Michael J. Fox e il

La spalla sinistra che inizia a far male, il mignolo della mano che si contrae senza un perché. È il 1991: Michael J. Fox non ha ancora compiuto 30 anni ed è all’apice della carriera grazie al successo della trilogia di Ritorno al futuro. Va dal medico, la diagnosi è di quelle che ti stravolgono la vita: Parkinson. Lo shock, inevitabile. Un periodo di depressione, lungo. Poi, pian piano, con coraggio e determinazione Michael J. Fox decide di reagire, di affrontare la malattia, di coltivare l’ottimismo.

«Il Parkinson mi ha salvato la vita: prima bevevo e vivevo a 100 all’ora, ma dopo la diagnosi ho deciso di cambiare. Sono diventato un padre, un marito e una persona migliore» ha dichiarato l’attore canadese, oggi 60 anni, da 34 sposato con l’attrice Tracy Pollan, conosciuta sul set della serie Casa Keaton, dalla quale ha avuto 4 figli. Adesso racconta il suo percorso in Il futuro è stato bellissimo – Considerazioni di un ottimista sulla mortalità (Tea), la sua quarta autobiografia in uscita il 5 maggio.

Michael J. Fox: le foto

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– L’attore canadese Michael J. Fox insieme alla moglie Tracy Pollan.

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– La cover del nuovo memoir di Michael J. Fox, Il futuro è stato bellissimo (Tea).
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Michael J. Fox

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Michael J. Fox ha compiuto 50 anni nel 2011. Nella foto è insieme alla moglie Tracy Pollan, che ha un anno più di lui.

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Michael J. Fox e la moglie Tracy Pollan con cui si è sposato nel 1988.

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Michael J. Fox in una foto recente (ottobre 2015).

Universal Pictures/LaPresse
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Non poteva mancare un’immagine di scena di Ritorno al futuro (1985), a cui poi seguì Ritorno al futuro Parte II e Parte III.

Nel 2010 in occasione del 25° anniversario dall’uscita nei cinema dell’indimenticabile pellicola, Michael J. Fox ha vestito di nuovo i panni di Marty McFly rigirando il trailer del film e annunciando la partecipazione agli Scream Awards 2010. Le nozze d’argento della pellicola sono festeggiate in tutto il mondo. Specialmente a New York il cast principale si riunì davanti ad una folla di fan in visibilio.

Archivio Mondadori
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Tra gli altri film che hanno visto protagonista l’attore sbarazzino Michael J. Fox ci sono Il segreto del mio successo di Herbert Ross (1987), Le mille luci di New York di James Bridges (1988), Vittime di guerra di Brian De Palma (1989)

Warner Bros/LaPresse
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Nel 1991, a trent’anni, mentre gira il film Doc Hollywood, Michael J. Fox si accorge che le sue dita tremano senza che lui riesca a controllarle: gli viene diagnosticato il morbo di Parkinson, notizia che renderà pubblica soltanto nel 1998.

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– Negli anni ’90 ha partecipato a film come Il presidente – Una storia d’amore di Rob Reiner (1995) (nella foto), si è fatto dirigere da Peter Jackson in Sospesi nel tempo, altro riuscito film della coppia Spielberg/Zemeckis (1996), fa un cameo di pochi secondi in Mars Attacks! di Tim Burton (1996).
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Nel 2000 Michael J. Fox ha annuncia il suo ritiro dalla serie tv Spin City, nella quale interpretava il protagonista, a causa dell’aggravarsi della sua malattia.

Qui lo vediamo durante le riprese a Central Park con un cerbiatto.

Castle Rock Entertainment/LaPresse
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Nella foto Michael J. Fox è al congresso sul Parkinson nel 2005 a New York. L’attore ha anche creato la Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research.

Della sua malattia ha detto: “Il Parkinson mi ha salvato la vita. Prima vivevo a 100 all’ora e bevevo, ora mi sono avvicinato alla famiglia”.

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Fox è sposato dal 1988 con l’attrice Tracy Pollan, dalla quale ha avuto quattro figli: un maschio, due gemelle e un’altra femmina.

Nella foto è con lei nel 2009 ai 61esimi Primetime Emmy Awards al Nokia Theater di Los Angeles.

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Da Ritorno al futuro (1985) per Michael J. Fox è stato l’inanellare di una serie di film di successo, una carriera sempre in ascesa, frenata però da una grave forma del Morbo di Parkinson, che l’ha obbligato praticamente a ritirarsi dalle scene nei primi anni del 2000.

Da allora però è diventato un importante sostenitore e raccoglitore di fondi a favore della ricerca sulle cellule staminali, nella speranza che un giorno possano aiutare chi soffre del morbo di Parkinson o di altri disturbi debilitanti.

