«Ogni ragazza dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di 500 sterline l’anno». Della celebre frase di Virginia Woolf quasi tutti ricordano la prima parte, anche se è la seconda a nascondere la questione centrale: l’emancipazione femminile passa anche per l’indipendenza economica. Eppure da secoli ascoltiamo frasi come «parlare di soldi fra amiche è poco elegante», «le donne ricche sono condannate alla solitudine» o ancora «un marito non deve farti mancare nulla». Stereotipi che hanno condannato al pregiudizio figure femminili affermate per il semplice fatto di non essersi mosse in punta di piedi in un mondo che vede il successo e la ricchezza come un affare da vecchio “men’s club” impregnato di odore di sigari e whisky.
Non c’è niente di vero e lo testimoniano le storie raccolte da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri in L’uomo ricco sono io (Mondadori), secondo libro nato dal podcast Morgana, in cui le autrici da ormai 3 anni raccontano storie di empowerment femminile. Storie dove i soldi non sono un fine ma un mezzo attraverso il quale realizzare le proprie aspirazioni.
C’è Oprah Winfrey, la donna di colore più ricca degli Usa, che di se stessa ama dire «sono io l’albero a cui sorreggermi». C’è Nadia Comaneci, ginnasta olimpica fuggita dalla Romania e dall’amore più tossico di tutti, quello con il figlio del dittatore Ceausescu.
E ancora J.K. Rowling, che dopo aver visto il manoscritto di Harry Potter rifiutato da 32 editori non ascoltò chi le diceva di mollare la scrittura; e poi Helena Rubinstein, Angela Merkel, Beyoncé e molte altre. Nonostante le differenze, in ognuno dei loro profili risuona forte la frase rivoluzionaria di Cher che, quando sua madre le consigliò di smettere di cantare e trovarsi un uomo ricco, ebbe l’ironia di rispondere: «Mamma, l’uomo ricco sono io».