Una madre, cosa fa? Accoglie, rassicura, passa una mano sulla fronte dei suoi figli. Li guarda ogni momento come un miracolo. Li sostiene quando cadono e li incoraggia in ogni difficoltà della vita. Ma non tutti hanno avuto questa madre, forse quasi nessuno. E forse poche di noi riescono a essere questa madre, nonostante l’impegno. Quando non c’è questa madre, ecco che in una notte di vento e di stelle scende Mary Poppins attaccata a un ombrello. Perché non siamo mai soli: e questo Mary Poppins a distanza di anni ci continua a dire.
Sconfigge il male a colpi di canto
Seduti in platea mentre va in scena Mary Poppins – Il musical al Teatro Nazionale di Milano, la vediamo volare sulle nostre teste e riassestare ciò che non va con uno schiocco di dita. Scivola con grazia sul corrimano di casa Banks, fa apparire un mazzo di fiori dal nulla e sconfigge il male a colpi di canto, mettendo in fuga la luciferina bambinaia di «zolfo e melassa». Mia figlia batte le mani mentre la scenografia si squaderna davanti a noi come un libro di fiabe. L’orchestra dal vivo fa vibrare le quinte e gli spazzacamini ballano sui tetti. Le gonne novecentesche roteano come fiori ripassati dentro un pennarello fluo, mentre i cavalli della giostra galoppano liberi. Io come sempre ho i lucciconi per la vecchietta dei piccioni: lacera, chiede ai passanti 2 penny, continua a cantare per loro come un angelo, nella speranza che l’umanità possa risvegliarsi.
All’uscita il pubblico è sollevato, commosso, e per un attimo il mondo sembra più felice e unito. Dopo aver fatto faville a Londra e a Broadway, anche qui da noi Mary Poppins – Il musical sta registrano il sold out tutte le sere. A Natale, poi, uscirà al cinema Mary Poppins returns, tratto dal secondo degli 8 libri sulla tata magica che canta Supercalifragilistichespiralidoso. Il film con Emily Blunt arriva 5 anni dopo Saving Mr. Banks, con Tom Hanks ed Emma Thompson, che raccontava la perigliosa cessione dei diritti alla Disney di questo capolavoro inglese del 1934. La sua autrice, Pamela Lyndon Travers, non voleva saperne di dare il suo romanzo in pasto al colosso americano e ci vollero tempo e fatica per convincerla a realizzare la leggendaria pellicola del 1964 con Julie Andrews e Dick Van Dyke che ancora oggi ci apre il cuore.
Mostra che possiamo cambiare
Altro che favola senza tempo, Mary Poppins è attualissima: in tante famiglie c’è ancora un Mr. Banks che pensa solo ai soldi, una Mrs. Banks che pensa solo a sé, dei bambini come Michael e Jane di cui nessuno si occupa, di cui nessuno capisce l’animo ferito, puro, ribelle, che cerca solo coesione e semplicità, e che ovviamente si insubordina. Ma penso che piano piano ce la stiamo facendo. Ci abbiamo messo secoli, però ormai lo abbiamo capito che non è per vivere chiusi nel nostro egoismo che siamo nati. «Ai miei pazienti chiedo: “Cosa faresti se avessi la bacchetta magica?”» racconta Silvia Mendico, sociologa, psicologa e docente di pedagogia all’università Tor Vergata di Roma. «La bacchetta è lo strumento che canalizza la nostra volontà di cambiare le cose. Come il prestigiatore, il direttore d’orchestra. Il bastone di Mosè. Il ramo di ulivo dei druidi. O l’ombrello di Mary Poppins. Ci appoggiamo a un oggetto esterno ma la vera bacchetta è dentro, è la volontà di cambiare, e dipende da noi».
Comprende gli animi ribelli
Qualche giorno fa ho ricevuto l’invito a un “Corso per aspiranti Mary Poppins”. Si terrà nel bosco, dice. «Sono previste lezioni di approfondimento sui temi della crescita fisica e psicologica dei bambini e su un modello educativo che ne sappia riconoscere le fasi e rispettare i tempi». Un brivido mi si è aperto dentro, insieme alla voglia di correre, liberarmi ed essere finalmente io. La bambina che mia madre non voleva che fossi: «Mi raccomando. E non farmi fare brutta figura». E invece la bambina libera e boschiva che viveva dentro me gettava la casa nel caos, si avventava addosso agli ospiti con le mani imbrattate e dava fuoco a qualche innocente pastorello dell’arcadia in finissima porcellana. La conosco bene. «Amami per quello che sono» avrebbe voluto dire a denti digrignati. Voleva un abbraccio e invece veniva messa in punizione o picchiata, allora si calava giù dalle finestre e buttava giù le porte a spallate. Questi bambini non mollano. E anche da adulti, non mollano. Non mollano le persone, non mollano le loro idee. Si attaccano ai citofoni. Buttano giù le porte a spallate, essendosi molto esercitati da piccoli. Una minoranza di quei bambini invece si arrende alla stupidità delle regole, chiude i gomiti pur di evitare inutili storie. Purtroppo da grandi diventano quasi sempre genitori che fanno chiudere i gomiti ai figli. E quando qualcuno esce dagli schemi, hanno un moto di stizza: perché la libertà non se la sono mai concessa, e sottilmente detestano chi ce l’ha.
Invita ad ascoltare gli altri
A volte, per non dire quasi sempre, questi due tipi di bambini, i bambini liberi e i bambini con i gomiti chiusi, convivono nella stessa persona. Nello stesso adulto. Nella stessa madre. Che ha la borsetta color cipria però non ha mai buttato gli stivali incrostati di fango con cui correva felice. Ed è lei che piange vedendo Mary Poppins, perché crede ancora che sia possibile quadrare il cerchio: trovare la magia nell’ordine, la libertà nella regola, il miracolo di esprimersi liberamente senza essere mandati in punizione. «Iniziate ad ascoltare i vostri bambini» dice Simona Maggiari, counselor psicologico ed educatore. «Sono arsi di sete d’amore, hanno voglia di essere liberati, accettati, amati per ciò che sono. Non obbligati a stare fermi, a comportarsi, a non sporcarsi, a non muoversi, a non fare rumore. Guardiamo cosa accade quando arriva Mary Poppins: arriva da questi bimbi indomabili, che vengono visti come qualcosa che non va. Mantiene delle regole, poche, ma importanti, basate sul rispetto, per gli altri e per se stessi. Tutto il resto è fantasia, creatività. E amore verso questi bambini. I quali, una volta che si sentono accettati, capiscono anche il valore di sapersi comportare bene».