Canadese naturalizzato statunitense, ai XXI Giochi olimpici invernali di Vancouver ha partecipato con un monologo alla cerimonia di chiusura della manifestazione (nella foto)

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– Michael J. Fox

Intervista a Michael J. Fox

Aveva già dato alle stampe tre memoir. Cosa l’ha spinta a mettere di nuovo su carta i pensieri? «Dentro di me c’era spazio per un altro libro, ma a differenza degli altri questo era più… Nervoso, diciamo. Nel corso degli ultimi tre decenni ho fatto pace con il Parkinson: lo considero un ospite che a poco a poco si prende un po’ più di spazio, mentre tu cerchi di adattarti».

Le è pesato scrivere? «Non riesco a farlo, perciò ho registrato appunti vocali e li ho dettati alla mia manager Nina, che li ha trascritti. Abbiamo fatto molte riunioni su Zoom durante la pandemia, ricordo che io me ne stavo seduto sotto il portico di casa accanto al mio cane Gus».


L’ottimismo è il risultato di un percorso durante il quale ti rendi conto di avere qualcosa di cui essere grato.


Nel 2018 ha scoperto anche un tumore benigno alla spina dorsale. «Mi dissero che era necessario operare perché altrimenti sarei rimasto paralizzato in breve tempo, ma nessuno voleva farlo per paura di farmi del male. Alla fine il mio medico di famiglia mi ha tranquillizzato dicendomi che se ne sarebbe occupato lui. Dopo l’intervento ci sono voluti 4 mesi per imparare a camminare di nuovo. Poi, un giorno che ero a casa da solo, sono scivolato in cucina e mi sono rotto il braccio. Mentre ero steso sul pavimento in attesa che arrivasse l’ambulanza, ho provato a sorridere di ciò che era appena successo, ma non ci riuscivo».

L’ottimismo che l’ha sempre contraddistinta stava svanendo? «Ho iniziato a metterlo in discussione. Avevo ripetuto alle persone che soffrono del mio stesso male che andrà tutto bene, che devono alzare la testa. Avevo mentito? Chi sono io per vendere speranza agli altri? La verità è che le cose non vanno sempre bene e, talvolta, le situazioni peggiorano. Non mi reputo un guru, quando condivido le mie esperienze non cerco di dare agli altri regole da seguire».

Cosa l’ha aiutata, nei momenti di crisi? «L’ottimismo è il risultato di un percorso e di una disciplina. Credo che la speranza possa sopravvivere solo se abbiamo qualcosa per cui essere grati: la famiglia, il lavoro che ci piace, cose semplici come l’aver trovato l’asilo nido giusto per i bambini. E così ho pensato a mia moglie e ai miei figli, che sono tutti più alti, belli e intelligenti di me, al mio cane, ai miei amici. Tenere presente quanta vita abbiamo ci permette di andare avanti».

Ha detto che il libro è una lettera d’amore a sua moglie. «Il nostro primogenito Sam è nato all’inizio del matrimonio, perciò Tracy ha messo in pausa la carriera. Eravamo sposati da poco quando ho ricevuto la diagnosi: iniziai a bere di più, non stavo bene. Non sapevamo nulla della malattia, né di quanto in fretta sarebbe degenerata, ma Tracy ha detto che sarebbe rimasta al mio fianco. E ha mantenuto la promessa. Nel 1993 ho smesso di bere e questo mi ha aiutato a vedere le cose con maggiore chiarezza: ho iniziato ad accettare la mia situazione e a convivere col Parkinson».

Perché ha atteso 7 anni prima di rendere pubblico il suo stato di salute? «Temevo che, se i fan avessero scoperto che ero malato, non avrebbero più riso alle mie battute. E invece, quando ho deciso di aprirmi, le persone sono state di enorme supporto: non solo hanno continuato ad apprezzare il mio lavoro, ma hanno continuato a ridere».

A 40 anni si è ritirato dalle scene e ha creato la Michael J. Fox Foundation, con cui ha raccolto oltre 1 miliardo di dollari per la ricerca. Di cosa va maggiormente fiero? «Quando, da giovane, ho lasciato il Canada volevo costruirmi una carriera a Hollywood, non avevo idea che avrei trascorso il resto della vita a cercare una cura per il Parkinson. Vogliamo trovare un modo di identificare la malattia prima che compaiano i sintomi. Il lavoro della fondazione ha portato a terapie che hanno migliorato le condizioni di vita di molti: se oggi mi sento più a mio agio nel mio corpo, è anche merito delle cure che abbiamo aiutato a sviluppare».

A 57 anni si è tatuato una tartaruga marina sul braccio. Ha un significato speciale? «Alla fine del 1999 ero in un momento di transizione: volevo lasciare la serie Spin City e dare il via alla fondazione, ma faticavo a decidermi. La notte di Capodanno andai a fare una nuotata e, tra le alghe, comparve una tartaruga: aveva una cicatrice sul becco ed era ferita, ma continuava a muoversi. Vederla mi ha ispirato a fare la cosa giusta, ad andare avanti nonostante tutto e a gettare le basi per la fondazione. Quel tatuaggio è un promemoria, un simbolo di resilienza».
Ha intenzione di farne altri? «Non posso, altrimenti mia moglie chiede il divorzio!».