne conferito il Nobel per la Fisica per la scoperta della radioattività, fu la prima donna a vedersi attribuire lo status di “genio” riservato in precedenza ai colleghi maschi. Ma non per questo l’ambiente attorno le fu meno ostile.
«Per realizzarne il ritratto, ho avuto il permesso dalla Biblioteca nazionale di Francia di studiare i suoi diari» racconta la regista e sceneggiatrice Marie Noëlle. «E ho scoperto che Marie era davvero uno spirito libero: ha sfidato le convezioni dell’epoca, nel lavoro come nel privato».
È la stessa tesi di Gabriella Greison, autrice dei libri L’incredibile cena dei fisici quantistici (Salani) e Sei donne che hanno cambiato il mondo (Bollati Boringhieri) e ora del podcast in 16 episodi Cara Marie Curie… (su Audible). «L’attualità della sua figura sta nel fatto che oggi, in ambito medico, usiamo tutti i risultati delle sue scoperte. E, a 100 anni di distanza, le sue battaglie restano le nostre».
Se il film si ferma dopo la vittoria del secondo Nobel, per la Chimica nel 1911, Curie ha molto di più da rivelare e insegnare. «Nella seconda metà della sua vita ha provato a recuperare ciò che si era persa prima» osserva Greison. «Soprattutto per ciò che riguarda i beni materiali, da cui prima era sempre fuggita. Abitava in un appartamento squallido, in età matura si è comprata una villa. Ha scoperto, per così dire, la vanità: prima non sapeva neanche cosa fosse».
L’indagine sul versante intimo della scienziata ha guidato anche la regista del film, che in comune con la protagonista ha un triste episodio privato. Noëlle ha girato la pellicola dopo la morte del marito, e il lutto per la perdita del compagno e “socio” Pierre Curie sconvolse pure l’esistenza di Marie. Che, però, volle innamorarsi di nuovo, e di un altro scienziato: il matematico Paul Langevin, sposato e padre di 4 figli, protagonista con lei di un affaire che diede scandalo. «È stata, a suo modo, una femminista nel senso moderno del termine» nota Greison. Sosteneva Marie: «Nella vita nulla dev’essere temuto, tutto dev’essere capito». Anche una donna che era lì per cambiare il mondo.